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La posta in gioco nelle elezioni politiche francesi

Domenica 19 giugno si vota per il secondo turno delle elezioni politiche in Francia, ad una settimana di distanza dal primo turno.

Ensemble, come è stata ribattezzata la coalizione della maggioranza governativa, è arrivata in testa (al primo turno) in poco più 200 circoscrizioni, mentre la NUPES – la coalizione della sinistra radicale che raggruppa gli insoumise.es, il “polo ecologista”, i comunisti del PCF ed i socialisti del PS – è arrivata prima in poco meno di 200, ottenendo comunque la maggioranza totale dei voti e l’elezione di ben quattro deputati, di cui 3 deputate.

In numeri assoluti si tratta di appena 60 mila voti in più, sommando i voti delle singole formazioni che compongono la NUPES, rispetto al primo turno delle elezioni politiche del 2017, ma è chiaro che sia riuscita a compattare le preferenze di quel variegato “popolo di sinistra”, che ha una certo peso in Francia, nonostante un’astensione superiore al 50% degli aventi il diritto di voto.

Al di là dei numeri, comunque importarti, è riuscita ad egemonizzare il dibattito su alcuni temi rilevanti, mettendo la questione sociale e quella ecologica al centro, articolando un programma di rottura con il neo-liberismo in 650 punti.

LA NUPES, soprattutto, ha veicolato le speranze di cambiamento di una parte importante di un blocco sociale significativo per cui “fine mese e fine del mondo”, sono parte della stessa lotta, per riprendere un slogan efficace dei gilet jaunes.

In sintesi ha imposto un cambio di paradigma, offrendo una alternativa credibile al fallimento del neo-liberismo e che non fosse quello reazionario della Le Pen, di Zemmour, e della varia “fascisteria” d’oltralpe che dimostra di avere uno zoccolo duro di consensi, in progressione.

Una Francia con tre visioni del mondo non solo differenti, ma antitetiche, sebbene legittimamente Mélenchon in questo secondo turno ha fatto appello anche a chi ha votato RN non per convinzione ideologica, ma per rabbia anti-establishment: fachés ma pas fachos

Un cambio di paradigma basato sulla pianificazione della transizione ecologica, sulla necessità del ripristino di un welfare state ed in generale sulla regia pubblica dei processi di trasformazione progressisti, sia per ciò che concerne sia le garanzie sociale che i diritti civili, ed in primis misure di urgenze sociale: blocco dei prezzi, aumento del salario minimo, introduzione di forme di indennità sociali per i giovani, finanziamento a scuola e sanità…

L’ho ha fatto con un programma condiviso e articolato, frutto di un “cervello politico collettivo” in grado di fornire una sintesi politica credibile e quindi di una rappresentanza adeguata.

Queste elezioni si giocheranno sulla capacità di portare alle urne quelle porzioni di popolazione che si sono astenute.

Una scelta, quella dell’astensione – stando alle indagini che hanno studiato in profondità il fenomeno – che ha molto poco a che fare con il qualunquismo e la rassegnazione, ma più con un disincanto rispetto ai meccanismi di funzionamento della democrazia francese nell’esprimere la volontà generale della popolazione; e quindi nella sfiducia nella politica istituzionale come “cerniera” tra la società civile ed i decisori politici.

L’astensione, quindi, non è stato sinonimo di “rifiuto della politica”.

Nel primo turno l’effetto moltiplicatore della coalizione della sinistra radicale ha reso possibile il raddoppio dei candidati (385 contro 146 nel caso cui le singole formazioni avessero scelto di presentarsi singolarmente) che sfideranno soprattutto quelli della coalizione governativa neo-liberista Ensemble! del rieletto presidente Macron in 283 circoscrizioni.

In misura minore – una sessantina – i candidati della NUPES sfideranno quelli dell’estrema destra del Rassemblement National di Marine Le Pen, senza che ci sia stata una chiara indicazione da parte dei macronisti contro l’estrema destra.

Il “calcolo elettorale” neoliberista ha prevalso quindi sull’appello ai valori del “fronte repubblicano”; ossia proprio quelli che erano stati invocati per sbarrare la strada, per la seconda volta, a Marine Le Pen al ballottaggio presidenziale.

Solo in pochi casi la NUPES affronterà i gollisti di LR, oppure i colleghi i “dissidenti” delle formazioni politiche che non hanno aderito alla NUPES; gente a cui è difficile non dare l’appellativo di “utili idioti” di Macron.

Tre sono gli scenari che si posso prefigurare:

Il primo è quello di una maggioranza assoluta ottenuta dalla coalizione governativa, il che permetterebbe all’esecutivo in carica di governare senza avere bisogno di voti di altre formazioni, o di “transfughi” disposti a cambiare casacca e passare sul carro dei vincitori.

Un’ipotesi poco probabile ma non impossibile, visto il relativamente limitato numero di candidati di Ensemble giunti al secondo turno, e lo scarso margine nella forchetta dei candidati teoricamente eleggibili rispetto a quelli necessari.

In ogni caso, con ogni probabilità non ci si troverebbe più di fronte ad una “Assemblea playmobile”, considerato il numero di candidati della NUPES.

Questo darebbe maggiori possibilità ad un inter-gruppo parlamentare della NUPES di svolgere quella funzione di “delegato politico”  delle istanze che sono emerse negli anni da differenti movimenti sociali, e quelle che stanno affermandosi sempre più rispetto al disastro climatico, alle urgenze sociali ed al perdurante deficit democratico.

Anche in caso di maggioranza assoluta della coalizione marconista, verrebbe insomma ridata centralità al Parlamento, considerato che in precedenza il primo partito d’opposizione a Macron – che ha goduto della maggioranza assoluta per 5 anni – erano i gollisti, non proprio inclini a far le barricate, specie sui temi loro affini.

La polarizzazione della società francese non troverebbe un modo di equilibrarsi nella rappresentanza politica attraverso una “coabitazione” tra Macron e Mélenchon, con una probabile pressione sociale incalzante nei confronti di Presidente ed esecutivo, riproponendo una situazione di conflitto sociale permanente ma in questo caso con uno strumento politico-organizzativo più unitario che in passato.

Il secondo scenario è quello di una maggioranza solo relativa ad Ensemble. Questo costringerebbe Macron a trovare alleati che lo sostengano, appoggiandosi con ogni probabilità ai gollisti che, sebbene ridimensionati al primo turno, potrebbero ritrovare la centralità cui sono abituati trovando una formula di sostegno all’esecutivo che ha differenti variabili.

Questo supporto a Macron potrebbe rivelarsi problematico nel lungo periodo, relativizzandone ulteriormente l’identità politica, e penalizzandoli in termini di consenso, considerato che LR rimane ancorato attualmente soprattutto a logiche clientelari a livello locale.

Uno scenario che aumenterebbe le difficoltà di gestione del potere da parte di Macron, replicando comunque alcune caratteristiche del primo scenario, con un inter-gruppo della NUPES che potrebbe incalzare un esecutivo “in ostaggio” di gruppi a lui esterni, non proprio inesperti, che potrebbero anche lasciare la barca che affonda.

Il terzo scenario è quello di una maggioranza della NUPES. Il presidente dovrebbe nominare – è però solo una consuetudine politica, non un obbligo costituzionale – il Primo Ministro tra chi ha ottenuto più deputati.

Si tratterebbe cioè di una coabitazione inedita perché antitetica, nella filosofia di fondo, tra l’azione l’azione di Macron e quella di Mélenchon. E se è stato più volte detto dal leader della NUPES che la Francia in politica estera dovrebbe parlare con una sola voce, dopo un approfondito dibattito parlamentare, in caso di disaccordo, sulla politica interna si aprirà tutt’altro ordine di discorso.

La coalizione della sinistra radicale è intenzionata a realizzare il proprio programma anche se cozza con le disposizioni dell’Unione Europea, aprendo quindi un contenzioso in cui cercherebbe di giocare tutto il suo peso politico-economico nell’edificio continentale.

Un aspetto molto interessante, tenuto conto che la NUPES ha più volte sostenuto che per governare ha bisogno della mobilitazione popolare che lo sostenga contro chi vorrebbe annichilire od ostacolare i suoi progetti di trasformazione sociale.

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