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Rowhani, il chierico che fa sognare i giovani iraniani


“Buone nuove, Insh’allah”lo ripetono in molti nell’entourage di Rowhani visto che ora dopo ora durante lo spoglio delle schede si comincia a profilare un quasi plebiscito per il chierico moderato dai propositi riformisti. Le proiezioni dei seggi finora scrutinati lo danno addirittura al 52%, se confermato sarebbe eletto presidente al primo turno. Ma se pure dovesse andare al ballottaggio per Qalibaf, secondo con un attuale 18%, sarebbe difficile ribaltare un distacco tanto profondo, sia col voto diretto sia coi sempre temuti brogli. Un primo dato apparso chiaro all’apertura dei seggi era l’altissima affluenza alle urne, nelle città e nelle aree rurali. Elemento che ha immediatamente confermato la nuova strategia della componente riformista fino al mese scorso orientata al boicottaggio elettorale tramite l’astensione. I toni critici verso le trascorse gestioni di Ahmadinejad, con un atteggiamento diverso dalle accuse che altri candidati rivolgevano al presidente uscente per condiscendenza verso la Guida Suprema, hanno gradualmente convinto varie componenti a sostenere Rowhani. Chi sono costoro?

Voto giovanile

Innanzitutto i giovani, gli ex dell’Onda verde e i fratelli minori che dopo un quadriennio hanno acquisito diritto di voto, e che nell’urna rappresentano una potenza che vale la metà dell’elettorato. Rowhani ha scaldato i loro cuori promettendo maggiori spazi di espressione e libertà prendendo di petto il burocrate Qalibaf (e l’organizzazione dei Pasdaran che li reprime e intimidisce) e il filo teocratico Jalili (col reazionario ayatollah Yazdi suo sostenitore e assertore d’un recupero dei valori della tradizione sciita in caduta libera fra i ragazzi). Naturalmente i giovani non sono tutti figli dei ceti medi urbani, coloro che avevano animato sia le proteste universitarie durante il primo mandato di Ahmadenejad sia i cortei  contro il voto scippato nel 2009. Nelle campagne gli orientamenti conservatori della famiglia coinvolgono gli stessi giovani ma la situazione nel Paese va cambiando. La povertà di ritorno non è quella che aveva forgiato i reduci della guerra contro Saddam, forza d’impatto del partito dei Pasdaran diventato così potente da contrapporsi addirittura agli ayatollah. Le attuali deficienze economiche sono direttamente correlate all’embargo internazionale contro cui la politica interna ha scelto un controproducente muro contro muro. Il tema ha segnato buona parte della campagna elettorale e ha visto in seria difficoltà Jalili, negoziatore per il nucleare acquiescente verso la linea dell’intransigenza.

Voto dei mercanti

Non di poco conto il peso che l’ayatollah Rafsanjani ha gettato nella contesa dopo la sua esclusione. Un peso massimo non solo per il personale prestigioso passato, per la macchina politica ed elettorale che aveva preparato per se stesso, e per il legame col mondo del commercio in cui la sua famiglia, che controlla un mercato immenso di frutta fra cui i rinomati pistacchi, ha radici antichissime. Già in occasione delle sue presidenziali i bazari, i mercanti delle maggiori città divennero i propri attivisti neanche tanto indiretti. Rafsanjani da presidente li compensò con stimoli dei traffici nonostante il difficile clima politico fra Iran e Occidente e ampliò il business familiare a livelli ancor più elevati e articolati. Percorrendo negli ultimi giorni di campagna elettorale gli anfratti dei bazar la foto di Rowhani era esposta sui banconi senza il timore di reprimende da parte delle milizie basij. Dietro questo voto c’è anche il benestare del riformista per eccellenza d’un passato mai dimenticato: Mohammad Khatami, il presidente della speranza. Ufficialmente in disparte, anche in occasione del desiderio di cambiamento incarnato dalla coppia Moussavi- Karoubi di quattro anni fa, Khatami per carisma e statura culturale continua a essere un riferimento nella vita politica del Paese. Cosa risaputa anche dal vecchio Khamenei, la cui supervisione sulla vita nazionale dura da ben ventiquattro primavere e pare proseguire con qualsiasi presidente.

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