E’ stata una notte di fuoco, quella appena trascorsa, in tutta la Turchia. Mentre il regime turco assiste compiaciuto all’avanzata dei fondamentalisti islamici su Kobane e il resto del Rojava, le comunità curde della Turchia sono letteralmente esplose nelle ultime ore, accompagnate spesso dalle organizzazioni della sinistra antimperialista turca.
Manifestazioni sono state organizzate già ieri in decine di località grandi e piccole del Kurdistan turco ma anche in alcune città del resto del paese dove forte è la presenza di immigrati curdi. Le proteste prendono di petto il regime liberal-islamista Erdogan-Davutoglu, accusato di sostenere i massacri compiuti dei jihadisti nel nord della Siria e di aperta complicità con i fondamentalisti sunniti del cosiddetto ‘Califfato’.
Migliaia di curdi stanno affluendo da tutta l’Anatolia verso la frontiera con la Siria per realizzare una catena umana e accogliere e soccorrere le colonne di profughi che continuano a fuggire da Kobane e dalle località vicine, ai quali i militari turchi impediscono di avvicinarsi. Anche stamattina i militari hanno sparato decine di candelotti lacrimogeni contro manifestanti, giornalisti e profughi per allontanarli dalle recinzioni, e il gas era così abbondante che è arrivato a centinaia di metri di distanza, alle propaggini di Kobane dove infuriano i combattimenti tra i guerriglieri dell’Ypg e del Pkk e gli integralisti islamici.
Ieri sera tardi ad Istanbul la polizia ha attaccato il presidio pacifico di protesta organizzato davanti al liceo di Galatasaray sulla centrale via Istiklal, a Kadikoy, sulla sponda asiatica e ad Okmeydani, facendo abbondante uso di idranti, lacrimogeni e proiettili di gomma. Di fronte alla violenza preventiva delle forze dell’ordine in diversi quartieri di Istanbul e in un’altra decina di città – in particolare a Diyarbakir, Batman, Van, Sirnak, Urfa, Mardin e Hakkari – decine di migliaia di manifestanti hanno allestito barricate, lanciato pietre, petardi e bombe incendiarie contro la polizia in assetto antisommossa, e hanno dato alle fiamme un bus. In diverse città i manifestanti hanno tentato di assaltare, e in alcuni casi ci sono riusciti, le sedi del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) al potere.
Oggi pomeriggio sono annunciate nuove manifestazioni in numerosi quartieri di Istanbul (Beşiktaş, Kadıköy, Sarıgazi, Esenyurt, İkitelli), ad Ankara, a Smirne, ad Antalya, ad Antiochia e naturalmente in tutto il Kurdistan.
Non solo le organizzazioni della sinistra curda (i partiti Hdp e Bdp e il fronte urbano del Partito dei Lavoratori del Kurdistan), ma anche i sindacati di classe e i partiti della sinistra radicale turca e alcune organizzazioni della comunità alevita hanno fatto appello ai propri sostenitori affinché scendano in piazza massicciamente contro il governo.
Inoltre le comunità curde stanno scendendo in piazza in praticamente tutti i paesi europei, negli Stati Uniti e in Canada, denunciando che il massacro in atto in Medio Oriente è diretta responsabilità dei governi occidentali e della propria tolleranza, quando non esplicita complicità, nei confronti delle milizie jihadiste utilizzate per togliere di mezzo il governo di Assad in Siria e l’autonomia costruita nel nord della Siria dai curdi insieme alle altre popolazioni e potenzialmente estendibile a tutti i territori in cui è diviso il territorio abitato da una nazione senza stato che conta decine di milioni di componenti.
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