Secondo il rapporto medico del carcere dove era da tempo rinchiuso l’ex dittatore Jorge Videla sarebbe stato trovato senza vita sul wc della sua cella venerdì scorso. L’anziano criminale sarebbe stato stroncato da un attacco cardiaco in conseguenza delle lesioni e delle fratture che aveva riportato pochi giorni prima in seguito ad una rovinosa caduta nella doccia del penitenziario. Gli anticoagulanti che gli erano stati somministrati in seguito alla caduta gli avrebbero provocato una emorragia interna con conseguente arresto cardiaco.
Ma non è sui particolari della sua morte che si concentra in questi giorni l’attenzione dell’opinione pubblica argentina e latinoamericana. Videla se n’è andato senza mai essersi pentito dei suoi crimini e senza aver rivelato informazioni che le associazioni dei desaparecidos e delle vittime delle torture e delle uccisioni sommarie chiedono da tempo. ”Purtroppo Videla ci lascia un grande silenzio: non ha mai voluto dire alle Madres che fine hanno fatto i loro 30 mila figli scomparsi, né alle Abuelas dove sono i 400 nipoti che ancora cerchiamo. Noi l’abbiamo sempre chiesto, ma ha mantenuto questo ‘patto del silenzio’ così come gli altri militari” ha ricordato in un’intervista Manuel Goncalves, figlio di desaparecidos e rappresentante della Commissione direttiva delle ‘Abuelas (nonne, ndr) de Plaza de Mayo’. ”Per noi, per l’Argentina, é molto importante che sia morto con una condanna sulle spalle – precisa -. Abbiamo potuto dirgli come società quello che pensavamo di lui. Tutti sanno e riconoscono adesso quali sono state le sue responsabilità. Fino a pochi anni fa i responsabili della dittatura morivano impuniti. Con i processi già conclusi e con quelli in corso non potrà più accadere”. ”Ci sono state fino ad oggi 400 condanne e ci sono ancora 10 processi aperti – spiega ancora Goncalves-. I tempi sono lunghi anche perché e’ stato scelto di non affidare questi procedimenti sui crimini della dittatura a una giustizia speciale, ma ai tribunali ordinari. Molti militari ormai sono in cella, la tappa successiva sarà arrivare a individuare le responsabilità anche per i civili, giudici, funzionari, religiosi che hanno dato sostegno attivo alla repressione e agli abusi dei golpisti”.
L’odio per Videla e per ciò che rappresenta è ancora vivo tra la maggioranza degli argentini. Anche nella città di Mercedes, luogo dove nacque l’ex dittatore. Videla é nato il 2 agosto del 1925 in questa sonnolenta cittadina di 52mila abitanti, a 100 chilometri dalla capitale Buenos Aires.
Ora però la comunità di Mercedes non vuole che il suo corpo venga sepolto nella tomba di famiglia del cimitero locale. All’ingresso del camposanto, in segno di protesta, sono stati esposti cartelli con i volti di 22 concittadini scomparsi durante la dittatura, di cui si ignora il destino e di cui non sono mai stati ritrovati i corpi. La sezione locale del Partito Comunista ha convocato per domani una manifestazione. “Non vogliamo ospitare i resti del maggior genocida argentina, né trasformarci in un centro di pellegrinaggio del fascismo argentino” si legge in un comunicato diffuso da un’associazione cittadina, Forja Mercedes, che chiede un chiaro pronunciamento del Consiglio comunale. Per il momento ad attivarsi é stato il responsabile municipale per i Diritti umani, Marcelo Melo, che ha portato al cimitero i cartelli con i volti dei 22 ‘desaparecidos’, utilizzati per manifestazioni nelle scuole.
Secondo alcune fonti la famiglia potrebbe scegliere di far seppellire l’ex militare nel cimitero privato di Pilar, alla periferia di Buenos Aires ma non ci sono conferme in questo senso. “Abbiamo sofferto talmente tanto durante la dittatura che non vogliamo che sia sepolto in questa città”, ha detto un’impiegata di 55 anni di Mercedes. “Che lo buttino a mare, come ha fatto lui con noi” ha detto ai giornalisti Ayelen Mainery, una giovane abitante di Mercedes, che provocatoriamente ha proposto che l’ex dittatore faccia la stessa fine da lui riservata per anni a centinaia, migliaia di giovani oppositori politici che vennero fatti scomparire dal regime, lanciati dagli aerei – in alcuni casi ancora vivi – nel Rio de la Plata.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa