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Tunisia: femministe alle Femen: “lasciateci in pace”

Alcuni gruppi femministi ed esponenti dell’opposizione laica e di centro-sinistra tunisina hanno rivolto un appello alle attiviste del gruppo ucraino ‘Femen’ affinché smettano di interferire nelle mobilitazioni locali.

Nel giorno in cui iniziava il processo d’appello alle due attiviste francesi Pauline Hillier, Marguerite Stern e alla tedesca Josephine Markmann, condannate in primo grado a quattro mesi di carcere per offesa alla pubblica decenza, la femminista tunisina Maya Jribi dice ”Femen, per favore lasciateci stare. Rischiate di rovinare quello per cui abbiamo combattuto”. In un’intervista rilasciata al sito del quotidiano tedesco ‘der Spiegel’, Jribi afferma che ”abbiamo già abbastanza guai in Tunisia. Femen, per favore, non aggiungetene altri”. Esponente dell’opposizione tunisina e leader del Partito repubblicano, 53 anni, Jribi ha lavorato per decenni per la promozione e la tutela dei diritti delle donne, prima sotto il regime del dittatore Zine el-Abidine Ben Ali e ora sotto il governo di coalizione guidato dal partito islamico Ennahda.

Rispetto alla protesta a seno nudo delle tre attiviste di Femen davanti al ministero di Giustizia di Tunisi per chiedere il rilascio di Amina Tyler, l’esponente tunisina di Femen in carcere, Jribi ha detto che ”noi in Tunisia abbiamo un contesto politico e culturale diverso dalla Germania. Qui gli islamici cercano di spiegare le questioni femminili in termini di identità politica”. La ‘donna emancipata’ é un concetto dell’Occidente permissivo, ha affermato, e in Tunisia non funziona. ”Noi femministe tunisine stiamo cercando di condurre la discussione fuori dall’identità. I diritti delle donne sono questioni sociali e politiche”, ha detto Jribi. Secondo lei, gli sforzi delle donne tunisine sono ora messi a rischio dalle Femen che, dice, stanno facendo il gioco degli islamici creando una contrapposizione che danneggia le donne. In merito alle future manifestazioni annunciate dalle Femen in Tunisia, Jribi ha detto ”per favore, no. Ci sono altri modi per combattere per i diritti umani in Tunisia, senza spogliarsi”. 

Intanto la Tunisia è stata scossa ieri dalle improvvise e ‘pesanti’ dimissioni del capo di stato maggiore dell’esercito. L’altro ieri sera Rachid Ammar, capo di Stato maggiore delle Esercito, Marina e Aviazione, durante una inusuale intervista televisiva, ha annunciato a sorpresa la sua uscita di scena con la consegna delle sue dimissioni nelle mani del presidente della repubblica, Moncef Marzouki. Dimissioni che, se confermate, sono destinate a creare uno sconquasso politico. Ammar ha detto che volere essere più vicino alla famiglia ma la spiegazione non ha convinto nessuno. Ammar è molto rispettato nel paese, soprattutto perchè quando il dittatore Ben Alì gli chiese di schierare l’esercito contro i manifestanti scesi in piazza durante la cosiddetta ‘rivoluzione dei Gelsomini’ il capo di stato maggiore si rifiutò, costringendo l’ex compagno d’armi ad abbandonare il ‘trono’, il 14 gennaio del 2011. Nelle sue dichiarazioni, Ammar si è detto preoccupato per il futuro della Tunisia che, a sua dire, si sta avviando rapidamente verso un ‘modello Somalia’, criticando indirettamente quello che giudica il lassismo del governo islamista nei confronti delle bande terroristiche che scorazzano nel paese. Secondo alcuni analisti Ammar, pur avendo ribadito di non essere disposto a cariche pubbliche, riassumebbe in sé le caratteristiche ideali dell’uomo forte che molti tunisini reclamano in una situazione di instabilità politica e sociale crescente. 

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