Appariva evidente che la morte in ospedale dopo 269 giorni di coma del giovanissimo Berkin Elvan aveva scatenato la più importante e massiccia ondata di proteste trasversali contro il corrotto e dispotico regime di Recep Tayyip Erdogan. Sono state le assurde circostanze del ferimento del ragazzino, oltre alla sua giovane età, a emozionare e far arrabbiare milioni di persone in tutto il paese. Infatti quel 16 giugno del 2013 Berkin si era offerto di andare a comprare il pane al posto della madre e una volta in strada era stato colpito alla testa dalla spoletta di un lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo dalla polizia contro i dimostranti antigovernativi.
Bastava guardare i video delle enormi manifestazioni che hanno letteralmente inondato Istanbul di gente al grido di ‘Berkin è immortale’ o “Tayyip ladro e assassino, dimissioni” per capire l’entità del nuovo movimento di protesta. Manifestazioni enormi si sono tenute anche ad Ankara, Izmir, Antiochia e altre decine di centri di tutta la Turchia, a sole tre settimane dalle elezioni amministrative cruciali per il futuro di Erdogan e del suo entourage, alle prese in queste settimane con le accuse della magistratura che, manovrata o meno che sia dal suo ex alleato e oggi competitore Fethullah Gulen, hanno messo in evidenza l’altissimo grado di corruzione e clientelismo che caratterizza l’esecutivo dei liberal-islamisti dell’Akp.
I media italiani hanno naturalmente sottodimensionato la protesta del popolo turco – non è mica l’Ucraina! – ma ora sono gli stessi quotidiani turchi, molti dei quali sottomessi ad una rigida censura da parte del regime, a parlare di due milioni di persone scese in piazza l’altro ieri nel giorno dei funerali di quella che è ormai diventata una icona del movimento di opposizione al regime liberal-islamista. Secondo Hurriyet Daily News la morte di Berkin Elvan ha provocato manifestazioni in ben 53 città e scontri violenti con la polizia, conclusi con 70 feriti, di cui 19 agenti. Secondo lo stesso quotidiano le forze di sicurezza hanno fermato 417 manifestanti.
Secondo altri dati in 48 ore sono stati scritti nella sola Turchia ben 14 milioni di tweet per ricordare la giovane vittima della repressione del regime di Ankara mentre il governo non ha avuto una sola parola di cordoglio per il piccolo Berkin. Secondo i dati forniti da Keyhole, solo l’hashtag #BerkinElvanOlumsuzdur (BerkinElvanImmortale) è stato twettato 11,9 milioni di volte da utenti turchi. Non è un caso che da sempre il ‘sultano’ Erdogan abbia puntato il dito contro i social network e che negli ultimi mesi abbia fatto approvare dal parlamento una legge che mette il bavaglio alla rete, fino alla minaccia di pochi giorni fa di chiudere twitter, facebook e youtube prima delle elezioni locali del prossimo 30 marzo. Tutti i sondaggi danno in forte calo i candidati del premier ma se l’Akp perdesse Istanbul per Erdogan e i suoi affari e quindi per il suo potere sarebbe un disastro epocale.
Un’altra pesante tegola sul premier è arrivata proprio oggi. Il pubblico ministero del tribunale di Istanbul Ekrem Aydiner ha presentato la prima richiesta di rinvio a giudizio per “aver ricevuto e pagato tangenti” e “contraffatto documenti ufficiali” per 19 imputati nel primo filone della maxi-inchiesta sulla corruzione che ha portato il 17 dicembre all’arresto di parecchi uomini d’affari e politici di primo piano vicini al premier. Inchiesta che ha provocato le dimissioni di quattro ministri e poi la sostituzione di altri sei nell’ambito di un rimpasto di governo.
Se il procuratore capo e il tribunale competente daranno il loro via libera, 18 dipendenti dell’amministrazione del municipio stambuliota di Fatih e il presidente Mustafa Demir, eletto nelle liste del Partito della Giustizia e dello sviluppo del premier, saranno processati. Continuano, nel frattempo, le indagini che coinvolgono i figli dell’ex-ministro degli Interni Baris Guler e delle Infrastrutture Kaan Caglayan oltre al magnate dell’edilizia Ali Agaoglu e l’ex-presidente della semipubblica Halkbank Suleyman Aslan.
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