Il due maggio scorso a Odessa, città nel sud dell’Ucraina attraversata nei giorni precedenti da violenti scontri tra antifascisti e membri delle organizzazioni ultranazionalisti, decine di persone morirono nell’incendio della Casa dei Sindacati assaltati dai fascisti di Settore Destro e di altre sigle di estrema destra. L’edificio venne incendiato a colpi di molotov dopo che al suo interno si erano rifugiati sindacalisti, attivisti di varie organizzazioni di sinistra e attivisti antifascisti, aggrediti dagli energumeni di Pravyi Sektor che poco prima avevano assaltato un accampamento che protestava contro il golpe filoccidentale andato in scena a febbraio a Kiev.
Il bilancio ufficiale di quella giornata parla di 48 morti ma secondo molte fonti le vittime sarebbero state molte di più: alcune di loro bruciate vive dopo esser state stuprate o torturate dai fascisti, altre giustiziate.
A distanza di mesi da quella tragedia completamente ignorata dai media e dai governi occidentali emerge ora un nuovo particolare inquietante. Nei giorni scorsi, infatti, il sito di informazione Odessa Dumskaya ha trovato e pubblicato alcune registrazioni delle chiamate telefoniche realizzate ai servizi di emergenza dagli attivisti intrappolati nella Casa dei Sindacati. E, incredibilmente, si scopre che i pompieri arrivarono dopo ben 38 minuti dalla prima chiamata realizzata alle 19.31. Ascoltando le registrazioni si scopre anche che gli operatori del centralino dei servizi di emergenza di fatto fecero di tutto per ritardare i soccorsi, anche quando a chiamare erano cittadini della zona o addirittura agenti di polizia e non gli odiati ‘filorussi’ che intanto morivano a decine in conseguenza dell’incendio o sotto i colpi degli ultranazionalisti ucraini. Di fatto gli operatori del centralino attesero decine di telefonate e ben 25 minuti – alle 19.56 – dal primo avviso di incendio per allertare una squadra di pompieri. Una sola, e quindi non sufficiente a controllare il rogo, che arriverà dopo altri 13 minuti, nonostante il fatto che la stazione dei Vigili del Fuoco più vicina si trovava a poche centinaia di metri dall’edificio assaltato e in fiamme.
Dopo l’eccidio il comandante del servizio di protezione civile della regione di Odessa, Vladímir Bodelan, venne licenziato ma poi, alla fine di luglio, il tribunale della città lo ha riammesso al suo incarico.
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