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I talebani puntano sulla Siria

Le “divergenze di visione e di obiettivi” tra ribelli siriani laici e miliziani salafiti, molti dei quali stranieri, porteranno a “uno scontro inevitabile che causerà molte perdite”: lo ha detto in un’intervista apparsa oggi sulla stampa panaraba uno dei rappresentanti di spicco del salafismo giordano, Muhammad Shalabi meglio noto come Abu Sayyaf, secondo cui “i combattimenti tra questi due fronti é un male necessario”. Il leader salafita prevede scontri ad alta intensità in Siria tra combattenti islamici e formazioni armate laiche. Uno scontro che subirà un’escalation “dopo il rovesciamento del presidente Bashar al Assad”. Che però a due anni dall’inizio della guerra civile nel paese appare allontanarsi, anche grazie alle divisioni delle opposizioni, molte delle quali agiscono per conto di potenze straniere e di interessi non conciliabili. Questo in un contesto di crescente polarizzazione tra il fronte ribelle laicista siriano e gruppi islamisti composti sempre più da miliziani stranieri. E all’indomani dell’annuncio da parte dei Talebani pachistani di aver allestito campi di addestramento per centinaia combattenti diretti in Siria nel quadro di una strategia che – secondo gli stessi Talebani – mira ad accreditarsi maggiormente presso la leadership centrale di al Qaida. Abu Sayyaf, che afferma di aver trascorso dieci anni nelle carceri giordane perché riconosciuto colpevole tra l’altro di aver pianificato attacchi alle forze Usa nella regione, sostiene apertamente il flusso di combattenti islamici in Siria. “I recenti scontri armati avvenuti tra noi e i combattenti laici dell’Esercito siriano libero (Esl) sono un male necessario”, ha detto, affermando che “i due gruppi divergono sia nella visione che negli obiettivi”.

Taleban in Siria, è scontro tra Al Qaeda e l’ELS

Al conflitto partecipano anche i taleban pakistani e miliziani di Al Qaeda che hanno raggiunto le 17mila unità. Obama chiede di verificare a chi vanno le armi.

Michele Giorgio – Nena News 15 luglio 2013

Mentre giungono nuove conferme della presenza in Siria anche di Tehrik-e-Taliban, il raggruppamento che include le principali formazioni dei Taleban del Pakistan,i miliziani anti-Bashar Assad si combattono tra di loro dopo l’assassinio di Kamal Hamami, uno dei comandanti del Consiglio Militare Supremo dell’Esercito Libero Siriano(Els), compiuto la scorsa settimana nei pressi di Latakia, da mujahedin dello “Stato Islamico in Iraq e nel Levate (Siria)”.

È guerra aperta tra gli islamisti radicali legati ad al Qaeda e quelli che fanno capo ai Fratelli Musulmani e all’Els. È una nuova guerra all’interno della guerra civile che è costata la vita a circa 100mila siriani. Un conflitto sul quale non sembra avere possibilità di intervento concreto l’inconsistente “Coalizione Nazionale”, il braccio politico dei ribelli sostenuto dai governi occidentali e da diversi Paesi arabi, di fatto incaricato da Barack Obama di monitorare la distribuzione delle armi che Washington e i suoi alleati ora forniscono in modo massiccio al fronte anti-Assad.

A chi finiranno quelle armi? Un interrogativo non di poco conto, poichè a innescare poco alla volta lo scontro interno pare essere stato proprio l’annuncio fatto dagli Usa e dall’Europa che le “armi sofisticate” saranno consegnate solo al Consiglio Militare Supremo dell’Els.I qaedisti dello “Stato islamico in Iraq e Siria”, del “Fronte al Nusra” e di un’altra dozzina di sigle si sono sentiti traditi. Giunti a migliaia da ogni parte del mondo per combattere una «guerra santa contro l’apostata Bashar Assad» e per restituire la Siria all’ortodossia sunnita, per un anno e mezzo hanno tirato la carretta della lotta armatacontro i governativi praticamente da soli in ragione del loro ottimo addestramento, frutto di battaglie combattute tra la Cecenia e l’Afghanistan, tra l’Iraq e il Nord Africa.

Addestramento contrapposto all’impreparazione militare dell’Esl. Hanno contribuito a strappare a Damasco il controllo del Nord-Est della Siria e di diversi giacimenti petroliferi, hanno avviato l’amministrazione (sulla base della sharia islamica) di varie città (Raqqa in testa), mentre ancora non vi è traccia del cosiddetto «governo transitorio» della Coalizione Nazionale.Oggi i qaedisti rifiutano di essere messi in disparte. E si battono per posti di blocco e postazioni strategiche, anche per i rifornimenti di cibo, armi e carburante che arrivano dal territorio turco.Pesanti scontri tra Els e qaedisti sono scoppiati nel weekend a Bustan al-Qasr, per il controllo dell’unico punto di accesso a quel distretto separato dai restanti quartieri di Aleppo controllati dalle truppe governative. Per l’Esl non sarà per niente facile imporsi ad almeno 17mila qaedisti presenti in Siria, secondo dati diffusi dagli stessi ribelli.

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