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Tunisia: islamisti divisi e sotto accusa, governo nel caos

Durante la manifestazione organizzata sabato a Tunisi dagli islamisti di Ennahda un esponente del comitato centrale del partito, Habib Ellouz, aveva enfaticamente chiamato i suoi sostenitori a tenere il prossimo 15 febbraio quella che ha definito una ‘marcia del milione’. Ma il suo discorso Ellouz l’ha pronunciato davanti a poche migliaia di persone che hanno marciato nel viale Bourghiba di Tunisi protetti da un enorme dispositivo di sicurezza e al grido di “morte agli altri partiti”. Una manifestazione dai toni parossistici ma dai numeri assai scarsi.

Ed ora alcuni media si sono schierati contro il partito: dopo le accuse rivolte agli islamisti di aver coperto, permesso o addirittura organizzato l’omicidio del dirigente del Fronte Popolare Chokri Belaid, ieri un servizio trasmesso dalla tv Enntounsya, che mostrava alcuni partecipanti alla manifestazione di sabato che ricevevano soldi dagli organizzatori, ha creato molto clamore. Durante la trasmissione Attassiaƒ, un talk show molto seguito, si vede chiaramente un passaggio di denaro dai dirigenti di Ennahda a persone arrivate da altre città per partecipare alla manifestazione. Gli islamisti si sono difesi affermando che si trattava esclusivamente di rimborsi per le spese sostenute dai manifestanti per arrivare in città ma la stampa laica insiste nel parlare di partecipanti prezzolati.

E si è rivelata un boomerang anche la polemica, scatenata dai dirigenti di Ennahda all’indomani dei partecipatissimi funerali tributati a Tunisi al leader politico assassinato, contro la presenza della moglie Bassma e delle due figlie di Belaid durante la tumulazione. Una presenza femminile che cozza con i precetti del Corano, che non consentono alle donne di partecipare all’inumazione, ma che il portavoce del Fronte Popolare – e segretario del Partito Comunista Operaio – Hamma Hammami ha strenuamente difeso. Ad una nota del ministro per gli Affari Religiosi che denunciava le violazioni della prescrizione religiosa Hammami ha risposto polemicamente: “la sua indignazione é stata provocata dal fatto che una figlia ha assistito ai funerali del padre, che una sorella abbia partecipato ai funerali del fratello. Signor ministro, é stato più sconvolgente vedere delle donne al cimitero che non il fatto che e’ stato assassinato un essere umano, che gli scontri al cimitero o le minacce di profanare il cadavere?”. ”Noi – ha aggiunto Hammami – non abbiamo sentito la voce del signor Ministro quando più di 40 mausolei, contenenti degli esemplari del Corano, sono stati incendiati. Non abbiamo sentito la sua voce quando le tombe dei Santi sono state profanate e i loro cadaveri esumati (il riferimento è alle distruzioni di antichi tempi islamici realizzate da bande di salafiti negli ultimi due anni). E noi non l’abbiamo sentita quando gli imam minacciavano di uccidere Chokri Belaid e Amed Nijib Chebbi”. Quest’ultimo, venerdì sera, mentre tornava a casa dopo avere assistito ai funerali di Belaid, è sfuggito grazie alla sua scorta ad una ennesima aggressione da parte dei salafiti.

Ed a gettare ulteriore benzina sul fuoco potrebbe essere un’altra rivelazione contro Ennahda, accusata da alcuni media di aver pagato alcune centinaia di pregiudicati e piccoli delinquenti per provocare incidenti ai margini del funerale di Belaid e davanti al ministero degli Interni, venerdì scorso a Tunisi.

Intanto anche ieri alcune centinaia di persone sono scese in piazza ieri davanti al palazzo dell’Assemblea nazionale costituente per chiedere le dimissioni del governo e per esprimere sostegno alla vedova del leader dell’opposizione di sinistra assassinato mercoledì. I manifestanti, tra i quali la moglie dell’uomo politico assassinato, hanno gridato “Dimissioni, dimissioni” e “il popolo vuole la caduta del regime”. “Questo governo deve dimettersi fin da oggi, non domani o dopodomani. Quando un governo fallisce deve assumersi le sue responsabilità”, ha detto Bassma Khalfaui ai giornalisti, aggiungendo che il ministero degli Interni non ha risposto alla richiesta di garantire la sua sicurezza e quella delle due figlie.

Sul fronte politico le divisioni all’interno del governo e dello stesso partito islamico appaiono sempre più evidenti. Anche se il partito laico del presidente tunisino, Moncef Marzouki, il Congresso per l Repubblica, ha deciso di “congelare” la decisione di ritirare i suoi ministri dal governo di Hamadi Jebali. “Abbiamo deciso di rinviare la nostra decisione – ha detto il portavoce del partito Mohamed Abbou – di ritirare i ministri dal governo. Ma se nell’arco di una settimana non vedremo cambiamenti – ha aggiunto – allora lasceremo il governo”. Il Cpr aveva annunciato le dimissioni dall’esecutivo di tre ministri perché la sua richiesta di sostituire i ministri della Giustizia e degli Esteri, dicasteri controllati da Ennahda, non era stata accolta. Il leader dei repubblicani ha anche ribadito che il suo partito non appoggerà un governo di soli tecnici, come proposto dal premier Jebali. Ma il primo ministro, appartenente ad una corrente di Ennahda definita ‘pragmatica’, ha minacciato di dimettersi se non gli sarà consentito di operare un maxi rimpasto del governo e sostituire i ministri chiave con tecnici indipendenti. Ennahda però non sembra disposta a perdonare a Jebali uno strappo inatteso, oltre che penalizzante per un partito che e’ convinto d’essere stato investito da un Paese intero, e non invece da una maggioranza relativa, della leadership politica e, quindi, del mandato di governare la Tunisia. I toni apocalittici usati sabato durante la manifestazione che doveva rispondere alla marea laica e di sinistra del giorno prima sono stati inequivocabili, quasi da guerra santa contro i miscredenti, sostenendo che a Ennahda non può che succedere Ennahda, costi quel che costi. 

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