Cortei, barricate di pneumatici in fiamme, negozi bruciati: è esplosa così la rabbia di centinaia di abitanti di una baraccopoli della regione di Città del Capo per la latitanza dello Stato in materia di case e servizi.
Secondo la Sapa, la principale agenzia di stampa del Sudafrica, i disordini sono cominciati ieri a Wallacedene, una baraccopoli della provincia del Capo occidentale. Il colonnello della polizia Thembinkosi Kinana ha detto che l’intervento degli agenti ha portato a diversi arresti. All’origine delle proteste le condizioni abitative e servizi inadeguati o inesistenti. La regione di Città del Capo era stata teatro di proteste e disordini già la settimana scorsa quando erano finiti in manette 180 tra attivisti e abitanti di un’altra baraccopoli che stavano cercando di raggiungere in treno il centro della città per denunciare la mancanza di servizi igienici.
Nonostante dalla fine del regime di apartheid siano trascorsi 19 anni, il Sudafrica resta un paese condizionato da gravi disuguaglianze economiche e sociali. Nelle campagne i rapporti di lavoro sono rimasti gli stessi del tempo dell’apartheid, ha denunciato la Confederazione dei sindacati del Sudafrica (Cosatu) in una nota diffusa oggi, nel centesimo anniversario dell’approvazione di una legge che privò milioni di contadini neri del diritto a possedere la terra.
Il via libera al Natives Land Act, il 19 giugno 1913, al tempo dell’Unione del Sudafrica, è stato ricordato durante un dibattito in parlamento. Tutte le principali forze politiche hanno condannato una legge in conseguenza della quale la minoranza bianca si trovò a possedere l’87% delle terre, mentre alla maggioranza nera ne restò appena il 13%. Appezzamenti, questi, concentrati per altro in “riserve tribali” meno fertili e appetibili.
“La condizione della gran parte degli africani – ha evidenziato il Cosatu – cominciò a cambiare da quella di produttori indipendenti a quella di salariati, anzitutto in un’industria mineraria in rapida espansione”. Nel dibattito sul Natives Act Land, d’altra parte, il passato si è intrecciato al presente e al futuro del Sudafrica emerso nel 1994 dalle rovine dell’apartheid. Come ha evidenziato la Confederazione, i governi dell’African National Congress (Anc) non hanno mantenuto la promessa di una riforma agraria in grado di garantire “equità e giustizia”. Gli ettari di terre ridistribuite sono stati due milioni e mezzo a fronte di un obiettivo prefissato di 25 milioni, equivalente al 30% degli appezzamenti coltivabili.
Come sottolineano diversi quotidiani, l’attualità della questione agraria è stata confermata tra dicembre e gennaio da un’agitazione dei braccianti. Dopo settimane di scioperi e scontri i lavoratori agricoli hanno ottenuto un aumento del salario minimo giornaliero da 69 a 105 rand, circa otto euro e 66 centesimi. Le nuove tabelle, in vigore da marzo, continuano però a essere ignorate da molte aziende.
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