L’Unione Europea ha già archiviato le strombazzate paure per la crescita dell'”euroscetticismo” e prosegue demente verso l’aggravamento della recessione economica.
A guardare i curriculum dei “ministri” entrati a far parte della Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, infatti, appare solare il dominio totale degli uomini e delle donne indicati dai “rigoristi” di Bundesbank e Berlino.
Il socialista francese Pierre Moscovici, ex ministro dell’economia di Hollande, ha certamente ottenuto il portafoglio degli Affari economici, come pretendeva il cosiddeto “Partito socialista europeo” (sulla cui natura attuale conviene dimenticare ogni riferimento ideologico e leggere magari qui). Ma persino i lanci di agenzia più ufficiali lo descrivono come “un commissario commissariato”, guardato a vista da ben due capi a cui dovrà rendere conto di ogni scelta e che avranno potere di veto sulle sue decisioni. Si tratta del finlandese Jyrki Katainen e del lettone Valdis Dombrovskis, due avversari assoluti finanche della “flessibilità” imlorata da Renzi e Hollande. Una dimostrazione ulteriore dell’impermeabilità dell’Unione Europea a qualsiasi interesse economico sociale diverso dal capitale multinazionale.
C’è da dire che anche gli osservatori più vicini alla logica della Ue hanno dovuto registrare il secco restringimento dei poteri di tutti i “commissari”. Tendenzialmente, insomma, ognuno dei presunti “ministri” dovrà semplicemente eseguire e predisporre il funzionamento di decisioni prese in altra sede. Ma non viene detto quale, visto che persino il consiglio dei primi ministri ha un potere limitato.
Juncker ha voluto, l’olandese Frans Timmermans, nominato ‘primo vicepresidente’, che potrà supervisionare l’azione di tutti i commissari “semplici”, mettendo bocca ed esercitando eventualmente il veto in tutti i dossier. Si tratta di una verticalizzazione del potere che avvviene all’interno di una istituzione già abbondantemente al riparo da qualunque ingerenza “dal basso”. Segno che le tensioni provocate dalla crisi economica, che ha costretto anche paesi “pesani” comel’Italia e soprattutto la Francia, a chiedere “meno austerità e più politiche per la crescita”, non verranno mediate all’interno della Commissione ma “risolte” in altra sede e qui soltanto riportate.
Ci sono infatti ben altri sei vicepresidenti, compresa la Mogherini, con poteri di suerviosne di tuti gli altri commissari. Insomma, il vero e proprio “governo” sembra fatto da Juncker e sette vice (con deleghe di supervisione sui singoli temi), mentre i commissari veri e propri sono ridotti al rango di “sottosegretario”.
L’idea, spiegano a Bruxelles, è quella di dividere i ‘team leader’ dai semplici ‘team player’, o giocatori. I ‘team leader’ fanno da filtro e così, all’ordine del giorno, finiranno solo le iniziative considerate “davvero importanti”. Ma non si dice chi è che stabilirà la graduatoria di importanza (certo neanche Juncker, che fino all’ultimo non è stato sicuro di assumere la presidenza).
Un commissario può quindi anche essere controllato da diversi vice, proprio come nel caso di Moscovici. Uno dei suoi “capi” sarà il lettone Dombrovskis, ex premier, vicepresidente responsabile per “l’Euro e il dialogo sociale” (anche a Bruxelles è di moda prendere in giro il mondo, dando agli incarichi istituzionali nomi in contrasto assoluto con lo scopo dichiarato). E’ lui che supervisionerà il “Semestre europeo”, cioè le scadenze sui conti pubblici, le raccomandazioni ai Paesi e l’applicazione delle regole della governance economica. Quindi anche dell’eventuale – ma sempre più improbabile – “flessibilità” rispetto alla disciplina di bilancio.
C’è infatti il suo curriculum a parlare per lui. Dombrovskis, come premier del suo paese, ha gestito il piano di salvataggio della Lettonia, condizionato a riforme durissime e austerità senza precedenti pur di portarla nell’euro (vi entrerà a gennaio 2015, e ne vedremo immediatamente le conseguenze). Un vero cerbero, insomma, al servizio dell’Unione Europea in versione Bundesbank.
Il secondo capo di Moscovici è Katainen, il giovane ‘falco’ finlandese nominato vicepresidente al “Lavoro, crescita e investimenti” (si sarebbe potuto chiamare “disoccupazione, deflazione e sperindio”, ma sarebbe apparso un incarico poco allegro). E’ nelle mani di Katainen dunque anche il compito di disegnare e applicare il piano di investimenti da 300 miliardi che lo stesso Juncker ha proposto per “dare una spinta alla crescita”. Piano che però sembra già ora finito nel tritacarne delle obiezioni di Berlino (che ne dovrebbe essere anche il primo contributore).
Il finlandese controllerà anche i commissari al lavoro (la belga Marianne Thyssen), ai servizi finanziari (il britannico Jonathan Hill), all’industria (la polacca Elzbieta Bienkowska), all’economia digitale (il tedesco Gunther Oettinger), al clima (lo spagnolo Miguel Canete) e ai trasporti (lo slovacco Maros Sefcovic). Insomma, saranno anche tutti commisari “garantiti”, ovvero selezionati negli anni in base al loto taso di fedeltà al rigorismo liberista, ma è sempre meglio farli tenere sotto controllo da qualcuno più determinato e “fedele nei secoli”.
Dimenticavamo: questa sarebbe la “democrazia europea” che bisognerebbe esportare anche con le armi…
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