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Turchia: da rifare il processo contro poliziotto omicida

Il regime turco cerca – e sembra trovare – tutte le scuse possibili per non processare un agente di polizia che, all’inizio della rivolta popolare contro il governo Erdogan alla fine di maggio, uccise a colpi di pistola un manifestante nella capitale. L’omicidio avvenne il primo giugno scorso, durante un corteo ad Ankara contro la decisione da parte dell’esecutivo di reprimere il movimento che ad Istanbul si opponeva alla distruzione del Gezi Park.

Il presidente della sesta corte penale di Ankara, incaricata di giudicare il poliziotto ripreso in un video mentre spara a bruciapelo contro il 26enne Ethem Sarisuluk, ha deciso, ieri mattina, di ritirarsi dal caso, bloccando di fatto il procedimento. Il magistrato ha spiegato la sua decisione facendo riferimento ai dubbi sull’imparzialità della corte espressi dagli avvocati della famiglia della vittima e agli “attacchi politici” nei suoi confronti che potrebbero non consentire al tribunale di esprimere un giudizio equo ed imparziale nei confronti dell’agente. Ora spetterà a un tribunale di grado superiore valutare la legittimità della decisione della corte. Dopo l’annuncio del presidente della corte naturalmente i familiari della vittima e diversi cittadini che stavano assistendo al processo hanno protestato scandendo slogan contro la decisione prima di essere spinti fuori a forza dal palazzo di giustizia dalla polizia in assetto antisommossa.

Dalla mattinata centinaia di persone che sventolavano bandiere turche e di movimenti politici di sinistra si erano ammassate fuori dal tribunale della capitale in occasione di una nuova udienza del processo contro l’agente Ahmet S. La folla ha scandito slogan contro la repressione e contro il governo, come “Ethem è stato ucciso dalla polizia dell’Akp”, in riferimento al partito islamico e liberista di Erdogan, al potere. L’imputato, che all’inizio del processo a settembre si era presentato in aula camuffato con una parrucca e la barba finti per non farsi riconoscere, ha poi ottenuto dal giudice la possibilità di testimoniare in videoconferenza senza presentarsi al banco degli imputati, in aula. Il che naturalmente ha suscitato numerose polemiche nei confronti della corte, accusata di parzialità nei confronti dell’accusato che peraltro deve rispondere solo del reato di ‘eccesso di legittima difesa’, punibile con una pena fino a cinque anni di reclusione, nonostante che l’omicidio di cui si è reso responsabile sia stato documentato da un video che lo ritrae mentre si avvicina ad alcuni manifestanti, estrae la pistola, la punta e spara, fuggendo subito dopo.

Nel corso della repressione contro il movimento popolare sceso in piazza contro il regime dell’Akp i manifestanti uccisi ufficialmente sono stati sei, quelli feriti migliaia ed altrettanti i dimostranti arrestati, molti dei quali saranno processati nelle prossime settimane e nei prossimi mesi e richiano pene ben più pesanti di quella che – se e quando ricomincerà il processo – rischia di vedersi inflitta il poliziotto omicida.

             

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