Menu

“Non pagare il debito”. La sfida della sinistra tunisina e mediterranea

Dopo la cosiddetta ‘rivoluzione dei Gelsomini’ del 2011 in Tunisia molto è cambiato. Ma non tutto. Non c’è più il regime di Ben Alì, ma l’avvento di instabili e incompleti diritti civili e democratici è stato accompagnato da un aumento della povertà e della disoccupazione, e dall’imporsi delle forze politiche islamiste che, proibite durante la dittatura, governano ora tramite il partito Ennahda. E rimane l’enorme debito contratto nei 23 anni in cui a Tunisi ha governato l’uomo dell’occidente. Infatti da una parte gli islamisti si ergono a difensori della morale e dei principi del Corano, ma al tempo stesso non si sognano affatto di mettere in discussione il regime economico liberista e di denunciare un debito che strozza il paese a vantaggio delle potenze occidentali. Ed in questo Ennahda trova la convinta e attiva complicità di alcuni partiti liberali.
“Con la rivoluzione che ha abbattuto la dittatura di Ben Alì il popolo tunisino aspirava anche a migliorare la sua condizione economica, a farla finita con la disoccupazione e la miseria. Il pagamento del debito ci impedisce di occuparci delle necessità basilari della maggioranza della popolazione. Perché è il debito contratto da Ben Alì quello di cui il Fondo Monetario Internazionale pretende il pagamento”. E’ quanto ha detto sabato scorso il leader del Fronte Popolare, e segretario del Partito Comunista Operaio, Hamma Hammami, nella conferenza stampa organizzata prima dell’inizio del “Forum Mediterraneo contro il Debito”, un incontro al quale hanno partecipato rappresentanti di 30 partiti di sinistra e di numerosi movimenti sociali provenienti da diversi paesi europei, africani e dell’America Latina per condividere esperienze di lotta e allacciare alleanze. Un incontro basato su un manifesto comune le cui priorità erano la difesa della sovranità nazionale e dell’autodeterminazione popolare. E che si è concluso, racconta il quotidiano spagnolo progressista Publico, domenica con un partecipatissimo meeting nel Palazzo dei Congressi della capitale tunisina.
“Il debito fa parte della strategia contro la rivoluzione coordinata dalla troika europea (Banca Centrale, Commissione Europea e Fmi) e portata avanti dal governo tripartito guidato da Ennahda con l’aiuto di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti” ha spiegato Hammami. Per questo le 12 forze politiche di sinistra che compongono il Fronte Popolare – terzo blocco in parlamento – sostengono che è necessario sospendere il pagamento del debito per tre anni, durante i quali occorrerà studiarne la composizione per rigettare il pagamento di quelle parti che non hanno nulla a che fare con la maggioranza della popolazione.
Affermano le forze promotrici nel manifesto di convocazione del meeting: “Sia nel Nord come nel Sud il debito è usato come meccanismo di profitto delle minoranze sulle maggioranze, di controllo, di dominazione (…). Un debito odioso nel sud che è servito come strumento di sottomissione politica e come meccanismo per il trasferimento di una quota sempre maggiore di ricchezza dal lavoro verso il capitale locale e soprattutto mondiale, e che serve attualmente alla controrivoluzione per mantenere l’economia di tipo neocoloniale e la dominazione imperialista sulla Tunisia. Un debito illegittimo che nel Nord serve per imporre draconiane politiche di austerità che attentano alla giustizia sociale e alla dignità dei popoli. Una logica di attacco comune che ci porta a dire che “non è il nostro debito, non dobbiamo non vogliamo pagarlo”.

L’incontro che si è tenuto nel fine settimana, alla vigilia dell’inizio del Forum Sociale Mondiale, è servito anche per dimostrare l’ampia solidarietà internazionale nei confronti del Fronte Popolare dopo l’assassinio, poche settimane fa, del dirigente comunista Chokri Belaid. Il suo volto, racconta l’inviato di Publico, è riprodotto su migliaia di manifesti, magliette, spillette.
“Se le Primavere Arabe sono iniziate a Tunisi, anche la continuazione della rivoluzione con l’opposizione al pagamento del debito può iniziare da qui” ha detto davanti a migliaia di tunisini e attivisti provenienti da vari paesi Manuel Monereo, in rappresentanza della spagnola Izquierda Unida. Insieme a lui sono intervenuti anche Quim Arrufat, deputato della CUP (sinistra di classe indipendentista) al Parlamento Catalano e Miguel Urbán, di Izquierda Anticapitalista. “Contro le politiche neoliberiste del FMI, difendiamo la sovranità e il diritto all’autodeterminazione dei popoli” ha detto Urko Aiartza, senatore di Amaiur a Madrid per la sinistra indipendentista basca, che ha chiesto e ottenuto l’inserimento della difesa del diritto di autodecisione dei popoli nel documento finale uscito dalla due giorni.
Mentre sul tema del no al pagamento del debito si è da subito trovata una consonanza piena – tutte le forze politiche partecipanti hanno accettato di inserire parole d’ordine contro il pagamento del debito nei loro programmi – altrettanto non si può dire per il giudizio da dare sulla sanguinosa guerra civile in corso in Siria. Probabilmente il prossimo incontro del Forum Mediterraneo contro il Debito si terrà nello Stato Spagnolo, o in Grecia.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *