Domenica scorsa non si è votato in Grecia solo per il primo turno delle elezioni amministrative. A Salonicco infatti, seconda città per popolazione ed importanza del paese, i cittadini hanno potuto esprimere anche il proprio parere sulla decisione presa dal governo di privatizzare l’Ente idrico e di svendere così l’acqua a qualche impresa privata, magari qualche multinazionale straniera, di quelle che negli ultimi anni si sono arricchite mettendo le mani, a prezzi stracciati, su un bene comune di fondamentale importanza.
La decisione era stata adottata dall’esecutivo di Atene nel 2011, all’interno del varo delle misure imposte dalla Commissione Europea, dalla Banca Centrale e dal Fondo Monetario in cambio del prestito alla Grecia di decine di miliardi di euro, costato ai lavoratori e ai pensionati, e in generale a tutta la società, anni di tagli, disoccupazione, sacrifici e impoverimento. L’esecutivo ellenico aveva all’epoca deciso la privatizzazione dell’EYATH, l’azienda statale che distribuisce l’acqua e gestisce la raccolta dei rifiuti per 1.5 milioni di abitanti del capoluogo macedone.
Nonostante le minacce del governo e del Ministero degli Interni che alla vigilia del voto, sabato, hanno dichiarato illegittima la consultazione minacciando ritorsioni per chi vi avesse preso parte in qualità di organizzatore, a partire dai sindaci, centinaia di migliaia di cittadini di Salonicco e dall’area circostante hanno risposto all’appello depositando la propria scheda nell’urna.
Il risultato del referendum è stato impressionante, con il 98% di ‘no’ alla decisione di svendere ai privati l’acqua pubblica. Un plebiscito frutto di una contrarietà trasversale dei cittadini, al di là della propria fede politica, nei confronti delle ricette della troika e degli escamotage del governo ellenico che, sfruttando la necessità di far cassa, vuole regalare a qualche grande impresa le risorse dei cittadini già rapinati da tasse, svendita del patrimonio pubblico e quant’altro.
Il risultato di Salonicco è importante per diversi motivi: perché è il risultato di un atto di disobbedienza di massa al governo ellenico e alle imposizioni dell’Unione Europea e perché all’acquisto dell’azienda idrica non si è dimostrata interessata solo la multinazionale francese Suez, ma anche l’azienda israeliana Mekorot, sotto boicottaggio in tutto il mondo perché artefice del furto di acqua nei confronti dei palestinesi e della loro condizione di apartheid.
Forti di processi simili avvenuti nel resto d’Europa – ad esempio in alcune città italiane – i promotori dell’iniziativa hanno denunciato, attraverso una campagna capillare e di massa, che la privatizzazione porterà ad un peggioramento del servizio, ad un aumento delle tariffe, ad un taglio dell’organico nell’azienda e ad un peggioramento delle condizioni di lavoro. Argomenti che hanno fatto breccia, visti i risultati.
Anche se il governo Samaras ha fatto sapere che il risultato della consultazione di ieri non ha alcun valore legale (anche perché la legge prevede che i referendum sulle politiche del governo sono validi solo se accompagnati da decreto presidenziale o da una consistente maggioranza parlamentare), il messaggio arrivato dai cittadini di Salonicco è forte e chiaro. Così come è chiaro l’orientamento contrario della stragrande maggioranza della popolazione ellenica rispetto al diktat della privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici più in generale. Ora è atteso il parere del Consiglio di Stato che deve esprimersi sulla costituzionalità della privatizzazione di EYATH, anche se il governo anche in virtù del risultato del referendum di domenica potrebbe accelerare l’iter di svendita dell’ente per mettere gli organi giudiziari ed un eventuale nuovo governo futuro di fronte al ‘fatto compiuto’.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa