Lo scorso giovedì Russia e Ucraina hanno firmato, con la ‘mediazione’ dell’Unione Europea, un accordo sulle forniture di gas a Kiev presentato come atto finale della “guerra del gas” scattata dopo che nel febbraio scorso i nazionalisti ucraini si sono impossessati del potere attraverso un golpe e Bruxelles, insieme a Washington, ha varato pesanti sanzioni contro Mosca alla quale Putin ha reagito sospendendo le forniture di metano a Kiev.
L’accordo firmato giovedì garantisce teoricamente che le imprese russe riforniscano l’Ucraina di gas fino al marzo del prossimo anno, in cambio del pagamento entro fine 2014 da parte di Kiev di circa 2,5 miliardi di euro di fatture inevase. Naftogaz, la società energetica ucraina, dovrà pagare già a fine novembre 1,15 miliardi e poi altri 1,3 entro il 31 dicembre. In cambio l’impresa monopolista russa Gazprom si impegna a vendere gas all’Ucraina a un prezzo pari a 385 dollari per 1000 metri cubi, che però Kiev dovrà saldare in anticipo per evitare di rimpinguare un debito ritenuto da Mosca già troppo consistente.
Secondo il commissario dell’Ue all’energia, Günther Oettinger, che ha lavorato per permettere l’accordo, l’Ucraina avrà accesso a liquidità sufficienti per comprare il gas necessario a superare l’inverno, circa 4 miliardi di metri cubi di metano per un importo di 1,5 miliardi di dollari, grazie agli ‘aiuti’ di Bruxelles e del Fondo Monetario Internazionale che naturalmente il popolo ucraino pagherà carissimi in termini di subordinazione economica e politica e di interessi.
“Non vi era una maniera migliore di concludere il mio mandato come Presidente della Commissione se non con l’annuncio del più importante accordo tra Ucraina e Russia, un accordo al quale la Commissione Europea ha contribuito con uno sforzo molto paziente e determinato” si è vantato José Manuel Durao Barroso nel corso di una conferenza stampa, secondo il quale non c’è più pericolo che i cittadini dell’Europa passino al freddo i prossimi mesi. D’altronde un terzo del gas consumato in tutta l’Unione Europea provene dalla Russia, e metà di questo passa in territorio ucraino.
Ma i toni trionfalistici di Barroso e di Oettinger non sono giustificati, e anche i titoli dei media sulla ‘fine della guerra del gas’ suonano più come propaganda che come analisi fredda dello stato delle relazioni tra Unione Europea e Russia, mentre in Ucraina il cessate il fuoco raggiunto a Minsk a inizio settembre viene violato sempre più frequentemente.
I toni trionfali adottati dai portavoce europei e la reazione entusiasta del mercato, con il prezzo del gas crollato ai minimi storici non cancellano del tutto i timori sulla regolarità delle forniture russe all’Europa. Il fatto che l’accordo copra solo fino a marzo del 2015 è il segno palese di un conflitto che continua al di là dei toni bassi delle ultime settimane. Anche perché senza gli aiuti europei l’Ucraina non è assolutamente in grado di far fronte alle ingenti spese per l’approvvigionamento energetico. E a smentire Oettinger ci ha pensato il suo stesso portavoce, Marlene Holzner, secondo la quale al di là di un generico impegno verbale non esiste alcuna garanzia che l’Unione Europea si faccia carico di ingenti spese per soccorrere un paese di fatto insolvente. Siccome era proprio sulla garanzia dei pagamenti ucraini da parte di Bruxelles e Fmi che la delegazione russa si era impuntata, non è detto che il patto stipulato giovedì duri a lungo. E comunque al di là del saldo degli ingenti debiti di Kiev con Gazprom, l’accordo prevede che la Giunta ucraina saldi le forniture con pagamenti anticipati. Niente pagamenti, niente gas.
Da parte loro gli Stati Uniti cercano di imporsi sull’Unione Europea offendosi come fornitori alternativi di idrocarburi, anche se per ora lo shale gas, distruttivo dal punto di vista ambientale e troppo caro, non sembra per ora allettare più di tanto i paesi del continente ‘troppo dipendente’ da Mosca in fatto di approvvigionamenti energetici.
Intanto nei giorni scorsi l’Independence, il primo terminal per gas liquido offshore del Baltico, ha posato l’ancora nel porto lituano di Klaipeda, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dei tre Paesi baltici dal gas russo.
Il nuovo terminal darà alla Lituania la capacità d’importare fino a 4 miliardi di metri cubi di gas all’anno dopo il 2015, secondo fonti della compagnia norvegese Statoil, un volume che supera i 2,7 miliardi di metri cubi importanti nel 2013 dalla Russia e questo lascia margine alla Lituania per riesportare a sua volta il gas verso Lettonia ed Estonia.
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