Continua il lungo viaggio della carovana antifascista verso il Donbass. Siamo sul pullman da questa mattina per raggiungere Donetsk russa (sul confine con la Novorossjia), a circa 200 chilometri dall’omonima capitale di una delle due Repubbliche Popolari della Novorossjia.
Il viaggio è molto lungo e solo all’alba o poco prima arriveremo alla nostra destinazione dove, dopo qualche ora di sonno si aprirà un nuovo capitolo per il nostro viaggio.
Nonostante la stanchezza per le 15 ore di tragitto (e mentre scriviamo ne mancano almeno ancora tre!), restano negli occhi e nel cuore le immagini delle soste che abbiamo fatto fino a qui, in cui siamo stati accolti ed accompagnati. Ci siamo fermati in diversi punti per salutare compagni locali e per caricare sui camion del convoglio umanitario altri beni di prima necessità da portare alle popolazioni dell’est dell’Ucraina.
Ad ogni sosta i compagni della Banda Bassotti hanno suonato alcune canzoni di resistenza italiane e russe che abbiamo cantato tutti insieme in un simbolico abbraccio internazionalista. Abbiamo ricevuto una torta di benvenuto dagli abitanti di Tula e calorosi ringraziamenti da tutti gli altri.
Sappiamo già che non si terrà il previsto concerto della Banda a Rostov sul Don e molte cose sono ancora da definire, ma a questo penseremo domani. Per il momento resta la convinzione di essere parte di qualcosa di importante per rompere l’isolamento politico e mediatico della resistenza del Donbass.
Ognuno di noi si porta dietro una storia e le lunghe ore di viaggio si trasformano in un confronto politico continuo. La curiosità per ciò che sta succedendo nei nostri paesi di provenienza e i motivi che ci hanno spinto ad unirci alla carovana sono tutt’altro che banali e scontati. Fili che si intrecciano e visioni che si confrontano, scanditi da canzoni.
In uno di questi momenti abbiamo avuto l’occasione di ascoltare la storia di R., uno dei membri della carovana della delegazione proveniente dalla penisola iberica. La sua storia ci ha colpito particolarmente perchè racconta molto di cosa sta accadendo ora nel Donbass. R. ha 33 anni, è un lavoratore precario di Madrid, e lo scorso agosto ha deciso di lasciare i suoi amici e compagni e andare a supportare la popolazione di Lugansk nella sua lotta contro l’aggressione del governo di Kiev e dei battaglioni nazisti. Agosto è stato probabilmente il mese più difficile dallo scoppio del conflitto. Iniziato con un’offensiva delle forze golpiste e nazifasciste, che a tratti aveva lasciato presagire perfino l’imminente caduta delle due città roccaforti della resistenza Lugansk e Donetsk, e terminato con la controffensiva delle milizie popolari che ha costretto le forze golpiste e i suoi protettori, gli USA e l’UE, a trattare freneticamente per un cessate il fuoco. R. si è fermato a Lugansk per tutto il mese di agosto testimoniando con i propri occhi le violenze perpetrate dalle truppe di Kiev e dai nazifascisti. Bombordamenti contro popolazioni inermi seguiti da repentine ritirate, finalizzate unicamente a mietere più vittime possibile e a terrorizzare la popolazione civile, evitando lo scorso frontale con le milizie, sono stati una prassi consueta in particolare dei battaglioni di volontari nazisti. Una volta tornato in Spagna, R. non ha potuto e voluto tenersi per se tutto il sangue e la violenza di cui per un mese è stato testimone. Ha deciso di continuare ad agire anche se in altre forme. Da settembre, in costante contatto con i governi delle repubbliche popolari e con attivisti presenti in Donbass, sta raccogliendo materiale e documentazione sulle violenze di cui è stato testimone per presentare alla Audienci Nacional una richiesta di incriminazione per crimini contro l’umanità per Poroshenko, il presidente del governo golpista di Kiev.
Per un macabro scherzo del destino, proprio in questi giorni in cui R. sta tornando nel Donbass per ricevere dal governo delle repubbliche la documentazione necessaria per avviare la procedura legale, emergono le notizie del ritrovamento di tre fosse comuni nei pressi di Donetsk. Uno di quei battaglioni responsabile di questo scempio, forse quello che si è macchiato finora dei crimini più efferati, il battaglione Donbass, comandato da un certo Semyon Semyonchenko (chiaramente uno pseudonimo), che proprio oggi ha fatto ritorno da un lungo viaggio negli USA dove ha “avuto incontri proficui con senatori democratici e repubblicani” che gli hanno garantito il supporto finanziario e militare degli States. Con questo gesto gli USA, spalleggiati dall’UE, mostrano in che modo cercheranno di garantire la risoluzione del conflitto nel Donbass, attraverso il supporto dei nazisti e le violenze efferate contro la popolazione civile e i resistenti.
Dalla carovana antifascista
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