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Processo farsa a Gaza: pena ridotta agli assassini di Arrigoni

Lo scorso settembre, nonostante un processo segnato da numerose irregolarità e punti oscuri, una corte di Gaza aveva condannato all’ergastolo e ai lavori forzati Tamer Hasasna e Mahmud Salfiti, ritenuti responsabili del sequestro e dell’assassinio, il 15 aprile del 2011, dell’attivista e giornalista italiano Vittorio Arrigoni.

Ma questa mattina al termine di un breve processo d’appello l’Alta Corte militare della Striscia ha ampiamente ribassato le condanne, portandole a soli 15 anni di reclusione, scatenando la rabbia dei parenti e degli amici di Vik e insinuando il sospetto in alcuni che il processo sia stato una farsa sin dall’inizio. E che in fondo i salafiti ritenuti responsabili del rapimento e dell’omicidio siano stati lo strumento di un meccanismo assai più ampio all’interno dell’establishment della Striscia e non solo. Ora è lecito ritenere che i due assassini non sconteranno granché della loro pena, ampiamente decurtata e che presto chi ha ordito il tutto conceda loro una qualche forma di libertà entro tempi relativamente brevi.

Intervistata dall’agenzia Nena News, la cooperante italiana Meri Calvelli, presente all’udienza di questa mattina, riferisce che “tutto era stato deciso prima, il processo di appello è durato cinque minuti”. “Non c’e’ stato dibattimento – prosegue Calvelli – i giudici si sono limitati a comunicare di aver accolto l’appello presentato dai condannati e di aver pertanto ridotto la pena a 15 anni”.

Domenica prossima è prevista la sentenza di appello per il terzo componente della banda che rapì Arrigoni, quel Khader Jram condannato solo a 10 anni per collaborazione coi sequestratori. E che, se prevarrà lo stesso meccanismo andato in scena oggi per gli altri due imputati, potrebbe essere assolto o comunque liberato con una pena irrisoria.

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