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Erdogan e i curdi: prove di distensione (o accerchiamento)

Storica visita a Diyarbakir, la maggiore città curda in Turchia, del leader curdo iracheno Massud Barzani, che nel fine settimana ha incontrato il premier di Ankara Recep Tayyip Erdogan. Una grande operazione di immagine per il leader del partito liberal-islamista Akp che di fronte a una folla di alcune decine di migliaia di sostenitori e curiosi ha esortato la comunità curda del suo paese a sostenere il processo negoziale in corso da alcuni mesi con la guerriglia del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), in verità sull’orlo del fallimento proprio a causa delle inadempienze del governo di Erdogan.
I curdi, ha detto il premier turco con una frase ad effetto, sono “cittadini di prima classe”. “Come possono dividersi e dilaniarsi i turchi e curdi? Non deve più accadere, non ci saranno più dolorose divisioni tra turchi e i curdi” ha affermato Erdogan assicurando che “non c’è più spazio per la discriminazione nella nuova Turchia: i curdi, gli arabi, i turchi, gli aleviti, i sunniti, gli sciiti, le donnne, che portino o meno il velo islamico, tutti sono cittadini dei prima classe”. Una dichiarazione che cozza però con una legislazione e una pratica discriminatoria nei confronti di tutte le minoranze del paese che neanche le recenti misure lanciate dal governo volte teoricamente a democratizzare un sistema oligarchico e autoritario hanno scalfito più di tanto.

Al di là di dichiarazioni propagandistiche che lasciano il tempo che trovano, è chiaro l’intento da parte di Erdogan di stringere in una morsa i curdi turchi e siriani utilizzando la collaborazione in corso da molti anni tra Ankara e le autorità del Kurdistan iracheno. 

Il leader dell’Akp e Barzani hanno partecipato insieme al matrimonio collettivo di 300 coppie e poi hanno assistito assieme al duetto della superstar pop turca Ibrahim Tatlises con il famoso cantante curdo Sivan Perwer, tornato in patria dopo 37 anni di esilio nell’Iraq del Nord. “Tutti assieme abbracceremo la gente di Diyarbakir. Desideriamo e auspichiamo la pace con il dialogo, solidarietà e amore tra i popoli della regione” aveva dichiarato Erdogan alcuni giorni prima dello storico evento.

Contemporaneamente, fonti turche ci hanno tenuto a far sapere di non sostenere più i gruppi jihadisti vicini ad al-Qaeda in Siria, circostanza che tra l’altro il governo liberal-islamista aveva sempre negato nonostante prove e testimonianze rivelassero il contrario. L’interruzione, almeno parziale, degli aiuti turchi ai gruppi jihadisti è stata confermata da Salih Muslim, leader dei curdo-siriani del Partito di unione democratica (Pyd). “Nell’ultimo periodo la Turchia ha tagliato il sostegno alle bande di qaedisti di al-Nusra e dell’Isil (Stato islamico dell’Iraq e del Levante)” ha detto il leader curdo-siriano in un’intervista concessa al quotidiano Taraf venerdì scorso. “Non ci attaccano più come prima passando dalla Turchia. Questa è una notizia positiva. Vogliamo stringere rapporti amichevoli con la Turchia. Non vogliamo l’indipendenza, né un sistema federale” ha spiegato Muslim, secondo il quale il governo turco avrebbe cambiato linea a seguito di “pressioni internazionali”, ma anche perché “gruppi simili mettono in discussione la sicurezza della Turchia”.

Ma non tutti hanno abboccato ai gesti apparentemente distensivi di Erdogan: durante il fine settimana il Partito della democrazia e della pace (Bdp) ha convocato numerose manifestazioni di protesta dopo l’annuncio che Barzani non avrebbe incontrato esponenti del movimento politico che rappresenta la maggioranza dei 15 milioni di curdi che vivono in Turchia, irritato anche per le dure critiche e accuse che il conciliante leader curdo-iracheno ha espresso nei confronti del Pyd curdo-siriano. 

Ma a Diyarbakir il leader turco Erdogan ha incontrato alcuni esponenti di spicco del Bdp come Leyla Zana e il sindaco della città Osman Baydemir, ha per la prima utilizzato in un suo discorso il termine Kurdistan ed ha ventilato l’ipotesi di un’amnistia per migliaia di combattenti ed esponenti politici curdi rinchiusi nelle carceri turche. “Saremo testimoni di una nuova Turchia dove (i guerriglieri) scenderanno dalle montagne e le prigioni si svuoteranno” ha dichiarato sabato. Le dichiarazioni di Erdogan sarebbero state accolte con favore anche dal leader del Pkk Abdullah Ocalan rinchiuso da molti anni in quasi completo isolamento nell’isola prigione di Imrali: “Speriamo che faccia quello che ha detto. Vogliamo che lo realizzi il prima possibile con il nostro sostegno” avrebbe detto Ocalan al fratello Mehmet, secondo quanto scrive oggi l’agenzia turca Dogan.

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