Complotto, complotto!! I grandi poteri sovranazionali hanno brigato per far cadere Berlusconi nel 2011!
Scusate: dov’è la novità? Il giorno in cui fu costretto alle dimissioni – scrivemmmo già allora noi poveretti di un giornalino online appena agli inizi – lo spread tra Bund decennali tedeschi e Btp italiani era arrivato (fatto arrivare) a 575 punti (oggi è a 148). Una cappa di piombo sul debito pubblico del paese e quindi sull’esborso di interessi da pagare. Affinché il Caimano capisse bene il messaggio, o perché non gli venisse la tentazione di pensare che in fondo erano cavoli del paese e non suoi, in sole due ore il titolo Mediaset perse il 12% in borsa.
Silvio certe cose le capisce. Uscì dal bunker di palazzo Chigi con le mani alzate e le dimissioni firmate da consegnare a Napolitano. Gli imbecilli “di sinistra” intanto festeggiavano sotto al Quirinale, come fosse stata una loro vittoria e non una decisione dei “mercati internazionali”.
Bene. Cosa c’è di nuovo? Che Tim Geithner, a quel tempo ministro dell’economia per conto di Barack Obama ha scritto il solito libro di memorie in cui ricorda che «in quell’autunno, alcuni funzionari europei ci contattarono con una trama per cercare di costringere il premier italiano Berlusconi a cedere il potere; volevano che noi rifiutassimo di sostenere i prestiti Fmi all’Italia, fino a quando non se ne fosse andato». L’Amministrazione Usa, a suo dire, rifiutà di essere coinvolta nell’eventuale iniziativa (si era scritto spesso che Berlusconi fosse in realtà “l’uomo di fiducia” dell’America). Preferirono – dice Geithner – puntare su Mario Draghi per salvare l’ Eurozona. «Parlammo al presidente Obama di questo invito sorprendente; ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore in Europa, non potevamo coinvolgerci in un complotto come quello. “Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani”, io dissi».
Tutto qui. La “caduta” del Cavaliere andò in scena lo stesso e tutto il mondo – meno Renato Brunetta – se n’è fatto una ragione.
Più seria e grave – per degli osservatori seri delle cose del mondo – è l’ammissione di non aver capito nulla della crisi economica globale. Geithner, infatti, non era un “politico ciarlone”, ma uno degli uomini di punta della Federal Reserve (presidente della filiale di New York, non di una città del midwest), prima di diventare segretario del Tesoro.
Peggio. Ammette di non aver nemmeno visto arrivare la “crisi dei mutui subprime” e di non aver capito la gravità del problema fino a quando non è scoppiato. Il libro si intitola decisamente non a caso Stress Test. L’unica “rivelazione” vera riguarda il momento clou della crisi, ovvero il fallimento di Lehman Brothers. Ricostruendo quel giorno di settembre, da presidente della Fed newyorkese, Geithner rivela infatti per la prima volta divergenze su Lehman e ammette che lui avrebbe appoggiato un prestito della Fed a Barclays per acquistare la banca di investimento americana. Una cessione agli inglesi, dolorosa anche finanziariamente, ma che avrebbe salvato lo storico istituto di credito.
”Alla fine ritengo che la Fed avrebbe aiutato a finanziare un accordo con un possibile acquirente, e ritengo anche che Hank Paulson”, allora segretario al Tesoro, ”avrebbe appoggiato l’iniziativa a dispetto di quello che il suo partito avrebbe detto. Ma l’assistenza della Fed non avrebbe eliminato i rischi per Barclays e non avrebbe evitato il requisito di un voto degli azionisti. Non vedo come avrebbe potuto cambiare la posizione inglese” afferma Geithner, difendendo la strategia dell’amministrazione Obama durante la crisi.
Una ricetta ”non perfetta”, la definisce, che però ha ”evitato una nuova Depressione”: era ”l’opzione migliore e più ragionevole”.
L’unica cosa non smentita è dunque l’assoluta incapacità dei “controllori del mondo” dicontrollare la cosa più importante: l’evoluzione della crisi economia. Forse perché devono dar retta agli interessi dei privati più forti, anziché delle poche leggi funzionanti nella “scienza triste”.
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