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Donbass: scoperte altre fosse comuni, aperta indagine per genocidio

Nove soldati ucraini e almeno quattro civili uccisi, e un numero imprecisato di miliziani delle repubbliche popolari. E’ questo il bilancio provvisorio dei combattimenti nell’Ucraina orientale dove il cessate il fuoco in vigore dal 5 di settembre è in vigore solo perché nessuno si è ancora preso la briga di dichiararlo morto. 

Particolarmente duri sono stati i combattimenti tra truppe governative e insorti all’interno e intorno all’aeroporto di Donetsk durante i quali sarebbero morti i 9 soldati di Kiev di cui il regime ha ammesso la perdita ma che sarebbero molti di più contando quelli uccisi in altre località. “Uno dei nostri veicoli di trasporto è stato colpito, i nostri paracadutisti hanno subito perdite” ha dichiarato il portavoce del Consiglio Ucraino di Sicurezza Andrej Lisenko.
Stamattina inoltre il municipio della principale città nelle mani degli insorti ha denunciato che tre civili sono rimasti uccisi in conseguenza dei bombardamenti su Donetsk mentre un altro abitante della località di Makiyivka è rimasto vittima di un colpo di mortaio che ha sventrato un edificio residenziale. Il giorno precedente i morti civili erano stati sei e una ventina i feriti.
Anche nella regione contigua si continua a morire: ieri a Popasna alcuni civili sono rimasti vittima dei bombardamenti dell’artiglieria ucraina, quella stessa che secondo gli accordi di Minsk avrebbe dovuto essere ritirata a dieci-quindici chilometri dalla linea del fronte. Oggi invece il governatore della regione designato da Kiev attribuisce agli insorti i fitti bombardamenti sulla città che avrebbero provocato ingenti danni e vittime.
Intanto il comitato di inchiesta russo ha aperto una indagine per “genocidio” in Donbass, dove ormai da mesi la popolazione di lingua e cultura russa o coloro che semplicemente si oppongono al nuovo regime ultranazionalista insediatosi a Kiev con il golpe di febbraio sono oggetto di un’aggressione militare e di un assedio che ha provocato secondo stime considerate al ribasso almeno 3500 morti, dieci mila feriti e centinaia di migliaia di sfollati che si sono per lo più rifugiati in territorio russo. “L’inchiesta ha già stabilito che le uccisioni di cittadini di lingua russa sono state commesse con l’utilizzo di sistemi lanciarazzi “Grad” e “Uragan”, missili tattici “tochka-u”, e altri tipi di armi offensive pesanti con effetti indiscriminati” ha denunciato il portavoce del Comitato di Mosca, Vladimir Markin, che ha puntato il dito contro il governo ucraino e ha ricordato che un reato di genocidio prevede dai 20 anni di carcere fino alla pena capitale.
Mentre le autorità di Lugansk denunciano che solamente in quella città sono finora 400 le vittime dei bombardamenti e dei raid dell’esercito ucraino e dei battaglioni punitivi formati da estremisti di destra, nei territori strappati recentemente all’esercito di Kiev le milizie delle Repubbliche Popolari hanno trovato recentemente altre fosse comuni portando a 400 il totale dei cadaveri ritrovati, 350 dei quali avevano abiti civili. “Gran parte dei corpi sono in condizioni tali da non poter essere identificati”, ha spiegato il vicepremier della Repubblica di Donetsk Andrey Purgin.
Sull’identità di questi corpi dovrebbero indagare anche alcuni rappresentanti dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani. “La nostra squadra indagherà” ha detto una portavoce dell’Alto commissariato, Ravina Shamdasani, nel corso di una conferenza stampa affermando che “non c’è chiarezza” né sul numero delle vittime né su chi abbia ucciso sepolto in fosse comuni civili e militari.
Intanto ieri nelle strade di Kharkov militanti comunisti e di altre organizzazioni della sinistra o che rappresentano gli abitanti di lingua e cultura russa hanno manifestato la propria rabbia dopo il divieto e la proibizione della manifestazione indetta sabato dal Pcu e l’abbattimento, domenica notte, della statua di Lenin in Piazza della Libertà da parte di alcune migliaia di manifestanti pro Maidan ed estremisti di destra. La promessa da parte del sindaco di rimettere presto al suo posto il monumento al rivoluzionario bolscevico non ha placato la protesta dei gruppi della sinistra mentre centinaia di cittadini per tutta la giornata sono andati a deporre fiori sul piedistallo dove sorgeva la enorme statua. Secondo alcune fonti ci sarebbero stati anche scontri in diverse parti della città tra fascisti e antifascisti con numerosi feriti.
E’ in questo clima di guerra aperta e di possibile estensione all’importante oblast di Kharkov – città di un milione di abitanti – che alcuni alti funzionari dell’esercito ucraino e russo si sono incontrati per tracciare i confini di una ‘zona-cuscinetto’ tra le zone controllate dalle forze governative e quelle ribelli nell’est del paese. Lo hanno affermato alcuni funzionari dell’esercito ucraino aggiungendo che il gruppo, di cui fanno parte anche 76 persone tra militari russi e rappresentanti dell’Osce (l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), si è incontrato poco lontano dalla città di Donetsk.
Ma nonostante gli sforzi di Mosca sulle Repubbliche Popolari affinché accettino un cessate il fuoco definitivo la situazione reale sul terreno spinge verso una ripresa in grande stile dei combattimenti, del resto mai cessati nonostante la tregua.

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