La Jugoslavia per la Slovenia era un’alternativa economicamente più valida di quanto non si sia dimostrata l’Unione europea: a dirlo è l’analista di Lubiana Rastko Mocnik, che in un’intervista concessa all’emittente pubblica serba “Rts” commenta la posizione del Paese ai piedi delle Alpi nel contesto della comunità di Bruxelles. Secondo Mocnik, il vantaggio nella Federazione di Tito era innanzitutto nel mercato interno, “composto da oltre 20 milioni di abitanti”, dove la Slovenia ricopriva in molti casi e in molti settori una posizione dominante. L’ingresso nell’Unione europea ha invece portato Lubiana “fra gli ultimi posti in termini di forza economica, e si trova in questo senso più vicina e spesso accomunata a Paesi mediterranei come Grecia, Spagna e Portogallo, e non certo alle economie del blocco centrale”.
Un altro problema per la Slovenia nel contesto comunitario, secondo l’esperto, è il deciso cambiamento delle politiche della stessa Ue, che prima erano tese a elargire forti aiuti ai Paesi più in difficoltà mentre ora sarebbe più propensa, con l’arrivo della crisi economica internazionale, a una politica di risparmio nella concessione dei fondi. Uno dei risultati di questa nuova tendenza sarebbe, per Mocnik, la crescita del divario con Paesi dall’economia più salda, come ad esempio Francia e Germania. “Il rischio – osserva Mocnik – è quello di innescare una sorta di rapporto non paritario fra colonizzatori e colonie all’interno della stessa Europa. Se prendiamo ad esempio il rapporto esistente fra Germania e Slovenia, notiamo, attraverso i dati statistici ufficiali, che Berlino è il nostro maggiore partner nello scambio commerciale, ma che allo stesso tempo il dato è fortemente sbilanciato a favore della Germania”.
“Ciò significa, in altri termini – conclude – che il nuovo valore che viene prodotto in Slovenia esce dai confini a vantaggio della Germania”. La responsabilità secondo l’esperto è ancora una volta europea, a causa dell’assenza di un potere centrale abbastanza forte per riequilibrare le forze dei singoli Stati. “Un Paese con due milioni di abitanti come la Slovenia – prosegue – e con un’economia fragile, che negli ultimi 10-15 anni ha subito un vero e proprio tracollo, non può avere la stessa capacità d’influenza su Bruxelles. Quello con la Germania è un rapporto esemplificativo, inoltre, anche a causa della presenza sempre più numerosa di aziende nel territorio che nominalmente compaiono come multinazionali, ma in realtà hanno la sede in Germania. Si tratta di un fenomeno di espansione – aggiunge Mocnik – tipico di alcuni Paesi Ue a scapito di altri Paesi Ue”.
Il fenomeno è visibile non solo in Slovenia, ma anche in altri Stati dove ad esempio la Francia è protagonista di un’espansione simile a quella di Berlino attraverso le sue multinazionali. Serve, secondo Mocnik, un’alternativa politica da parte dell’Ue per modificare la situazione attuale, perché solo in questo modo Bruxelles potrà scongiurare il rischio che i Paesi più fragili cerchino, a poco a poco, un’alternativa alla stessa Ue. L’Unione europea è invece “fondamentale”, secondo l’analista sloveno, perché nel contesto della crisi economica “c’è bisogno di un giocatore forte e capace di muoversi a livello mondiale”, e nessun singolo Stato, neppure la Francia o la Germania, avrebbero la forza di ricoprire quel ruolo.
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