“Lander assolto”. La notizia è arrivata ieri all’ora di pranzo, poco prima che nel Lucernario occupato da pochi giorni all’interno dell’Università La Sapienza di Roma iniziasse un incontro con due giovani baschi, uno dei quali sotto processo a Madrid, insieme ad un’altra quarantina di compagni e compagne, esclusivamente per aver militato in una organizzazione giovanile di massa – Segi – che la Spagna ha prima messo fuori legge e poi dichiarato ‘terroristica’.
Dopo 2 giorni passati nel carcere di Regina Coeli, dieci mesi ai domiciliari in una casa occupata a Garbatella e poi quasi 7 mesi di carcere a centinaia di chilometri da casa, Lander Fernandez ha potuto recuperare ieri sera la libertà. Insieme ad Aingeru Cardano, il suo amico e compagno che torturato dalla polizia, firmò una dichiarazione in cui asseriva che nel 2002, durante una manifestazione a Bilbao contro la repressione spagnola del movimento basco di liberazione nazionale, Lander era presente quando un autobus, vuoto e in sosta, venne incendiato da alcuni dimostranti. Appena finito il periodo di isolamento totale al quale era stato sottoposto senza la possibilità di comunicare con la famiglia e neanche con un avvocato – una ‘incomunicaciòn’ di 5 giorni nelle mani della polizia che permette abusi e torture nei commissariati – Aingeru si affrettò a dichiarare davanti al giudice che la sua ‘confessione’ era falsa e che aveva dichiarato solo ciò che i carcerieri e i torturatori volevano sentirsi dire per cessare gli abusi. Ma per la legge spagnola le dichiarazioni estorte sotto tortura sono prove, ed è su questo elemento che spesso la Audiencia Nacional di Madrid intenta processi che portano a condanne di anni di carcere per reati che in un contesto non infinatamente emergenzialista come quello basco (o meglio, spagnolo) comporterebbero lievi pene se non addirittura solo una multa.
Questa volta, per fortuna, non è andata così: Lander è stato assolto. Contro di lui, hanno dovuto ammettere i giudici del tribunale speciale di Madrid, non c’è nessuna prova. Lo avevano sostenuto da subito coloro che quando il giovane basco fu arrestato a Roma nel giugno del 2012 dalla polizia italiana iniziarono a denunciare un’operazione di natura tutta politica, sottolineando che Lander era da anni sottoposto a una pesante persecuzione da parte dei tribunali spagnoli.
Ma nonostante documenti e testimonianze i giudici e i ministri italiani incaricati di decidere se concedere o no l’estradizione preferirono girare la testa dall’altra parte di fronte alle denunce di Amnesty International, dell’Onu e della stessa Unione Europea, che da anni mettono sotto accusa un sistema giudiziario e carcerario spagnolo che utilizza sistematicamente la tortura, che viola i diritti processuali degli imputati per motivi politici. Anche la stampa italiana ha preferito trattare la questione scopiazzando le veline del Ministero degli Interni di Madrid e riportando notizie false, completamente inventate e tese esclusivamente a dare in pasto alla già intossicata opinione pubblica dello Stato Spagnolo un mostro da sbattere in prima pagina.
Da giornalisti e giudici incompetenti e complici della repressione non avremo risposte, eppure di domande da fare ne avremmo molte: perché estradare Lander a Madrid quando era evidente che contro di lui non c’erano prove? Perché continuare a dare credito ad un paese come la Spagna che non tratta i baschi diversamente da come la Turchia tratta i curdi? Perché neanche appelli firmati da intellettuali e parlamentari italiani di diversa ispirazione politica hanno rotto un sistema ben oliato di complicità tra le istituzioni italiane e quelle spagnole? Chi risarcirà Lander e la sua famiglia per gli anni passati in carcere e per la contnua e pesante diffamazione subita dai mezzi di informazione?
Mentre i familiari e gli amici – che a Roma non sono meno di quelli di Bilbao – si godono la liberazione di Lander e la fine – speriamo definitiva – di una lunga e pesante persecuzione nei suoi confronti, il pensiero va a tutti e a tutte coloro che sono rinchiusi nelle carceri francesi e spagnole, o in esilio, a causa della loro militanza politica e sociale nel movimento indipendentista basco. Nei giorni scorsi una ventina di militanti hanno recuperato la loro libertà, dopo decenni di prigione, grazie alla bocciatura da parte del Tribunale Europeo dei Diritti Umani di una norma – la dottrina Parot – che Madrid si era inventata alcuni anni fa per prolungare artificiamente le già pesanti condanne inflitte ai militanti indipendentisti. Ma proprio in questi giorni centinaia di persone sono sotto processo perché accusate di aver militato in diverse organizzazioni – principalmente Segi e Batasuna – nonostante queste fossero state dichiarate fuorilegge perché ‘emanazione dell’Eta’. Nessun reato specifico viene loro contestato, se non quello di aver continuato ad esercitare il loro diritto di fare politica alla luce del sole, violando assurdi divieti. Assurdi quanto la pena che il tribunale franchista ereditato dalla ‘Spagna democratica’ vuole infliggere ad alcuni attivisti del movimento No Tav basco che osarono lanciare una torta in faccia alla governatrice della Navarra ed esponente dell’estrema destra liberista e cattolica da sempre sostenitrice dell’alta velocità. Se in Spagna anche lanciare torte è ‘terrorismo’ la solidarietà e la denuncia non possono riposare neanche un minuto.
Lander è libero, ora liberi/e tutti/e!
Di seguito il comunicato del comitato “Un caso basco a Roma”:
http://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/2013/11/19/lander-e-aingeru-sono-di-nuovo-liberi/
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