Se l’Unione Europea ha affermato di voler rinviare l’invio di armi ai ribelli siriani ad agosto, per dare una chance alla conferenza di Ginevra sponsorizzata dal segretario di Stato americano Kerry e il ministro alla Difesa russo Lavrov, alcune potenze europee come Francia e Gran Bretagna hanno invece deciso unilateralmente di sostenere militarmente i miliziani ribelli in Siria. Altri paesi come l’Italia non hanno condiviso questa accelerazione che rischia di internazionalizzare la guerra civile siriana e portarla direttamente dentro uno scontro geopolitico tra potenze.
Washington appoggia la decisione dei ministri degli Esteri europei perché mostra “pieno sostegno” alle opposizioni e invia “un messaggio chiaro ad Assad”, ha commentato il portavoce del Dipartimento di Stato, Patrick Ventrell.
La tensione infatti si è subito alzata. In primo luogo tra Russia e Israele. Dopo la decisione dell’Unione Europea di sospendere l’embargo di armamenti alle opposizioni siriane anti-Assad e la dura reazione di Mosca contraria al sostegno diretto dei ribelli, è Tel Aviv a puntare il dito contro la Russia.
Mosca si prepara infatti ad inviare sistemi anti-missile S-300 al governo di Bashar al-Assad per rafforzare la difesa aerea di Damasco: “Consideriamo questa fornitura un fattore stabilizzante – ha detto il vice ministro degli Esteri Ryabkov – perché potrebbe essere un deterrente contro un intervento esterno”. Per la Russia, il contratto di vendita degli S-300 serve solo a evitare un conflitto, seppur Israele lo ritiene alla stregua – o quasi – di una dichiarazione di guerra. Israele interverrà nel caso la Russia fornirà gli S-300 alla Siria: questo il contenuto della dichiarazione di Moshe Yaalon, ministro della Difesa israeliano.
“Si tratta di una minaccia – ha detto Yaalov – A questo punto non posso dire che assistiamo ad un’escalation. La fornitura non è stata ancora inviata e spero che non lo sarà”. Un nuovo intervento israeliano in Siria, dopo quelli del mese scorso? Difficile dirlo. Certo è che Israele continua a premere sull’acceleratore, mentre la comunità internazionale opta – almeno in apparenza – per la diplomazia.
In casa delle opposizioni siriane, la situazione resta poco chiara: dopo la quattro giorni a Istanbul, la Coalizione non ha ancora individuato una linea comune in merito alla conferenza di Ginevra, pur stabilendone la precondizione: il presidente Assad va tagliato fuori dalla transizione politica. E chiedendo che la decisione di Bruxelles sulla fine dell’embargo venga subito applicata: le opposizioni vogliono altre armi e le vogliono immediatamente.
(Fonte: Nena News)
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