Ancora una volta, sono migliaia le donne e gli uomini, le attiviste e gli attivisti scesi in piazza nelle decine di iniziative e cortei chiamati in tutta Italia in occasione dell’8 marzo, giornata internazionale della donna. A Roma, in particolare, sfilano di nuovo le “Donne de Borgata” dopo settimane di assemblee e momenti di lotta nei quartieri di periferia della Capitale.
Non una festa dunque, ma una giornata di lotta che si pone in continuità con la storia del movimento di classe del ‘900 e le enormi conquiste ottenute dalle donne che si sono messe in prima fila per ottenere avanzamenti sul piano politico, economico e sociale.
“Dimostriamo, ancora una volta, che la liberazione femminile si conquista” hanno urlato, a gran voce, le compagne e i compagni di Osa, Cambiare Rotta e della Rete dei Comunisti costruendo mobilitazioni o prendendo parte ai cortei di Non Una di Meno da Torino a Bari, da Bologna a Latina per rimettere al centro l’esigenza di costruire il riscatto delle donne in una prospettiva di cambiamento radicale della società.
Indipendenza economica e parità nella retribuzione; tutele e garanzie di alternative, a prescindere dalle proprie condizioni economiche e sociali e dalla propria cittadinanza; una educazione e una formazione pubblica accessibile, lontana dalle logiche del mercato; la possibilità di scelta nel lavoro, nello studio, nella famiglia; la libertà di decidere se e quando diventare madri; il diritto all’aborto sicuro e gratuito, alla contraccezione e all’educazione sessuale nelle scuole; il diritto alla casa; la liberazione dalla schiavitù domestica; investimenti sui servizi sanitari pubblici, gratuiti e territoriali: queste le rivendicazioni portate in piazza con l’obiettivo, di lungo periodo, di organizzare le “donne che nessuno rappresenta”, quelle di periferia, le precarie, le migranti, le disoccupate, le studentesse.
La sperimentazione di Donne de Borgata a Roma, iniziata nel Novembre scorso dopo la contestazione di piazza a Laura Boldrini, mira proprio a far sentire la voce delle sfruttate nella città metropolitana, disilluse e abbandonate dalla politica che, in maniera bipartisan, non ha fatto altro che eliminare ogni conquista sul piano sociale, dai tagli al welfare sociale alla cosiddetta “femminilizzazione del mondo del lavoro”.
Diverse assemblee nei quartieri popolari hanno anticipato il corteo romano da Piazzale Ostiense al Miur con l’obiettivo di raccontare e confrontarsi sui problemi quotidiani vissuti sulla propria pelle dalle donne che oggi, più di tante altre, vivono le conseguenze dirette della crisi economica e il peso del peggioramento generalizzato delle condizioni di vita nel nostro paese.
Da Tor Bella Monaca a Tiburtino terzo, fino a Pietralata, Casal Bruciato, Laurentina, Spinaceto e Cinecittà le donne e le studentesse di borgata si sono incontrate per far emergere l’orgoglio e la forza di una fetta importante del genere femminile per la quale l’8 marzo non c’è nulla da festeggiare, ma tutto da (ri)conquistare.
Scioperi e picchetti nelle scuole di periferia e nel liceo Machiavelli di San Lorenzo hanno portato tantissimi studenti e studentesse a confrontarsi sui problemi specifici che riguardano l’attuale modello scolastico che non fa altro che esacerbare le differenze di classe e l’imbarbarimento della società, comprese le violenze, le discriminazioni e le molestie.
L’assemblea cittadina del 7 marzo a piazza dei Mirti (Centocelle) ha poi saputo connettere e mettere insieme le voci delle “donne de borgata” di tutti i quartieri, delle scuole e delle università e ha visto la partecipazione di movimenti e associazioni attive nelle periferie, nella lotta per la casa e nelle lotte sui posti di lavoro: la sintesi? “Le donne de borgata sono libere se conquistano”.
Da segnalare anche la determinazione degli studenti e delle studentesse di Bari e delle province del Lazio (Monterotondo, Pomezia, Latina e Viterbo) che hanno promosso, a partire dal protagonismo studentesco nelle lotte degli ultimi mesi, presìdi e mobilitazioni con una partecipazione larga da parte delle lavoratrici e dei lavoratori organizzati dal sindacalismo conflittuale, delle organizzazioni politiche, dei collettivi e dell’associazionismo territoriale.
Da tutte le piazze si alzano cori non solo contro Giorgia Meloni e l’attuale esecutivo ma contro tutta la nuova elites femminile al e di potere, economico e politico: dalla guerrafondaia Von Der Leyen fino alla neo segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, le donne che “ce l’hanno fatta” non sono poi così diverse dagli sfruttatori maschi che le hanno precedute.
Per questo, ieri come oggi, la liberazione femminile si conquista…con la lotta di classe.
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Mara
I diritti che riguardano la
maggioranza delle donne sono quelli di un lavoro stabile e giustamente retribuito, a parità di salario con gli uomini, servizi per l’infanzia e la sanità Questi diritti che costituiscono la base per una società civile non sono stati raggiunti anche se notevole ormai da anni la presenza delle donne in Parlamento e nei posti di potere ma i cambiamenti in meglio su tali aspetti non ci sono stati o sono stati esigui in generale. E’ evidente che la sola presenza femminile nei posti di vertice non basta se non è accompagnata da una politica indipendente da quella fin’ora esercitata, che possa valorizzare realmente il ruolo della donna nel lavoro nella società e nella politica.