Lo scandalo Nsagate si allarga anche all’Europa. Sette Paesi, tra cui l’Italia, hanno segretamente girato agli Stati Uniti dati sulle comunicazioni telefoniche, cellulari e no, e di navigazione web quando la National Security Agency lo richiedeva.
Oltre all’Italia, l’accordo segreto riguarda quello già noto con la Gran Bretagna, ma anche Francia, Danimarca, Olanda, Germania e Spagna. E’ quanto afferma il britannico Guardian citando un nuova gola profonda dell’Nsa, Wayne Madsen, che ha lavorato nell’agenzia americana per 12 anni. Ex luogotenente della marina militare americana, che ha lavorato per la NSA dal 1985, ricoprendo ruoli di grande importanza all’interno dell’agenzia fino al 1997.
Wayne Madsen
Madsen ha dichiarato di avver deciso di parlare in un’intervista pubblicata sul sito Privacy Surgeon.org perché, ha detto
«Non posso credere al fatto che Angela Merkel riesca a rimanere seria mentre chiede ad Obama e alla Gran Bretagna assicurazioni, quando la Germania ha intrapreso la medesima relazione di collaborazione con gli USA»
Un esempio di come i governanti europei siano poco più che degli attori, più o meno abili, che recitano una parte volgarmente scritta da altri (banche e imprese multinazionali). Nel resto del mondo, oltre a questi sette paesi europei, gli USA hanno raggiunto accordi fotocopia anche con Canada, Australia e Nuova Zelanda. Ce n’è più che a sufficienza, insomma, per mobilitare tutti i paesi che semplicemente non sono la “retroguardia” statunitense.
«La maggior parte di queste informazioni non è segreta, né nuova. E’ solo che i governi hanno scelto di tenere l’opinione pubblica all’oscuro di tutto. Non capiscono che i giorni in cui si poteva adottare la congiura del silenzio sono finiti»
Tanto servilismo, peraltro, non è servito neppure a mettere al riparo i paesi-servi dall’invadenza sospettosa del proprio “superiore”. Nelle stesse ore, infatti si è appreso che i massimi dirigenti dei paesi membri dell’Unione Europea erano comunque spiati da anni da parted della Nsa e della Cia.
Questa breve sintesi fatta dal Sole24Ore – non certo un antagonista del capitalismo di matrice anglosassone – è particolarmente chiara.
Ma il clima in giornata era già stato surriscaldato dal Der Spiegel. Dal settimanale tedesco arriva l’indicazione che i servizi segreti americani della National Security Agency non si sarebbero limitati alla Cina, ma avrebbero spiato anche l’Unione europea.
Alla base di queste rivelazioni la consultazione, da parte del settimanale tedesco, di una parte dei documenti che la “talpa” Edward Snowden, rifugiato a Mosca, avrebbe portato con sé. Il settimanale rivela che in un documento della Nsa del settembre 2010, classificato come «top secret», è descritto il modo impiegato per spiare la rappresentanza diplomatica Ue a Washington.
Il sistema consisteva non solo nell’installazione di cimici per lo spionaggio nell’edificio della rappresentanza europea, ma anche nell’infiltrazione della rete interna di computer. In questo modo gli americani avrebbero avuto accesso non solo alle conversazioni avvenute nei locali della rappresentanza Ue, ma anche alle email e ai documenti interni contenuti nei computer.
Questa rivelazione ha mandato su tutte le furie il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz: «Se è vero – ha detto – è un enorme scandalo» sul quale «gli Usa devono dare immediate spiegazioni». Fosse confermato lo spionaggio a danno dell’Ue, il presidente dell’Europarlamento ha parlato di vicenda che «incrinerebbe gravemente il rapporto con gli Usa ed avrebbe serie conseguenze su ogni tipo di relazione».
Per quanto riguarda invece quanto riportato dal Guardian, Madsen, ex tenente della marina Usa, ha detto di aver voluto vuotare il sacco dopo le «mezze verità» raccontate dai politici Ue sulla portata delle attività dell’Nsa in Europa, a partire dalla «voce grossa», fatta con Barack Obama dalla cancelliera tedesco Angela Merkel, malgrado fosse perfettamente consapevole dell’intesa segreta con Washington. L’ex 007 sostiene che gli accordi risalgono alla fine della Seconda guerra mondiale. Ora gli strumenti si sono fatti più invasivi.
Tutti e sette i Paesi europei hanno accesso alla rete a fibre ottica Tat 14 consentendo alle diverse intelligence di intercettare e condividere con la Nsa telefonate, email e accessi ai siti web. Il Datagate, lo scandalo di spionaggio che coinvolge l’agenzia di intelligence del Pentagono, la Nsa e che dai primi giorni di giugno, dopo le rivelazioni del Washington Post e del Guardian, sta portando più di un problema all’amministrazione Usa, continua ad arricchirsi di particolari e colpi di scena. In una conferenza stampa il presidente dell’Ecuador Correa ha riferito che il vicepresidente degli Usa Joe Biden Biden gli avrebbe chiesto di «rifiutare la richiesta di asilo» di Snowden. Quito si è detta pronta a esaminare la cosa.
Nella stessa conferenza stampa, Correa non ha risparmiato una frecciatà a Washington, definendo il Datagate «il più grande caso di spionaggio su ampia scala nella storia dell’umanità, all’interno e all’esterno degli Stati Uniti».
Il programma Prism è attivo dal 2007, e l’Italia vi ha aderito “contrattualmente”, secondo le rivelazioni di Madesn. E’ lecito quindi immaginare che al ministero degli Esteri e al Copasir qualcuno fosse piuttosto informato (chi ha firmato, insomma, quel “contratto”?). Dal 2007 a oggi, il Copasir è stato presieduto nella XV legislatura dal berlusconiano Claudio Scajola (con Massimo Brutti, Pd, vicepresidente e Emanuele Fiano segretario). Poi è subentrato Francesco Rutelli (vicepresidente Giuseppe Esposito, Roberto Cota segretario) e, dal 26 gennaio 2010, Massimo D’Alema. Attualmente, il comitato di controllo sui servizi segreti è presieduto da Giacomo Stucchi (Lega Nord), (vicepresidente ancora Giuseppe Esposito, segretario Felice Casson).
Al ministero degli esteri, invece, si sono susseguiti Massimo D’Alema (dal 17 maggio 2006 all’8 maggio 2008; è anche l’unico ad aver occupato entrambe la cariche strategiche, sarebbe davvero deludente sentirsi dire, dal più “furbo” dei politicaneti piddini, che lui non sapeva nulla), Franco Frattini (fino al 16 novembre 2011), Giulio Terzi Sant’Agata, poi Mario Monti per un mese in cui era anche premier (quindi dopiiamente responsabile), e infine il superfalco del militarismo “umanitario”, Emma Bonino.
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