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Paraguay: detenuti politici sin tierra da 40 giorni in sciopero della fame

Dal 14 febbraio di quest’anno cinque contadini ‘sin tierra’ detenuti da un anno e otto mesi nel carcere di Tacumbú, ad Asunción, hanno indetto lo sciopero della fame per denunciare l’irregolarità del loro processo.

Felipe Benítez, Adalberto Castro, Néstor Castro, Arnaldo Quintana e Rubén Villalba sono militanti contadini incarcerati in seguito al massacro di Curuguaty, tragico evento che vide la morte di 11 contadini e 6 poliziotti nel tentativo di sgombero dell’occupazione dei sin tierra di Marina Kue, utilizzato poi come pretesto per giustificare il cosiddetto golpe costituzionale che, il 22 giugno del 2012, depose il presidente Fernando Lugo, a capo del primo governo nella storia del Paraguay eletto da una coalizione di forze popolari.

Lo sciopero della fame è stato indetto, in attesa dell’ultima udienza di giugno, per rompere il silenzio attorno all’illegittimità delle accuse che li tiene in carcere – tentato omicidio, invasione di proprietà privata e associazione per delinquere – frutto di una montatura giudiziaria carica di omissioni, prove alterate e nessuna evidenza di colpevolezza nei confronti degli imputati. Una sequela di ingiustizie che ha avuto come ultimi risvolti la sparizione di prove a favore degli imputati e la misteriosa uccisione, il primo dicembre del 2012, di un altro militante contadino coinvolto nella vicenda. Un processo che non vuol far chiarezza su ciò che è realmente accaduto, tanto da essere attualmente sotto indagine da parte della Commissione Interamericana dei Diritti dell’Uomo, che incolpa la magistratura paraguaiana di non aver voluto investigare a fondo sulla vicenda, un esempio è l’assenza di procedimenti in atto a carico di esponenti delle forze dell’ordine, nonostante l’uccisione a sangue freddo con un colpo alla testa di alcuni dei contadini inizialmente rimasti feriti negli scontri.

Non si tratta del primo sciopero della fame portato avanti dagli imputati, lo scorso anno, infatti, dopo più di un mese di sciopero vennero concessi i domiciliari ad una imputata incinta, permettendole di partorire fuori dal carcere. I cinque detenuti si dichiarano determinati a portare fino alle estreme conseguenze il proprio sciopero se non verranno scarcerati e non verrà messo a revisione l’intero processo a loro carico.

Già da alcuni giorni inoltre Rubén Villalba , dopo aver battuto la testa a causa di uno svenimento, è stato ricoverato in un ospedale militare dove è sottoposto ad assistenza forzata, nonostante la sua esplicita richiesta di non ricevere cure.

La protesta si inserisce in un momento di forti mobilitazioni dei movimenti sociali paraguaiani: da gennaio infatti la Federación Nacional Campesina (FNC) ha indetto la resistenza contro lo spargimento selvaggio di pesticidi, le cosiddette fumigazioni, in tutte le comunità organizzate. Una lotta che sta scatenando una feroce repressione nei confronti del movimento contadino, espressasi con il assassinio di Nery Benítez, dirigente della FNC, da parte di un sicario, con il ferimento e la conseguente perdita di un occhio di un altro militante, colpito da una pallottola di gomma della polizia durante un violento sgombero di contadini e con l’arresto di numerosissimi contadini e dirigenti politici.

Il malcontento, dilagante negli ultimi mesi, è culminato il 26 marzo con lo sciopero generale di tutti i sindacati scesi in piazza assieme ai movimenti sociali contro il governo dell’imprenditore Horacio Cartes, esponente del Partido Colorado, impegnato in una politica generale di privatizzazioni.

Il corteo è stato aperto proprio dalla FNC che, tra le tante rivendicazioni, poneva al centro la richiesta di porre fine alle fumigazioni, la riforma agraria integrale e la cessazione con il modello agro-esportatore per l’economia paraguaiana. La struttura produttiva del paese è infatti basata sulla produzione ed esportazione di soia transgenica, presupposto che, nell’ultimo decennio, l’ha portato a diventare uno dei paesi con il più altro indice di concentrazione fondiario, oltre che alla vendita di larga parte del territorio a multinazionali ed imprese straniere.

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