Il governo britannico sta per lanciare un contestatissimo progetto pilota: gli immigrati provenienti da sette Paesi, fra cui India e Nigeria, dovranno sborsare un deposito di 3000 sterline (circa 3500 euro) per poter ottenere il visto. Come ha spiegato il Sunday Times, i soldi serviranno da garanzia allo Stato, che vuole in questo modo contrastare frodi e abusi, in particolare i casi di immigrati che restano oltre il periodo consentito nel Paese, diventando irregolari, e continuano a usare i servizi pubblici. Chi viola queste regole molto rigide perderà tutta la somma versata oltre a venir espulso. Il governo ha anche stilato una sorta di ‘lista nera’ coi Paesi i cui cittadini ogni anno richiedono il maggior numero di visti e che sperimenteranno per primi la riforma. Sono sette nazioni: India, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Nigeria, Ghana e Kenya (per cui scatteranno le nuove misure solo in un secondo momento). In caso di successo, il progetto verrà poi esteso agli altri Paesi, tranne quelli che fanno parte dell’Ue. A volere fortemente questa iniziativa é stata il ministro degli Interni, Theresa May. ”Questo é un nuovo passo per rendere più sicuro e più selettivo il nostro sistema di immigrazione, portandolo da centinaia a decine di migliaia di persone”, ha detto il ministro. Lo scopo è sia quello di continuare ad attrarre i più “intelligenti” e “dotati” dagli altri Paesi, come ha spesso ripetuto il premier David Cameron, ma soprattutto quello di ridurre l’immigrazione netta annuale, facendola scendere al di sotto delle 100 mila persone entro il 2015. L’iniziativa è però destinata a causare una serie di polemiche. Prima di tutto perché, come ha sottolineato il Sunday Times, sembra una manovra molto politica fatta per arginare la crescita del partito euroscettico Ukip, che ha raccolto molti consensi puntando su politiche più restrittive di quelle del governo in fatto di immigrazione. Intanto i gruppi che difendono i diritti umani sono già pronti a intervenire. La critica che verrà mossa al governo sarà quella di non aver messo nella lista nera i Paesi che fanno parte del ‘bianco Commonwealth’, come Australia e Canada. Una misura simile era stata proposta proprio in Canada. Ma era stata giudicata illegale perché si rivelò una forma di discriminazione contro gli immigrati.
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