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Brasile: i mille volti della protesta

Campinas (Brasile), 24 giugno 2013

Per tutta la settimana si sono susseguite in Brasile nuove proteste, le quali hanno tutte registrato una partecipazione altissima come non avveniva da anni. Per ricordare episodi del genere bisogna andare indietro nel tempo, ai tempi dell’impeachment di Fernando Collor o alle pressioni del movimento Diretas já [1]. Il Presidente Dilma Rousseff, con un messaggio alla nazione, ha comunicato che il suo governo è attento alle richieste formulate dai manifestanti e ha sottolineato che ogni cittadino ha il diritto di partecipare pacificamente alle proteste, un diritto che è stato guadagnato con la lotta contro la dittatura militare. 

Mercoledì scorso il Movimento Passe Livre (MPL) ha organizzato un’enorme manifestazione nel centro di Brasilia, capitale del paese, dove è stato ricevuto nella sede del governo del Distretto Federale e ha consegnato la bozza per un progetto di legge che prevede la cancellazione della tariffa degli autobus e delle metropolitane. Un’idea, questa, tratta dall’esperienza di alcune città come Tallin (Estonia), Sydney (Australia) e Baltimora (USA) che sono riuscite a ridurre o ad annullare il pagamento del servizio di trasporti pubblici attraverso un cambiamento del gettito fiscale. Nella stessa giornata, anche i massmedia commerciali sono stati oggetto delle proteste, accusati di sensazionalismo e di criminalizzare il movimento. È opinione comune tra i manifestanti, inoltre, che  siano state le televisioni e i giornali ad aver posto eccessiva enfasi sul tema della corruzione, per fornire una spiegazione ideologica alle mobilitazioni.

I centri delle principali città sono stati invasi da migliaia di manifestanti, però, sono stati anche teatro di scontri e di una dura repressione poliziesca. Si respirava un clima di guerriglia urbana, soprattutto alle prime ore della notte. Ci sono stati pesanti attacchi della polizia a Niterói e a Rio de janeiro, dove gli agenti sono già noti, tra l’altro, per operazioni estremamente violente. Anche in una città relativamente piccola come Campinas, la polizia ha utilizzato una quantità spropositata di gas lacrimogeni, spray urticanti e, in alcuni casi, pallottole di gomma, ferendo vari manifestanti, per lo più  “pacifici”.

Le piazze sono state riempite da una moltitudine complessa, come è complessa e diversificata la società brasiliana. Se la scintilla che ha scatenato la rivolta a inizio giugno è stata l’aumento del biglietto dell’autobus a San Paolo, in pochi giorni, le richieste dei manifestanti si sono allargate a temi di carattere più generale, concentrandosi principalmente sulla domanda di migliori servizi pubblici e assistenza sociale. La varietà delle richieste ha spinto in strada, fianco a fianco, differenti classi sociali, schieramenti di colore opposto, movimenti sociali, ma anche tanti cittadini con scarsa coscienza politica. Se all’estero la percezione è che si tratti di un movimento piuttosto omogeneo, visto da vicino, soprattutto negli ultimi giorni, si cominciano ad intravedere invece alcuni caratteri e orientamenti specifici, spesso in contrasto tra loro.

Venerdì scorso, 76 organizzazioni di sinistra, tra movimenti, partiti e sindacati, si sono riuniti a San Paolo per cercare di costruire una piattaforma politica unitaria da adottare nei prossimi giorni e organizzare le domande della classe lavoratrice. Da parte loro, le proteste mostrano un carattere progressista, a favore di maggiori diritti sociali, dei giovani e della classe lavoratrice e chiedono, inoltre, la riduzione della giornata lavorativa, riforme politiche che prevedano maggiori investimenti nell’educazione e nella sanità pubbliche, denunciando l’imparzialità dei mezzi di comunicazione.

Si è denunciata la presenza di una destra organizzata, nazionalista, anti-corruzione, che cercherebbe di approfittare delle sollevazioni popolari per appropriarsi del movimento, accusando partiti e organizzazioni politiche di essere la principale causa dei problemi del paese. In molti cortei si sono visti gruppi, più o meno organizzati, insultare e aggredire militanti con le bandiere di partito, sindacato o movimento. I loro cori erano: “senza bandiera”, “senza partito”, “senza violenza”, “senza vandalismo” e molte erano le bandiere del Brasile, i canti di orgoglio patriottico e i visi pitturati con i colori della Nazione.

Ma a non vedere di buon occhio i partiti non sono solo i movimenti di destra: anche una parte della sinistra “extra-parlamentare” dimostra di avere poca fiducia nel potenziale innovatore di queste organizzazioni politiche, in parte delusa dai governi Lula e Dilma. Bisogna però sottolineare il diverso atteggiamento tenuto dagli opposti schieramenti: se da una parte, i militanti di destra hanno minacciato coloro i quali sventolavano i simboli del proprio partito, i manifestanti della sinistra più radicale hanno consentiro ad ognuno di esprimere la propria opinione, liberamente.

Il MPL ha ribadito di essere un movimento apartitico ma non anti-partitico e, dopo avere convocato sette cortei a San Paolo, venerdì scorso ha annunciato che non convocherà altre manifestazioni nelle capitale paulista, a causa della partecipazione di attivisti conservatori e in contrasto con i loro principi.

Negli ultimi giorni, dunque, si sono visti nelle piazze brasiliane attori differenti: una destra conservatrice, reazionaria, nazionalista, fiduciosa nello sviluppo del capitalismo brasiliano, desiderosa di una politica senza partiti e senza corruzione; una sinistra frammentata ma in cerca di unità, che trova espressione nei movimenti più disparati – LGBT, MMM (Marcha Mundial das Mulheres, Marcia Mondiale delle donne), MST (Sem Terra), MTST (Sem Teto), Via Campesina, ecc.-,  in partiti quali il PSTU, lo PSOL, il PT, il Pc do B e in alcuni organi sindacati come la CUT (Central Única dos Trabalhadores, Centrale Unica dei Lavoratori). Accanto ai militanti più intransigenti hanno manifestato molti cittadini poco informati e normalmente poco interessati alle questioni politiche. A farla da padroni, infine, è stata la popolazione della periferia, spesso alla testa del corteo, rappresentata soprattutto da ragazzini senza una precisa posizione politica ma consapevoli della loro condizione di emarginati da una società razzista e di sfruttati da un sistema economico che beneficia soltanto una minoranza.

A Campinas, città dove il biglietto fino a ieri costava 3,30 R$, adolescenti armati di pietre e bastoni hanno distrutto buona parte delle vetrate del Comune mentre la poca polizia presente assisteva  inerme alle scene di devastazione. I manifestanti pacifici cercavano di dissuaderli al grido di “sem vandalismo”. Perché proprio di vandalismo si trattava, ma di un vandalismo motivato dalla propria condizione sociale. La scelta del palazzo del Comune come oggetto delle violenze è dovuta, forse, al fatto che un paio di anni fa la giunta comunale del PT (Partido dos Trabalhadores) è stata al centro di uno scandalo di corruzione e il Comune commissariato.

Merita anche di essere citata un’ultima ragione delle proteste: è di questi giorni, infatti, la proposta del pastore evangelico Marco Feliciano, a capo della Commissione per i Diritti Umani, di far approvare una legge che consideri l’omosessualità una malattia e che preveda per essi una cura. Per questo motivo, la causa sostenuta dai movimenti LGBT sta guadagnando sempre più rilevanza all’interno delle manifestazioni di piazza.

Per concludere, bisogna ricordare che le rivolte di questi giorni hanno ottenuto, in molte città, una riduzione del costo del biglietto dell’autobus ma, ovviamente, restano ancora da risolvere tutti gli altri importanti problemi sollevati dalla popolazione. Le piazze continuano a riempirsi senza sosta, seguendo dinamiche confuse e dalla difficile interpretazione. Ciò che rimane è la volontà di ribellione dimostrata dai brasiliani nelle ultime proteste, nella speranza che queste giornate possano rappresentare un’occasione per i movimenti sociali brasiliani di uscire dall’impasse in cui si trovano da alcuni anni a questa parte.

Per questa ragione, è necessario seguire da vicino gli sviluppi di una vicenda tanto importante e delicata per il fragile gigante brasiliano.


[1]          Movimento nato dopo la caduta della dittatura militare nel quale confluirono diversi settori sociali, partiti e sindacati. Per alcuni mesi, nell’83-’84, organizzò una serie di imponenti mobilitazioni per chiedere l’elezione diretta del Presidente.

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