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L’Africa francofona è inquieta


La sospensione della Repubblica Centrafricana e le sanzioni nei confronti dei comandanti della coalizione Seleka che hanno deposto il presidente Bozizè, sono state decise oggi durante una riunione dell’Unione Africana che si è tenuta ad Addis Abeba.
La capitale della Repubblica Centrafricana, Bangui, e’ da ieri nelle mani dei ribelli, guidati da Michel Djotodia a capo della coalizione ribelle Seleka, il quale ha gia’ annunciato la sua proclamazione a presidente, ruolo nel quale si occupera’ di formare un nuovo governo, con la promessa di libere elezioni entro tre anni.
I suoi miliziani hanno messo in fuga dal palazzo di Bangui il presidente Francois Bozize’, uccidendo almeno tredici soldati del Sudafrica inviati da Pretoria a sostegno del debole governo della Repubblica Centrafricana.

Le sanzioni dell’Unione Africana erano state preannunciate ieri dalla presidente della Commissione dell’UA. “In caso di cambiamenti di governo anticostituzionali – aveva sottolineato Nkosazana Dlamini-Zuma – lo statuto dell’Unione Africana prevede la sospensione del paese dalle attività dell’organismo, il completo isolamento dei responsabili e l’adozione di sanzioni nei loro confronti”. Il capo dei ribelli Michel Djotodia e i suoi collaboratori saranno sottoposti a misure che vanno dal congelamento di eventuali conti all’estero a divieti relativi alla concessione di visti di viaggio.

Il leader golpista, Djotodia è nato nella regione di Vakaga nel nord del paese, ha studiato per 14 anni in Urss presso la Scuola per la pianificazione economica. Al suo ritorno in Africa, ha ricoperto il ruolo di Ministro della Pianificazione, prima di diventare Ministro degli Esteri. Nel 2005 si e’ unito alla ribellione contro Bozize’, un generale dell’esercito salito al potere nel 2003 grazie a un altro golpe, ed e’ stato fra i fondatori dell’Unione delle forze democratiche per l’unita’ (UFDR), che ha riunito tutti i piccoli gruppi che si opponevano al regime. Due anni piu’ tardi fu arrestato in Benin, un paese che aveva stretto accordi con Bozize’, e passo’ diverse settimane in prigione perdendo il controllo dell’Unione, che senza di lui firmo’ un trattato di pace con il regime di Bangui. Tornato nella Repubblica Centrafricana nel 2012, Djotodia ha formato il Seleka (l’alleanza), gruppo che ha riunito i suoi ex sostenitori e che ha lanciato una prima offensiva contro il governo di Bangui lo scorso dicembre.
L’Unione europea ha definito ”inaccettabile” il cambio di governo avvenuto nella Repubblica Centrafricana grazie ”all’uso della forza”. L’Alto rappresentante della politica estera di Bruxelles, Catherine Ashton, ha esortato ”tutte le parti a cessare immediatamente le ostilita’, a dare prova di fermezza e a contribuire al ristabilimento dell’ordine pubblico, in particolare per prevenire i saccheggi”.

Dal canto suo, la Francia ha avviato la sua terza operazione militare-coloniale nelle sue ex colonie in Africa negli ultimi due anni. Prima in Costa d’Avorio dove i soldati francesi sono stati decisivi per la deposizione manu militari di Gbagbo. Poi l’intervento militare nel nord del Mali per cacciarne le milizie islamiste, iniziato l’11 gennaio scorso, adesso Parigi ha inviato una “compagnia” (350 soldati) delle proprie truppe nella Repubblica Centroafricana per proteggere l’aeroporto internazionale di Bangui e “garantirne la sicurezza”. Negli anni precedenti la Francia era intervenuta militarmente contro la Libia nel Ciad.

Il Centrafrica per Parigi è un ricordo rognoso doloroso: lo scandalo dei diamanti di sangue del dittatore Bokassa fecero vacillare il governo francese di Giscard D’Estaing alla fine degli anno Settanta. Anche qui l’intervento militare francese contribuì poi alla deposizione di Bokassa (che chiamava Charles De Gaulle “papà”). La Francia continua a spedire soldati in Africa nel tentativo di seppellire definitivamente gli scheletri nell’armadio del suo neocolonialismo nell’Africa francofona.


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