Quando qualche anno fa Marine Le Pen prese le redini del partito fondato e guidato dal padre in molti tra la vecchia guardia storsero il naso. Qualcuno andò addirittura via sbattendo la porta. Avevano torto.
In poco tempo la nuova icona dell’estrema destra francese ha svecchiato il partito e modernizzato il linguaggio, è vero. Ma ha conservato ed anzi messo a frutto il patrimonio ideologico neofascista e ultranazionalista da sempre alla base di una forza che ora fa paura al resto della società francese.
Finora erano i sondaggi a creare allarme, quelli che danno in forte ascesa il Fronte Nazionale alle prossime elezioni europee, dove si vota con il sistema proporzionale. A maggio la Le Pen potrebbe piazzarsi al secondo o addirittura al primo posto all’interno della pattuglia di europarlamentari che Parigi manderà a Strasburgo. Assai più di quel già entusiasmante 17,9% di voti conquistato al primo turno delle presidenziali del 2012 dalla figlia dell’ex paracadutista della Legione Straniera fondatore nel 1972 di una forza politica oggi ad un passo dalla conquista del potere.
E anche alle prossime elezioni amministrative, ben più difficili per gli outsider in presenza della strettoia del voto utile e del doppio turno, il Front National potrebbe arrivare al 16%, come predicono i sondaggi più recenti, o anche più in alto.
A riprova che i sondaggi non sono allarmistici, ma al massimo sottostimano il consenso dell’estrema destra, i risultati delle elezioni cantonali di ieri a Brignoles (nel sudovest della Francia) dove il candidato del FN, Laurent Lopez, è arrivato in testa con addirittura il 40,4% dei voti, nonostante un’altra lista di destra radicale che ha preso un consistente 9%. La destra ufficiale – l’UMP – si è fermata al 20% mentre i candidati del Front de Gauche e degli ecologisti hanno preso rispettivamente il 14 e il 9%. Da notare anche l’enorme astensionismo – solo il 33% degli aventi diritto è andato alle urne – che indubbiamente avvantaggia le forze dell’opposizione o comunque più ideologizzate, con un elettorato più fedele e mobilitabile.
Il voto a Brignoles è suonato come un forte campanello d’allarme soprattutto per i socialisti al governo, i cui consensi sono in caduta libera e che ora cercano di evitare l’annunciato tracollo alle europee e alle amministrative. A volte, c’è da sottolinearlo, adottando gli stessi argomenti dell’estrema destra, come quando il ministro degli Interni, il socialista Manuel Valls, ha sostenuto la tesi che i cittadini rom presenti in Francia vadano espulsi; senza che il presidente Francois Hollande ci trovasse nulla da ridire. D’altronde, mentre il tasso di popolarità di Valls ha raggiunto quota 68% – trasversale quindi agli schieramenti politici – quello di Hollande è precipitato al 23%. Al presidente i francesi non perdonano la volontà di aggredire la Siria, di aumentare le tasse, di tagliare il welfare, di andare a braccetto con la Germania considerata sempre più un infido alleato a destra come a sinistra.
In un contesto di crisi, di disoccupazione e di smantellamento industriale crescenti, la tradizionale pratica francese di unire tutti i voti, da destra a sinistra, per evitare che al secondo turno passino i candidati del Front National potrebbe rivelarsi un argomento di legittimazione ulteriore dell’estrema destra, da sempre in prima fila nel rivendicare una identità ‘antisistema’ e antipartitocratica che naturalmente è pura propaganda, visti gli agganci economici e istituzionali della formazione finanziata da imprenditori e pezzi consistenti dell’establishment.
«Siamo già il primo partito di Francia» ha già tuonato la Le Pen alla vista degli strabilianti risultati di Brignoles. Raccontando alla stampa che il Front non è “né di destra né di sinistra” ed anzi minacciando di querela – Marine è avvocato – chiunque “infanghi” il suo movimento con etichette ‘della vecchia politica’.
Un escamotage per placare le ansie dell’establishment, ovviamente. Ma soprattutto un modo per attirare i consensi di un elettorato di sinistra deluso e disilluso dai propri leader e dai propri partiti, ormai irriconoscibili e meri esecutori degli ordini impartiti dai piani alti di un’Unione Europea che doveva fare la fortuna di Parigi e che invece ora appare sempre più come una palla al piede, un aguzzino. Non tanto a Parigi e nelle grandi città forse, ma sicuramente nella periferia francese, desertificata dalla deindustrializzazione e dalle politiche di austerity varate per la prima volta proprio da Hollande. Non è un caso che nella sua propaganda la Le Pen si erga a paladina della ‘Francia dimenticata’. Un mix populista di nazionalismo, xenofobia, denuncia della burocrazia europea e appello all’alleanza tra i produttori che mette sullo stesso piano imprenditori e lavoratori. Un discorso fortemente antislamico e tradizionalista che per la prima volta non fa breccia solo tra gli ex votanti comunisti o del centrodestra, ma anche tra quelli socialisti. “La diga è caduta” ha commentato efficacemente un dirigente del centrosinistra transalpino senza però darsi una spiegazione.
Le insane proposte del partito fascistoide – fuori i rom, preferenza ai francesi nelle liste dei disoccupati e delle case popolari, ecc – oggi spopolano in maniera trasversale. E le ambiguità del Front de Gauche sull’Euro e sull’Unione Europea – per la sinistra ‘radicale’ da riformare ma non da mettere in discussione – premiano le proposte demagogiche ma sicuramente d’impatto dell’estrema destra. Anche la tradizionale e mai abbandonata versione reazionaria del cattolicesimo – no ai matrimoni gay, no all’aborto, ecc – rende l’estrema destra un punto di riferimento sempre più largo nella spaurita società francese, oggi alle prese con la frantumazione di quel blocco gaullista che per decenni ha, appunto, fatto diga all’esplosione del fenomeno lepenista. Nei giorni scorsi un sondaggio dell’istituto Bva ha chiarito che, se si dovesse votare per le presidenziali e se i simpatizzanti dell’Ump (centrodestra) dovessero scegliere al secondo turno fra il candidato dei socialisti e quello del Fn, nel 63% dei casi voterebbero per Marine Le Pen.
Sui legami tra Front National e neofascisti francesi:
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