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Samba e martello: il mondiale in Brasile

Piccola guida al torneo che comincia la settimana prossima, tra conflitti sociali ed epica del pallone

Tra scandali che ormai non fanno più notizia e proteste in strada che da queste parti si presentano sotto la forma di sensi di colpa da espiare a mezzo Facebook, stanno per cominciare i mondiali in Brasile. Se come diceva Pasolini «il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo», la coppa del mondo è un giubileo. Si comincia il 12 giugno con un Croazia – Brasile: occhio ai televisori in saldo nei centri commerciali.

Finita una campagna elettorale che ha avuto i toni tipici del bar dello sport, con gli elettori che si sono trasformati in tifosi (grave errore: il calcio è una cosa molto seria), arriva il magic moment in cui l’Italia diventa una grande riserva di allenatori. Anzi, la diatriba è già cominciata con l’esclusione di Giuseppe Rossi dai 23 convocati di Prandelli. Il problema, qui, però non è di natura tattica, ma, per così dire, affaristica, o meglio, politica: se Rossi avesse giocato nella Juve, in Brasile ci sarebbe andato sicuramente. Il gioco del pallone è soprattutto questo, altrimenti, perché secondo voi Bonucci è ancora titolare in difesa, malgrado tutto?

Sulla carta, i favoriti per la vittoria finale sono i padroni di casa. Qui non è solo una questione politica legata al fatto di essere la nazione ospitante: il Brasile appare davvero uno squadrone che macina gol e gioco. Certo, poi, inevitabilmente, le autorità brasiliane utilizzerebbero un’eventuale vittoria per cercare di placare le proteste (l’ultima a San Paolo dove uno sciopero dei lavoratori della metropolitana ha paralizzato la megalopoli). Insomma, se è vero che a pensar male si fa peccato e che, ad ogni buon conto, la palla è rotonda, se i verdeoro dovessero alla fine vincere la coppa, non ci sarebbe granché di cui stupirsi.

Arrivano bene al mondiale anche l’Argentina e l’onnipresente Germania. Immediatamente dietro, la Spagna, che rimane il solito esercito di palleggiatori e giocolieri ma che, nelle ultime prove, ha mostrato un po’ di stanchezza. D’altra parte, dopo aver vinto due europei e un mondiale in fila, una nuova affermazione sarebbe davvero clamorosa. In seconda fascia, le nazionali per così dire ‘storiche’, quelle che magari sono partite per il Brasile senza una grande formazione, ma che continuano a incutere timore, forse più reverenziale che altro. In questa categoria troviamo l’Italia, l’Inghilterra, la Francia e l’Olanda. Una di queste quattro potrebbe arrivare in semifinale, per il titolo poi servirà quella dose di fortuna che tradizionalmente accompagna ogni vincitore.

Tra scommettitori ed espertoni da bar, poi, c’è la grande ricorsa al ‘dark horse’ di questo mondiale. Dicesi ‘dark horse’ la squadra che sovverte i pronostici e arriva parecchio in alto: come l’Uruguay nel 2010, il Senegal nel 2002, la Romania o la Danimarca negli anni ’90. Va detto che internet e la valanga di informazioni a portata di mouse hanno fatto molto, forse troppo, per togliere l’aura magica intorno a questa discussione. Nel senso: è universalmente noto che il Belgio si presenterà ai mondiali con una squadra di mezzi fenomeni. Sarebbe davvero così stupefacente se facessero un grande mondiale? Stesso discorso per l’Uruguay: da quattro anni si afferma su livelli importanti, un nuovo exploit potrebbe essere definito un miracolo?

Noi, per il poco che sappiamo, diciamo che il nostro ‘dark horse’ è la Bosnia, unica nazionale esordiente di questo campionato del mondo. Il rischio è grande: come spesso accade alle squadre della ex Yugoslavia, può arrivare la prestazione memorabile (la Croazia, terza a Francia 98) o il fallimento completo. Mettiamoci pure che i bosniaci stanno in un girone non facilissimo (con Argentina e Nigeria, oltre all’Iran materasso) e allora la scommessa è lanciata: se passano il primo turno, diventano una mina vagante.

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