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La Turchia vota, intervista a Tülay Karakartal

* Da Istanbul

Il 30 marzo in Turchia si tengono le elezioni amministrative. Sono delle elezioni importanti, non solo in previsione delle politiche del 2015, perché nelle grandi metropoli turche come nei piccoli paesi si “giocano” diversi appalti e chi uscirà vincitore è probabile che poi sarà più avvantaggiato nel vincere le prossime aste. In Turchia, del resto, si costruisce ancora e tanti capitali stranieri circolano ancora in questo paese che fabbrica strade, autostrade, ponti come centri commerciali, strutture abitative e moschee. 

Il voto in Turchia è sinonimo di espressione attiva alla vita politica. Alle ultime elezioni politiche del 2011 hanno partecipato l’86,7% degli aventi diritto al voto. A queste elezioni amministrative ci saranno più di un milione di nuovi elettori e molti di questi vengono dagli eventi di Gezi Park. Io ho intervistato Tülay Karakartal, una donna che si candida a muhtar – che in italiano è un po’ come il presidente del consiglio circoscrizionale – per il quartiere di Yeniköy. Ho posto a Tülay diverse domande, segue intervista.

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Luca Tincalla: “Tülay, in Italia la figura del Muhtar non c’è. Puoi parlarcene?”

Tülay Karakartal: “Il muhtar è un ponte fra le persone del quartiere e le municipalità di una città. È una figura apartitica. Opera coadiuvato da un consiglio chiamato muhtarlik, che è la cellula più piccola della gestione locale di un quartiere. La comunicazione con i livelli più alti della prefettura richiede questo ponte. La storia di questa figura comincia agli inizi della Repubblica turca. Per un periodo è stato anche soppresso, però poi il bisogno di raccordo era così sentito che l’hanno rimesso. Ancor oggi abbiamo bisogno di questa figura poiché non viviamo in un sistema di site (condomini a forma di bunker con entrata sorvegliata da guardie private) ma in un sistema di quartieri e di villaggi.”

LT : “Il muhtar dispone di un portafoglio?”

TK : “Il ruolo del muhtar non prevede portafoglio e quindi, in teoria, non dispone di soldi. Deve riportare le domande del quartiere alla municipalità e assumere responsabilità nei progetti sociali. Sono le municipalità che hanno i fondi (per gli anziani, gli studenti, i disabili, eccetera), il muhtar ha un ruolo di ponte tra queste e i cittadini; anche se il muhtar può trovare fondi creando un’associazione e quindi autofinanziandosi.”

“Chi fa parte del consiglio del Muhtar?”

“Ogni muhtar ha un Ihtiyar heyeti – un “gruppo di saggi” – composto da quattro persone che lo aiuta e un assistente, preferibilmente scelto tra una delle quattro. Quando il muhtar esce dal quartiere deve lasciare al suo posto una delle persone del gruppo. Il muhtar si prepara alle elezioni con quattro candidati ufficiali e con quattro riserve, queste persone possono essere scelte dal muhtar stesso oppure tra candidature spontanee.”

“Perché hai deciso di candidarti?”

“Ho trentacinque anni e la scorsa primavera, con Gezi Park, ho vissuto una rivelazione sociale e questa mi ha mostrato la via per candidarmi a muhtar. Ho deciso di farlo poiché il muhtarlik è la più piccola parte di un microcosmo che permette di applicare le regole della democrazia e mi sono chiesta cosa posso fare come individuo. Per dire che anch’io, come tanti altri giovani, sono parte di questo paese e voglio le cose fatte per bene. È necessario partecipare alla politica per tenerla pulita come siamo noi giovani. Gezi Park ci ha insegnato molte cose, ci ha fatto capire che dobbiamo prendere la responsabilità per la nostra città, che le donne possono partecipare alla politica e che sotto la parola “riqualificazione urbana” si nasconde spesso lo sciacallaggio. Non posso dire se questa è una reazione o un inizio ma in molti abbiamo capito che dobbiamo “mettere la mano sotto al sasso” (nota: nel senso di sentire il peso, non nel senso di tirarlo).”

“Perché la gente dovrebbe votare per te e non per un altro?”

“Voglio che la gente mi voti perché la mia squadra ed io abbiamo tante cose da fare. Il muhtar fino ad ora è stato visto come se fosse un lavoro da pensionati. La gente andava dal muhtar solo per chiedere dei documenti, fino a poco tempo fa. In realtà, ci sono tante cose che possiamo fare come avere dei rapporti forti tra vicini, aiutarci l’un l’altro, rinforzare i nostri rapporti sociali e creare una vita senza ostacoli. Per fare tutto questo ci vuole energia e bisogna essere giovani. Io tra i candidati nel quartiere sono il più giovane, l’unico laureato e mi sembra che sia stato l’unico a partecipare agli eventi di Gezi Park. Se vinco, il vincitore sarà il quartiere non io.”

“Cosa ne pensi dei divieti di internet e della recente chiusura di twitter?”

“La parola vietato non è bella e poi parlare di vietato su internet non è bello per niente. Siamo persone intelligenti e troviamo lo stesso come utilizzarlo, come anche i nostri politici. Diciamo che facciamo allenamento. Prima, infatti, c’è stata la chiusura di you tube (nota: un giorno dopo you tube ha chiuso di nuovo in Turchia). Una società democratica non chiude internet. È assurdo. Ed è comico che un leader che si presenta come “il più democratico” proponga leggi per vietare. “Chi esce per ultimo, chiuda la porta” ha detto Cem Yilmaz (un comico turco) su questa storia. Si può mai chiudere internet?”

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