Lodevole iniziativa di Pagina99, che ci presenta i terribili burocrati dell’Unione Europea che decidono come e quanto dobbiamo vivere (male) senza correre alcun rischio. Né di fare la nostra vita, né di essere sfiduciati elettoralmente (come sarebbe normale in una democrazia borghese).
A chi rispondono? Alla Commissione, ossia al governo dell’Unione Europea. In realtà applicano scelte politiche sulla base di input delle imprese multinazionali, dei gruppi di pressione, dei goevrni nazionali (mediando tra loro i diversi interessi, se e quanto sono in grado di farlo).
Ecco. Gente da tenere a mente. Non tanto per i nomi o le facce (al posto loro ce ne saranno di assolutamente uguali, domani o tra un anno), ma per le carriere, la determinazione omicida, l’estrazione sociale, la fedeltà carognesca al grande capitale.
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Alberto D’Argenzio
A comandare all’interno della Commissione europea è una donna ma non Angela Merkel, bensì l’irlandeseCatherine Day. Liberale, pugno di ferro, è considerata una nemica dell’Europa sociale. Conta più di un Commissario europeo perché la macchina organizzativa ce l’ha in mano lei.
(Con questo articolo pagina99.it inizia una serie settimanale sui potenti di Bruxelles, le storie di parlamentari, burocrati e lobbisti che hanno facce che non conosciamo ma che hanno un grande impatto sulle nostre vite. La prossima puntata sarà su Klaus Welle, segretario generale del Parlamento)
BRUXELLES – I pantaloni in casa li porta lei, forse più di Barroso. Anche in Europa, nella Commissione europea, come in molte famiglie, comanda una donna, e non parliamo di Angela Merkel, parliamo di Catherine Day, volto poco conosciuto al di fuori delle istituzioni comunitarie ma estremamente influente dentro. Dal 10 novembre 2005 la Day, irlandese classe ’54, è Segretario Generale della Commissione europea, la prima donna a diventare il funzionario più alto di grado tra le migliaia che compongono la macchina comunitaria. Lei risponde solo al Presidente, ma pur avendo lo status del burocrate il suo non è certo un ruolo da funzionario. “Ha un impatto diretto e impressionante sulle politiche, le sue scelte si fanno sentire, eccome”, riassume una fonte diplomatica.
Andando sul concreto, la Day è alla testa del Segretariato Generale, un manipolo di 600 funzionari che hanno il compito di sostenere l’attività della Commissione, da quella organizzativa delle riunioni a quella di consulenza, coordinamento ed arbitrato tra le diverse Direzioni Generali, le DG, i ministeri Ue. Il tutto assicurandosi che le decisioni prese rispettino le priorità politiche dell’esecutivo comunitario. E qui entra in gioco lei, un’economista di pura scuola irlandese, ossia decisamente neoliberale, che è entrata praticamente in fasce, ad appena 24 anni, nella Commissione Ue.
La Day si fa le ossa nel gabinetto dei commissari irlandesi Richard Burke e Peter Sutherland, all’inizio del processo di liberalizzazione del mercato interno, quindi, sotto il conservatore britannico Leon Brittan, prende le redini del commercio estero, sale nella scala gerarchica e a 47 anni, sotto Romano Prodi, diventa Direttore Generale, prima alla DG Ambiente,quindi a quella Allargamento, nel momento della chiusura dell’ingresso dei paesi dell’est, e infine Relazioni esterne. Dicasteri di peso. L’ultimo salto con Barroso, in quel novembre 2005: Segretario Generale. Un ruolo non scontato per lei, non solo per il suo sesso, ma anche perché in barba al principio di rotazione, prende il posto di un altro irlandese, David O’Sullivan. E lo fa con decisione. “Ogni volta che si propone di avanzare con l’Europa sociale lei si mette di mezzo, è difficile negoziare con di lei, è molto potente”, riassume un funzionario della DG Affari sociali, che, chiaramente, preferisce l’anonimato.
Persona alla mano, grande lavoratrice e fervente sostenitrice del mercato interno, ma tostissima quando si prova ad alterare gli equilibri interni, quelli che vogliono che a comandare nella Commissione sia l’asse Barroso-Rehn, ossia, traducendo, un approccio basato sull’imposizione di un controllo e di un coordinamento eminentemente economico senza procedere verso le convergenze e il potenziamento delle politiche sociali tra i 28 stati membri. La sua mano, già ferrea, si è sentita di più in questi ultimi anni in cui la crisi ha accaparrato le attenzioni e le energie della Commissione in una serie di iniziative di controllo di bilancio e di smantellamento dello stato sociale che hanno fatto la felicità di Berlino, allungando gli effetti delle recessione nei paesi periferici.
La sua influenza non si ferma comunque qui. A inizio dicembre la Day era a capo del Comitato di consultazione psicoattitudinale che ha fatto fuori tutti i 5 candidati al posto di Garante Ue alla privacy. E dire che almeno due di loro, tra cui l’italiano Giovanni Buttarelli, era stato dichiarato abile ed arruolabile 5 anni fa (tanto da diventare vice-garante), invece ora tutti bocciati. “Una decisione inammissibile: quella del supervisore europeo è una figura imprescindibile in un momento in cui la protezione dei dati ha acquisito un’importanza senza precedenti”, accusa l’eurodeputato socialista spagnolo José Fernando Lopez Aguilar, Presidente della Commissione Libertà pubbliche del Parlamento Ue. Il motivo? “Probabilmente – spiega un diplomatico di uno dei 28 – qualche Stato membro, diciamo anglosassone, ma anche qualche paese terzo, diciamo d’oltreoceano, vuole un garante Ue debole e stanno facendo molte pressioni sulla Commissione perché vengano selezionati personaggi di calibro inferiore”. Catherine Day raccoglie la pressione.
Nel 2009, quando è stato messo in cantiere il gabinetto Barroso bis, il nome della Day era uscito tra quelli di possibile Commissaria irlandese, ma alla fine da Dublino venne scelta Maire Geoghegan-Quinn, e lei è rimasta dov’era, dove si conta sicuramente più di un Commissario. “Ha in mano la macchina della Commissione e tiene i rapporti con le altre istituzioni, è il perno che fa funzionare la burocrazia comunitaria”, spiega un altro diplomatico. Forse il suo turno in Commissione, come Commissaria, scoccherà a fine estate-autunno, quando verrà messo in cantiere il prossimo esecutivo comunitario. Per ora, lei che ama il trekking ed i concerti, non si è sposata e non ha figli, è contenta di quel che fa: “non ho una famiglia, ma non mi pesa – assicura in un’intervista all’European Voice – ho la fortuna di fare quello che mi piace (..) e ho avuto la fantastica opportunità di fare cose che mai avrei immaginato di fare quando studiavo nella biblioteca dell’University College di Dublino”.
I nuovi boiardi della Ue: Catherine Day, la nemica dell’Europa sociale
09 aprile @ 20.38
Alberto D’Argenzio
Elezioni europee
(Con questo articolo pagina99.it inizia una serie settimanale sui potenti di Bruxelles, le storie di parlamentari, burocrati e lobbisti che hanno facce che non conosciamo ma che hanno un grande impatto sulle nostre vite. La prossima puntata sarà su Klaus Welle, segretario generale del Parlamento)
BRUXELLES – I pantaloni in casa li porta lei, forse più di Barroso. Anche in Europa, nella Commissione europea, come in molte famiglie, comanda una donna, e non parliamo di Angela Merkel, parliamo di Catherine Day, volto poco conosciuto al di fuori delle istituzioni comunitarie ma estremamente influente dentro. Dal 10 novembre 2005 la Day, irlandese classe ’54, è Segretario Generale della Commissione europea, la prima donna a diventare il funzionario più alto di grado tra le migliaia che compongono la macchina comunitaria. Lei risponde solo al Presidente, ma pur avendo lo status del burocrate il suo non è certo un ruolo da funzionario. “Ha un impatto diretto e impressionante sulle politiche, le sue scelte si fanno sentire, eccome”, riassume una fonte diplomatica.
Andando sul concreto, la Day è alla testa del Segretariato Generale, un manipolo di 600 funzionari che hanno il compito di sostenere l’attività della Commissione, da quella organizzativa delle riunioni a quella di consulenza, coordinamento ed arbitrato tra le diverse Direzioni Generali, le DG, i ministeri Ue. Il tutto assicurandosi che le decisioni prese rispettino le priorità politiche dell’esecutivo comunitario. E qui entra in gioco lei, un’economista di pura scuola irlandese, ossia decisamente neoliberale, che è entrata praticamente in fasce, ad appena 24 anni, nella Commissione Ue.
La Day si fa le ossa nel gabinetto dei commissari irlandesi Richard Burke e Peter Sutherland, all’inizio del processo di liberalizzazione del mercato interno, quindi, sotto il conservatore britannico Leon Brittan, prende le redini del commercio estero, sale nella scala gerarchica e a 47 anni, sotto Romano Prodi, diventa Direttore Generale, prima alla DG Ambiente,quindi a quella Allargamento, nel momento della chiusura dell’ingresso dei paesi dell’est, e infine Relazioni esterne. Dicasteri di peso. L’ultimo salto con Barroso, in quel novembre 2005: Segretario Generale. Un ruolo non scontato per lei, non solo per il suo sesso, ma anche perché in barba al principio di rotazione, prende il posto di un altro irlandese, David O’Sullivan. E lo fa con decisione. “Ogni volta che si propone di avanzare con l’Europa sociale lei si mette di mezzo, è difficile negoziare con di lei, è molto potente”, riassume un funzionario della DG Affari sociali, che, chiaramente, preferisce l’anonimato.
Persona alla mano, grande lavoratrice e fervente sostenitrice del mercato interno, ma tostissima quando si prova ad alterare gli equilibri interni, quelli che vogliono che a comandare nella Commissione sia l’asse Barroso-Rehn, ossia, traducendo, un approccio basato sull’imposizione di un controllo e di un coordinamento eminentemente economico senza procedere verso le convergenze e il potenziamento delle politiche sociali tra i 28 stati membri. La sua mano, già ferrea, si è sentita di più in questi ultimi anni in cui la crisi ha accaparrato le attenzioni e le energie della Commissione in una serie di iniziative di controllo di bilancio e di smantellamento dello stato sociale che hanno fatto la felicità di Berlino, allungando gli effetti delle recessione nei paesi periferici.
La sua influenza non si ferma comunque qui. A inizio dicembre la Day era a capo del Comitato di consultazione psicoattitudinale che ha fatto fuori tutti i 5 candidati al posto di Garante Ue alla privacy. E dire che almeno due di loro, tra cui l’italiano Giovanni Buttarelli, era stato dichiarato abile ed arruolabile 5 anni fa (tanto da diventare vice-garante), invece ora tutti bocciati. “Una decisione inammissibile: quella del supervisore europeo è una figura imprescindibile in un momento in cui la protezione dei dati ha acquisito un’importanza senza precedenti”, accusa l’eurodeputato socialista spagnolo José Fernando Lopez Aguilar, Presidente della Commissione Libertà pubbliche del Parlamento Ue. Il motivo? “Probabilmente – spiega un diplomatico di uno dei 28 – qualche Stato membro, diciamo anglosassone, ma anche qualche paese terzo, diciamo d’oltreoceano, vuole un garante Ue debole e stanno facendo molte pressioni sulla Commissione perché vengano selezionati personaggi di calibro inferiore”. Catherine Day raccoglie la pressione.
Nel 2009, quando è stato messo in cantiere il gabinetto Barroso bis, il nome della Day era uscito tra quelli di possibile Commissaria irlandese, ma alla fine da Dublino venne scelta Maire Geoghegan-Quinn, e lei è rimasta dov’era, dove si conta sicuramente più di un Commissario. “Ha in mano la macchina della Commissione e tiene i rapporti con le altre istituzioni, è il perno che fa funzionare la burocrazia comunitaria”, spiega un altro diplomatico. Forse il suo turno in Commissione, come Commissaria, scoccherà a fine estate-autunno, quando verrà messo in cantiere il prossimo esecutivo comunitario. Per ora, lei che ama il trekking ed i concerti, non si è sposata e non ha figli, è contenta di quel che fa: “non ho una famiglia, ma non mi pesa – assicura in un’intervista all’European Voice – ho la fortuna di fare quello che mi piace (..) e ho avuto la fantastica opportunità di fare cose che mai avrei immaginato di fare quando studiavo nella biblioteca dell’University College di Dublino”.
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