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Ucraina. Sfuma il cessate il fuoco, i Democratici Usa: “armi a Kiev”

Cessate il fuoco sì, cessate il fuoco no… ieri la stampa occidentale dava per certa la fine dei combattimenti tra truppe ucraine e insorti del Donbass dopo la telefonata ‘distensiva’ tra Vladimir Putin e Petro Poroshenko che avrebbero concordato sulla necessità di mettere fine allo spargimento di sangue nelle regioni orientali dell’ucraina dove le milizie popolari hanno inflitto dure sconfitte all’esercito di Kiev in ritirata su tutti i fronti. 

Poco dopo è spuntato anche un ‘Piano Putin’ in sette punti, spiegato dallo stesso capo del Cremlino ai giornalisti alla vigilia di un vertice Nato tutto dedicato ad una aggressiva strategia antirussa.
Per il capo di stato russo intanto entrambe le parti dovrebbero cessare ogni ostilità, poi “ritirare le unità armate delle strutture di sicurezza ucraine, precludendo la possibilità di sparare con artiglieria e con tutti i tipi di lanciarazzi. Terzo, prevedere l’attuazione di un controllo internazionale, completo e imparziale” istituendo una zona di sicurezza. “Quarto: escludere l’uso di aerei militari contro i civili e gli insediamenti umani nella zona di conflitto”. Poi ancora “organizzare la liberazione degli ostaggi “. Infine “aprire corridoi umanitari per il movimento dei profughi e la consegna di aiuti umanitari per le città e cittadine del Donbass, Donetsk e Lugansk. E fornire la possibilità di inviare alle località colpite nel Donbass squadre di riparazione per ripristinare le infrastrutture distrutte” nei combattimenti e nei bombardamenti.
Un piano tutto sommato pragmatico ed equilibrato, che secondo Mosca potrebbe portare Kiev e la Novorossija (senza la Russia che, ha tenuto a precisare Putin, non è parte in causa nel conflitto) ad accordarsi già domani nell’ambito del previsto meeting del gruppo di contatto.
Ma gli entusiasmi di chi pensava che la crisi fosse risolta sono stati presto frustrati. Intanto dal primo ministro ucraino, il liberal-nazionalista Arseni Yatseniuk, secondo il quale la road map esposta da Putin sarebbe un bieco tentativo da parte della Russia di imbrogliare la comunità internazionale per evitare nuove sanzioni nei confronti di Mosca che l’Ue si appresta a decidere. Yatseniuk ha anche detto che l’unico piano da adottare dovrebbe presupporre esclusivamente il ritiro delle truppe russe – la cui presenza però neanche Washington si azzarda a confermare – e delle ‘milizie separatiste’ dai territori orientali del paese. Il capo della Giunta di Kiev ha poi concluso accusando il presidente russo di voler “eliminare l’Ucraina e restaurare l’Unione Sovietica” e insistendo con la Nato e l’UE affinché intervengano per “fermare l’aggressore”. Dichiarazioni di fuoco che suonano come una smentita rispetto alle buone intenzioni proclamate poco prima dal presidente Poroshenko e che non lasciano presagire una soluzione negoziale della guerra civile in corso in Ucraina.
Nel corso della giornata di ieri anche Barack Obama si è detto scettico sul cessate il fuoco in Ucraina affermando di ritenere che sia ancora “troppo presto” per pronunciarsi sull’argomento. Una formula eufemistica per affermare che la guerra deve continuare. D’altronde l’inquilino della Casa Bianca era atterrato ieri a Tallin, in Estonia, per assicurare alle Repubbliche Baltiche il pieno sostegno di Washington – anche militare – contro Mosca. Gli Stati Uniti – ha assicurato Obama – intendono rafforzare la propria presenza militare nei Paesi Baltici aumentando la presenza di truppe e caccia nella base aerea estone di Amari, dove sono già dispiegati 150 militari Usa.
In patria Barack Obama è pressato non solo dall’opposizione repubblicana, ma anche dai democratici che stanno facendo pressioni affinché gli Stati Uniti inviino ingenti stock di armi al regime nazionalista ucraino nel tentativo di bloccare l’avanzata delle milizie popolari nel sudest del paese. Finora l’’amministrazione Obama ha respinto questa misura, anche se in realtà di armi statunitensi a Kiev ne sono arrivate finora parecchie, anche se in maniera abbastanza discreta. Ma il parlamento di Washington scalpita e vuole un intervento più deciso a fianco del governo filoccidentale che si è impossessato del potere a febbraio grazie a un colpo di stato. “Abbiamo mandato aiuti non letali all’Ucraina. Credo sia opportuno alzare il livello di questi aiuti, per fare in modo che abbiano una maggiore capacità di resistere alle incursioni russe e rendere più faticosa l’avanzata di Putin in Ucraina” ha tuonato Adam Smith, il leader della pattuglia democratica nella commissione dei Servizi armati della Camera. “Credo che dovremmo essere più energici nel sostenere il governo ucraino” ha aggiunto, allineandosi, come altri democratici, alle posizioni più aggressive sostenute da tempo dai repubblicani. La stessa posizione è stata espressa dal collega che guida la stessa commissione in Senato, il democratico Carl Levin, che si è detto favorevole all’ipotesi di fornire munizioni e missili terra-aria all’Ucraina, naturalmente solo “per difesa”. “Migliaia di soldati russi sono lì e sono direttamente impegnati in un’invasione” ha aggiunto Levin, “non sono ribelli separatisti, si tratta di un’invasione”.
Vedremo cosa deciderà la Casa Bianca già tra oggi e domani; tutto dipenderà dalla disponibilità dei partner dell’Alleanza Atlantica che comunque finora non si sono dimostrati affatto restii ad una escalation militare nei confronti di Mosca contro la quale la Nato dovrebbe varare una forza di reazione rapida, l’apertura di cinque nuove basi militari nell’Europa Orientale e Settentrionale e vaste esercitazioni militari anche in territorio ucraino. Con la partecipazione, si è già saputo, di alcune centinaia di soldati statunitensi e anche – non ci facciamo mancare niente – di 90 militari italiani.
Intanto gli oligarchi al potere a Kiev, intimoriti dai continui rovesci militari e dall’arrivo dell’inverno, hanno affermato ieri per bocca del solito Yatseniuk di voler costruire un muro al confine con la Russia. 
L’oscena proposta – si parlò all’epoca di una barriera di filo spinato attraversata dall’alta tensione, di un fossato e di mine aintiuomo – era già stata lanciata qualche tempo fa dall’oligarca Kolomojskij, finanziatore di alcuni dei battaglioni di estrema destra la cui retorica eroica è stata messa a dura prova nei giorni scorsi negli scontri con le milizie popolari a Ilovaisk e Donetsk. Il fatto che sia stata rilanciata dal primo ministro indica che non si trattava di una boutade passeggera.

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