Nel lessico giornalistico e storiografico lo «schiaffo di Tunisi» è il nome dato alla crisi diplomatica che segnò lo stabilirsi del protettorato francese in Tunisia, bruciando sul tempo le mire di Roma. In questi giorni invece Tunisi è al centro della ricomposizione delle relazioni tra Italia e Francia.
Il 25 maggio la ministra degli Esteri dell’Esagono, Catherine Colonna, ha incontrato a Roma il suo omologo italiano, Antonio Tajani, per procedere su diversi dossier su cui i due governi sono impegnati. In particolare, quello dell’immigrazione rappresenta uno dei nodi più urgenti.
A inizio maggio il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, aveva accusato Giorgia Meloni di incapacità nella gestione dei flussi migratori, e non poteva essere altrimenti avendo fatto “promesse sconsiderate” ai suoi elettori. Il viaggio di Tajani a Parigi era stato dunque subito cancellato.
Al Consiglio d’Europa Macron aveva subito cercato di riaprire il dialogo, riconoscendo che l’Italia non può essere lasciata sola su questa questione. Del resto, gli interessi strategici convergenti rendono questo scambio una semplice scaramuccia, tipico anticipo di trattative su pratiche delicate.
E dunque, alla Farnesina, alla fine l’incontro tra i ministri degli Esteri si è svolto, e l’esito è stato “molto positivo”, parole dello stesso Tajani. Sia lui sia la Colonna hanno sottolineato che la collaborazione deve continuare nello spirito e attraverso i canali del Trattato del Quirinale, che ha dato vita a un nuovo asse nelle gerarchie dell’Unione Europea.
Al centro del confronto c’è stata la questione migratoria, a partire dal ruolo della Tunisia, da cui oggi partono la maggior parte dei migranti. “Dobbiamo aumentare la nostra cooperazione con la Tunisia attraverso il canale europeo, ovviamente, e anche attraverso i reciproci rapporti bilaterali”, ha detto la Colonna.
Durante l’incontro si è discusso anche della Libia e del Sudan, dopo il riesplodere della crisi politica e militare. Non è mancata attenzione anche alla rotta balcanica, in contemporanea alle elezioni in Turchia e al continuare della guerra in Ucraina, verso cui hanno ribadito il sostegno dentro la cornice di rafforzamento di una difesa europea.
Si è continuato a parlare dell’aiuto promesso da Macron per l’alluvione in Romagna. Sul tavolo è stato messo anche il traforo del Monte Bianco, dopo che governo e Valle d’Aosta, d’accordo con Confindustria e con la società italiana di gestione della struttura (SITMB), avevano avviato il confronto con la Francia per un eventuale raddoppio del tunnel.
Infine, durante il colloquio Tajani ha sollevato anche il tema degli esuli politici in Francia. La Cassazione francese a marzo ha confermato il rifiuto ad estradare dieci militanti che appartenevano alle Brigate Rosse, ennesimo capitolo di una lunga storia di cui spesso da noi si dimentica di ricordare tutti i dettagli.
Il ministro degli Esteri italiano ha “dovuto ricordare il voto di ieri del parlamento della Repubblica”, cioè la richiesta al governo di sostenere i familiari delle vittime nel loro ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Tajani ha comunque evidenziato che Macron si era espresso in favore dell’Italia, ma è stata ovviamente la magistratura francese a prendere la decisione.
Insomma, il governo dei post-fascisti che non si è nemmeno costituito parte civile al processo di Piazza della Loggia tenta ancora di chiudere il capitolo del grande ciclo di lotte sociali e politiche degli anni Settanta e Ottanta in maniera vendicativa. E lo fa approfittando di altri dossier delicati.
Per ora, dunque, le relazioni tra Italia e Francia si sono ricomposte, anche se alcuni aspetti rimangono in bilico. Ma è evidente che proprio la gestione delle migrazioni, mentre guerra e devastazione ambientale continuano a macinare nelle contraddizioni della crisi capitalistica, rendono necessario parlarsi. Staremo a vedere quali (non) soluzioni troveranno.
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