“Manifestazione non autorizzata” e “ostacolo all`azione delle forze dell`ordine”: queste le accuse contro Mattia Cacciatori, fotografo veronese di 24 anni fermato il 6 luglio a Istanbul mentre seguiva le violenze della polizia contro i manifestanti anti-governativi.
Se l`impianto accusatorio del pubblico ministero verrà accolto, il fotografo rischia una condanna fino a 7 anni di carcere. “Venerdì sera ero a Milano e mi ha chiamato una giornalista turca” chiedendomi cosa ne pensavo della richiesta di condanna del Pm. Io ho risposto: Quale richiesta? E, dopo averla ascoltata, pensavo si trattasse di uno scherzo. Ero incredulo”, ha detto a TMNews Cacciatori. Secondo il fotografo italiano i giudici non hanno niente in mano: “La mia maschera antigas e il casco che usavo per proteggermi, sono prove sufficienti? Non si rendono conto che se non li avessi indossati sarei morto là fuori?”. Cacciatori dopo il suo arresto è rimasto in carcere per tre giorni, fino a quando, dopo l`intervento della rappresentanza diplomatica italiana, è stato rilasciato e ha fatto ritorno in Italia. Ma ieri il Consolato Italiano a Istanbul ha comunicato al fotografo che il processo contro di lui inizierà a breve e che due avvocati turchi sono stati incaricati di seguire il suo caso. Il reporter racconta che durante il suo fermo ha mostrato più volte agli agenti il passaporto italiano e la lettera d`incarico in inglese della sua agenzia, provando così di essere un giornalista. Cacciatori, nonostante la brutta esperienza, spera di essere assolto al più presto, per recarsi di nuovo a Istanbul: “tornerei anche domani, amo la Turchia e il popolo turco e voglio completare il progetto fotografico sulla comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, trans) e sulla cultura turca a cui stavo lavorando” ha dichiarato il fotografo.
In un Paese dove la libertà di espressione è sotto attacco e dove c’è un numero altissimo di reporter in carcere esclusivamente in conseguenza del loro lavoro, dall`inizio delle proteste contro la demolizione del Gezi Park gli attacchi della polizia ai giornalisti sono stati praticamente quotidiani. Il Sindacato dei giornalisti turchi (Tgs) ha denuciato che dal 27 maggio sono 28 i giornalisti rimasti feriti, 14 quelli fermati, a 28 è stato impedito di fare il proprio lavoro. Di ieri la notizia che negli ultimi giorni parecchie decine di giornalisti sono stati licenziati oppure costretti alle dimissioni.
Ma la purga non sembra essere conclusa. Il noto giornalista televisivo turco Tayfun Talypoglu é stato convocato e interrogato dalla polizia per un tweet postato il 31 maggio scorso, racconta il quotidiano di sinistra Radikal. Nel messaggio il cronista aveva scritto ”La polizia butta gas lacrimogeni nei caffè invece che per strada. Qualcuno dovrebbe fermare questa c… di situazione”. ”Quella mattina la polizia ha usato quantità eccessive di lacrimogeni nei caffè” vicino a Taksim. ”Ho scritto “qualcuno dovrebbe fermare tutto ciò” su Twitter. E qualcuno l’ha preso come un fatto personale” ha spiegato il giornalista.
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