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Iraq, centomila cristiani in fuga dalle milizie jihadiste

Le milizie jihadiste affiliate allo Stato Islamico e ad altre fazioni estremiste hanno conquistato Qaraqosh, la principale città cristiana dell’Iraq, e le zone circostanti, e così com’era avvenuto nei giorni scorsi nelle località curde occupate sono iniziate le persecuzioni nei confronti delle minoranze etniche e religiose. I fondamentalisti sunniti avrebbero ucciso alcuni uomini, avrebbero rimosso le croci dalle chiese e bruciato centinaia di antichi manoscritti finora conservati nei monasteri.

“Al momento so che le città di Qaraqosh, Tal Kayf, Bartella e Karamlesh sono sotto il controllo dei miliziani dopo che la popolazione è fuggita”, ha raccontato Joseph Thomas, arcivescovo caldeo di Kirkuk e Sulaimaniyah. “E’ una catastrofe, una situazione tragica. Chiediamo l’immediato intervento del Consiglio di sicurezza dell’Onu” ha chiesto Thomas attraverso le agenzie di stampa dalle quale è stato contattato.
Diversi abitanti contattati dalla France presse hanno confermato che tutta la zona nel nord dell’Iraq, dove risiede la maggior parte della comunità cristiana del paese, è finita sotto il controllo dei jihadisti.
Secondo il patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Raphael I Sako i cristiani sfollati in Iraq a causa dell’avanzata dei jihadisti del cosiddetto ‘Califfato islamico’ nel nord del paese sarebbero addirittura già 100 mila. “Ci sono 100.000 cristiani sfollati che sono fuggiti senza portare via niente, solo con gli abiti che avevano indosso, alcuni di loro a piedi, per raggiungere il Kurdistan”, ha denunciato alla France presse il patriarca, secondo il quale “il governo non è in grado di difendere la nostra gente e neanche il governo curdo. Loro devono collaborare, ricevere il sostegno internazionale e attrezzature militari moderne (…) Spero non sia troppo tardi per scongiurare un genocidio”.
Intanto centinaia di persone appartenenti alla comunità yazida irachena hanno raggiunto la Turchia dopo essere state costrette a fuggire dall’avanzata dei jihadisti, mentre altre decine di migliaia di loro stanno cercando di fuggire in territorio curdo per cercare la protezione dei peshmerga.
“Riusciamo ancora a inviare medicine all’ospedale di Mosul e in altre zone controllate dallo Stato islamico, ma i negoziati per mantenere aperti i corridoi umanitari sono sempre più difficili” racconta all’agenzia Misna Saleh Dabbakeh, capodelegazione del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) in Iraq. Tornato solo dieci giorni fa da Bartella, una delle cittadine cristiane a nord di Mosul appena caduta nelle mani dei ribelli sunniti. “La gente era già spaventata – ricorda Dabbakeh – perché la linea del fronte distava appena 15 o 20 chilometri; una distanza che è stata azzerata e che rischia di risucchiare anche la città petrolifera di Kirkuk”. 

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