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La Nato minaccia Mosca: “difenderemo l’Ucraina”. Rischio escalation

“La Nato è pronta a difendere l’Ucraina dall’aggressione militare russa”. I toni dell’Alleanza Atlantica si sono fatti improvvisamente più aggressivi ed espliciti, riprendendo le accuse non dimostrate rilanciate nei giorni scorsi dal regime di Kiev a proposito di una presunta invasione militare russa nell’Est Ucraina. Il copione è sempre lo stesso, con i responsabili della giunta golpista ucraina che parlano di ‘convogli di mezzi militari senza insegne’ avvistati nelle zone di confine con la Russia nella regione di Donetsk e i responsabili della Nato che alzano la voce contro Mosca senza neanche premurarsi di dimostrare con foto, video o prove di altro tipo quanto affermano. Una mancanza così totale di riscontri che la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Jen Psaki, è stata costretta ieri a dichiarare che Washington non dispone in merito di informazioni tali da poter essere rese pubbliche.

“Sono tanti. Anche adesso li stiamo osservando dal cielo: carri armati, mezzi blindati, cannoni, batterie contraeree, autocarri. Senza insegne, colonne che vanno e vengono, avanti e indietro, dalla Russia all’Ucraina Orientale e lungo il confine. Ce lo confermano da terra anche gli osservatori dell’Ocse e i reporter locali: questo è un notevole concentramento militare” ha affermato il segretario generale dell’Alleanza Atlantico Jens Stoltenberg nel corso di un’intervista concessa al Corriere della Sera. L’intervento del capo della Nato è sibillino ma esplicito: Stoltenberg si dice convinto che “questo conflitto non possa avere una soluzione militare” ma subito dopo afferma che “la Nato sostiene e sosterrà la piena integrità e sovranità dell’Ucraina”. E siccome un pezzo di Ucraina non vuole proprio saperne di rientrare sotto il controllo dei nazionalisti di Kiev e sta accelerando rispetto alla creazione di uno stato indipendente nei territori sudorientali abitati da popolazioni russofone, sembra chiaro a tutti che la posizione della Nato implichi un sostegno alla campagna militare che il regime di Kiev sta conducendo contro i ribelli delle Repubbliche Popolari ormai da molti mesi e che ha provocato più di 4000 morti, migliaia di feriti, la distruzione di intere città e la fuga nella vicina Russia di quasi un milione di civili.
Quelle di Stoltenberg non sono solo dichiarazioni, e lo stesso capo della Nato ci tiene a chiarire che “le operazioni e attività di controllo” dell’Alleanza Atlantica sono “quintuplicate rispetto al 2013”: “Nella regione baltica è stato accresciuto il dispositivo di aerei e truppe imperniato sulla base di Lask, in Polonia. E abbiamo dispiegato più navi nel Mar Nero, più truppe nell’Est Europa. Abbiamo poi rafforzato il nostro gruppo di azione rapida, che oggi è al livello più alto dai tempi della Guerra Fredda, in grado di intervenire ovunque con breve preavviso”.
Proprio in questi giorni la Nato sta svolgendo in Estonia le sue manovre militari soprannominate «Tri­dent Junc­ture», ini­ziate il 9 novem­bre e previste fino al 17 a ridosso dei confini russi. Il capo del Dipar­ti­mento per la coo­pe­ra­zione mili­tare del Mini­stero della Difesa russo, Ser­gei Koshe­lev, ha già fatto notare che si tratta di esercitazioni esplicitamente dirette a minacciare e colpire il suo paese. Circostanza confermata dal gene­rale tede­sco Hans-Lothar Dom­röse, coman­dante delle forze alleate della Nato in Europa set­ten­trio­nale e orien­tale, che all’agenzia Ria Novo­sti ha dichia­rato che le eser­ci­ta­zioni sono con­ce­pite come «rispo­sta alle azioni di Mosca». D’altronde la Nato ha già annunciato che svol­gerà nel 2015 un totale di due­cento mano­vre ed esercitazioni militari mentre il quotidiano tedesco Die Welt ha scritto che l’Alleanza sta preparando una maxi esercitazioni ai confini russi con la partecipazione di un numero enorme di soldati, da 25 a 40mila.
Una minaccia militare diretta nei confronti della Russia che più esplicita di così non poteva essere, l’avvio di un’escalation le cui conseguenze potrebbero sfuggire di mano ed essere gravissime.
Del resto, affermano i capi della Nato, anche se l’Ucraina non fa ancora parte del dispositivo militare al servizio degli interessi di Stati Uniti e Unione Europea la sua integrazione è solo questione di mesi, o al massimo pochi anni. E intanto i meccanismi di cooperazione tra truppe della Nato ed esercito ucraino si rafforzano. Non è un segreto che consiglieri militari di alcuni paesi dell’Alleanza sono presenti ormai da mesi a Kiev e che sul suolo ucraino l’estate scorsa si sono tenute esercitazioni militari alla presenza di migliaia di soldati e mezzi militari provenienti alcuni paesi dell’Europa e dagli Stati Uniti.
L’escalation è ripresa anche sul fronte economico-diplomatico, con il governo tedesco che ha avvisato Mosca che alla Russia le sanzioni già in vigore costeranno una forte contrazione del Pil e ben 300 mila posti di lavoro, naturalmente tacendo sulle conseguenze analoghe che l’embargo economico di Berlino alla Russia sta provocando in Germania e nel resto dell’Unione Europea.
Come se non bastasse, lunedì i ministri degli Esteri dei 28 paesi membri dell’Unione Europea hanno in previsione una riunione con l’obiettivo di discutere ed eventualmente varare nuove sanzioni. In una relazione inviata ai ministri, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e la Sicurezza, Federica Mogherini, ha invitato i singoli paesi a presentare i loro punti di vista sull’ipotesi di aumentare il numero di dirigenti delle Repubbliche Popolari e di aziende russe da inserire nella black list. Come al solito i falchi sono i dirigenti delle Repubbliche Baltiche, della Polonia, di alcuni Paesi dell’Europa Orientale, mentre i governi dell’Europa centro-occidentale frenano. «Molto dipenderà dalla situazione sul terreno da qui a lunedì. Più facile è allungare la lista delle persone sanzionate piuttosto che immaginare nuove sanzioni economiche, ipotesi molto controversa» ha spiegato un diplomatico europeo citato da alcune agenzie di stampa.
Nel frattempo i bombardamenti dell’artiglieria ucraina contro Donetsk e altre città assediate continuano, e aumenta il tragico conteggio dei civili uccisi o feriti, nella più completa indifferenza dell’opinione pubblica europea. 
Le ultime vittime sono tre persone, tra cui una bambina, uccisi dai proiettili sparati sulle case di Trekhizbenka e Donetsk. 

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