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Sanzioni contro la Russia, contrasti tra Stati Uniti e Ue

Alla fine le annunciate nuove sanzioni per punire Mosca a causa della sua reazione al colpo di stato filoccidentale a Kiev sono arrivate. Ieri il governo di Washington ha annunciato di aver inserito nella lista nera sette funzionari russi, tra i quali il numero uno del colosso energetico Rosneft, Igor Sechin, e ben 17 imprese legate alla cerchia del presidente russo Vladmir Putin. 

Tra quelle sanzionate ci sono la banca Rossiya, le società dell’oligarca Gennady Timchenko, uno dei proprietari di Gazprom, e quelle dei fratelli Arkady e Boris Rotenberg, uomini di fiducia del presidente russo e amici d’infanzia di Putin.

Oltre a Sechin, nella lista nera entrano il vice capo dell’amministrazione del Cremlino Vyacheslav Volodin e il vice primo ministro Dmitry Kozak. L’annuncio del nuovo inasprimento dei rapporti con Mosca è stato fatto da Manila, dove il presidente statunitense era in visita per aumentare il controllo statunitense in Estremo Oriente in funzione anticinese e, indirettamente, anche antirussa. Obama ha anche deciso, ha informato l’inquilino della Casa Bianca, un giro di vite nei controlli sulle esportazioni verso la Russia di materiali cosiddetti “dual use”, che cioè possono essere utilizzati anche per scopi militari e non solo civili.
Anche i 28 Paesi che fanno parte dell’Unione Europea hanno trovato un accordo per imporre sanzioni ad altri 15 soggetti tra russi e ucraini facendo salire a 48 il numero di individui interessati dalle sanzioni europee. “Altre 15 persone responsabili di azioni che minano o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza saranno colpite con il divieto di ingresso e il congelamento dei loro beni nell’Unione europea”, si legge nel comunicato diffuso da Bruxelles. Ma si tratta di sanzioni più soft, come restrizioni nella concessione dei visti o il congelamento dei beni.
Provvedimenti simili sono stati adottati anche dal Canada nei confronti di due banche e di nove personalità russe. 

Apparentemente il fronte occidentale sembra compatto nell’escalation contro Mosca e contro alcuni esponenti della comunità russofona dell’Ucraina. Ma secondo molti analisti, e anche secondo il New York Times, in realtà Stati Uniti e Unione europea sarebbero in serio disaccordo sulle sanzioni e sul comportamento da tenere nei confronti di Mosca.

“Finora Obama ha scelto di restare vicino agli europei per mantenere un fronte indiviso – si leggeva ieri sul Nyt – anche a scapito di sanzioni più punitive e risposte più rapide alle provocazioni del Cremlino. Ma alcuni dentro e fuori l’amministrazione Obama sostengono che gli Stati Uniti dovrebbero agire unilateralmente, se necessario, secondo il presupposto che gli europei seguiranno”. Insomma Washington starebbe accelerando e inasprendo l’escalation commerciale e militare contro la Russia nel tentativo di condizionare le autorità dell’Unione Europea che non sono contrarie ad un aumento delle sanzioni, ma che vorrebbero seguire una linea più soft e graduale per non interrompere del tutto i rapporti con Mosca. E la differenza di approccio si è vista nel numero e nell’entità delle misure annunciate nelle ultime ore da Washington e da Bruxelles.
Anche perché molte aziende europee stanno cercando di minimizzare l’effetto delle sanzioni contro la Russia. D’altronde, scrive il New York Times, le banche e le aziende europee sono molto più esposte all’economia russa di quelle statunitense. I dati parlano da soli: gli scambi commerciali fra l’Unione Europea e la Russia nel 2012 erano pari a 370 miliardi di dollari, mentre quelli fra Washington e Russia ammontavano a soli 26 miliardi di dollari.
Secondo il quotidiano statunitense le importanti relazioni commerciali spingono le aziende europee a tentare di frenare le sanzioni e di bypassarle, «rendendo così difficile per i leader americani ed europei arrivare a un pacchetto di misure che possa influenzare il comportamento di Mosca in Ucraina». Dall’annessione della Crimea da parte della Russia, le compagnie energetiche, gli esportatori, i maggiori utilizzatori di gas naturale russo e gli investitori con quote in aziende russe hanno invitato alla cautela perché, a loro avviso, le «sanzioni non colpiscono solo la Russia ma anche l’Europa nel suo intero». 

Secondo gli analisti economici Mosca e i suoi alleati nel settore privato stanno conducendo una campagna separata per assicurarsi che le relazioni di lunga data esistenti con aziende europee siano mantenute anche nel caso in cui il Cremlino ordinasse una azione militare nelle regioni orientali dell’Ucraina.
All’ultima tornata di sanzioni il governo russo ha reagito preannunciando una «risposta dolorosa» ma in realtà ha puntato a sminuire l’effetto delle nuove misure punitive. Il numero uno di Rosneft, Sechin, ha ad esempio assicurato che le sanzioni «non danneggeranno le collaborazioni con i nostri partner stranieri». «Prendo gli ultimi passi di Washington – ha detto – come un apprezzamento per l’efficienza del nostro lavoro. Allo stesso tempo assicuriamo i nostri azionisti e i nostri partner, inclusi quelli americani, che questa efficienza non calerà e la nostra cooperazione non ne risentirà».
La multinazionale petrolifera Bp ha d’altronde già fatto sapere che ignorerà le sanzioni imposte a Sechin. il colosso petrolifero britannico ha affermato che non bloccherà gli affari in corso con i russi e ha confermato i suoi investimenti in Rosneft, di cui possiede circa il 20% del capitale.
Di fatto, secondo alcuni analisti europei e russi, le sanzioni statunitensi contro Mosca in realtà tenderebbero a penalizzare le multinazionali e le aziende dei paesi dell’Unione Europea, cercando di condizionarne l’espansione a vantaggio delle concorrenti statunitensi. 

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