Menu

USA: assolto il vigilante assassino, la rabbia degli afroamericani

Trayvon Martin, il diciassettenne afroamericano che la sera del 26 febbraio del 2012 a Sanford, in Florida, stava andando a trovare il padre con in mano una bibita e una confezione di caramelle é stato ucciso “per legittima difesa”.
Dopo un drammatico processo seguito in diretta Tv da milioni di cittadini statunitensi, é questa la conclusione a cui é giunta la giuria popolare. Dunque, George Zimmerman, la guardia volontaria che durante una ronda inseguì e sparò al teenager, ”non é colpevole”. Una decisione che ha gelato e indignato la comunità afroamericana e diviso il paese. Nelle ultime ore migliaia di persone sono scese in strada in diverse città del paese urlando la loro rabbia e la loro incredulità per un verdetto di assoluzione considerato inaccettabile e contro un ennesimo delitto a sfondo razziale. ”Se avessi avuto un figlio, sarebbe stato come Trayvon” disse all’epoca dei fatti il presidente Barack Obama, che ora però cerca di placare gli animi affermando che ”La giuria ha parlato” e rivolge un appello alla calma. “So che questo caso suscita forti passioni, ma noi – ha aggiunto – siamo uno stato di diritto”. Intanto, però, il Dipartimento alla Giustizia starebbe valutando l’ipotesi di aprire un procedimento federale per la revisione del processo se dagli atti emergeranno eventuali violazioni dei diritti civili. Il verdetto é arrivato nella tarda serata di sabato, dopo sedici ore di camera di consiglio in cui i sei giurati, tutte donne, si sono convinte che non esistevano i presupposti per condannare l’imputato. Secondo loro, quindi, il vigilante sparò perché aggredito e per non rischiare di avere la peggio. Del resto la famigerata legge ‘Stay on your Ground’, in vigore in Florida, glielo permetteva. ”Lei non ha più nulla a che fare con questa corte – ha scandito il giudice rivolto all’imputato – può andare, é libero”. Zimmerman rischiava l’ergastolo se condannato per omicidio preterintenzionale, o fino a 30 anni per omicidio colposo. Non c’erano in aula, invece, il padre e la madre di Trayvon, che fino all’atto finale del processo non si erano persi un’udienza. Tranne quando la signora Martin uscì dall’aula per non assistere all’esposizione delle foto di suo figlio sul tavolo dell’obitorio, dopo l’autopsia.
La folla da due giorni assiepata davanti al tribunale in attesa della decisione é rimasta scioccata dal verdetto. E presto lo stupore si é trasformato in rabbia. Tra gli slogan scanditi dalla folla, formata per lo più da afroamericani ma con la presenza di bianchi e anche di ispanici (come Zimmerman), “nessuna giustizia, nessuna pace”.
Al grido di “Who is guilty? All system is guilty” (Chi è colpevole? Tutto il sistema è colpevole!) migliaia di persone hanno sfilato in corteo da Union Squadre a Times Square, nel centro di New York. Arrivati nella piazza simbolo di Manhattan, i manifestanti l’hanno occupata sedendosi in terra in un improvvisato sit in che ha paralizzato la circolazione stradale per più di un’ora. Un cartello mostrava le immagini di un Trayvon bianco e di uno Zimmerman di colore. Sotto la scritta: ‘Il verdetto sarebbe stato lo stesso?.

E col passare delle ore sempre più gente si é riversata in strada: non solo a Sanford, a due passi da Orlando, ma anche a Washington, San Francisco, Chicago, Philadelphia. Anche a Los Angeles, dove ancora vivo é il ricordo della rivolta dei neri del 1992 dopo l’assoluzione dei quattro poliziotti bianchi che picchiarono a sangue Rodney King, un tassista nero fermato per eccesso di velocità. La gente denuncia una giustizia che continua ad essere ”a misura di bianchi”. Tantissimi ragazzi indossano la felpa col cappuccio sollevato sulla testa, così come la portava il giovane Trayvon quando venne ucciso. Ora la polizia teme scontri. Qualche avvisaglia c’é stata, come a Oakland, in California, dove la protesta é sfociata in qualche vetrina rotta, in roghi di cassonetti dell’immondizia e un’auto della polizia danneggiata dai manifestanti’.
A Los Angeles la manifestazione è degenerata in scontri con la polizia; gli agenti hanno fatto uso di lacrimogeni e proiettili di gomma; almeno una persona, secondo il Los Angeles Times, sarebbe stata arrestata.

Mentre i legali della famiglia di Trayvon hanno lanciato un appello alla calma, la National Association for the Advancement of Colored People (NAACP), la principale associazione per la difesa dei diritti degli afroamericani, si é detta ”indignata” e ha promesso battaglia, annunciando la presentazione di una petizione al Dipartimento della Giustizia per avviare un’azione contro la ”violazione dei diritti civili”. ”In questo caso i diritti civili non c’entrano, così come non c’entra il razzismo”, ha replicato Mark O’Mara, il difensore di Zimmerman. Ma di certo del caso Trayvon si continuerà a parlare per molto. E qualcuno – afferma l’accusa sconfitta – dovrà spiegare perché le grida di aiuto registrate dal 911, il numero per le emergenze, finiscano all’improvviso, in coincidenza con il rimbombo del fatale colpo di pistola.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *