Il nuovo governo ucraino sarà formato entro 10 giorni: lo ha promesso il premier Arsenyi Iatseniuk, nell’incontro con il vicepresidente Usa Joe Biden a Kiev, nel primo anniversario dell’inizio della rivolta filoccidentale di Maidan, dal quale è scaturito a febbraio un golpe che ha defenestrato il presidente Viktor Yanukovich e il premier Mykola Azarov per imporre un regime nazionalista e filo-Nato.
L’accordo di coalizione per formare una nuova maggioranza nel parlamento ucraino dopo le elezioni del 26 ottobre scorso, proposto dal blocco del presidente Poroshenko, è stato sottoscritto dal Fronte Popolare del premier Arsenij Jatsenjuk (uscito a sopresa vincitore del voto), da Samopomich (Autodifesa), dal Partito Radicale di Oleg Liashko e da Patria di Iulia Timoshenko. Il nuovo esecutivo dovrebbe essere così sostenuto da praticamente tutte le formazioni politiche del campo nazionalista e di destra, con forti accentuazioni liberiste. A presiedere l’esecutivo dovrebbe rimanere Jatsenjuk, un falco ritenuto assai più vicino agli interessi statunitensi che a quelli europei, al contrario di Poroshenko.
Il testo alla base della maggioranza di governo prevede, tra le altre cose, di cancellare lo status di Paese non allineato e un percorso per aderire in tempi rapidi alla Nato e all’Unione Europea, la riforma della legge elettorale e la privatizzazione di ampi settori economici, da quello energetico a quello agricolo.
Intanto ad est i combattimenti non si placano, e tre soldati ucraini sono morti nelle ultime 24 ore. Lo rende noto lo stato maggiore dell’operazione militare di Kiev nelle regioni ribelli, riferendo di combattimenti a Lugansk, Donetsk e anche a Dobaltsovo, non lontano dalla linea del fronte. Il Comune di Donetsk ha annunciato invece che nel weekend sono rimasti feriti ben 12 civili a causa dei bombardamenti governativi.
Mentre la classe politica nazionalista sembra trovare la quadra sul nuovo esecutivo, a preoccupare è un episodio risalente a qualche giorno fa, quando un convoglio di osservatori dell’Osce (Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa) presenti da mesi nel paese e in genere sbilanciati a favore del regime nazionalista ucraino, sono stati presi di mira da un gruppo di soldati di Kiev, che li ha bersagliati con numerosi colpi di arma da fuoco. E’ successo martedì a Debaltsevo, nei pressi di un posto di blocco governativo, e poi di nuovo mercoledì a Marjnka. Anche se tra gli osservatori non ci sono stati né morti né feriti la doppia aggressione militare contro alcuni dei 250 esponenti dell’Osce presenti nel paese ha creato polemiche e scompiglio a non finire. Mentre il governo britannico annuncia l’invio in Ucraina di 10 veicoli blindati per rafforzare la sicurezza degli ispettori internazionali, il consigliere presidenziale ucraino Igor Smeshko ha affermato che «l’Osce, di fatto, è inutile. Questo è un conflitto con la Russia, in cui sono coinvolte Europa e America». Una frase che potrebbe far intendere che la sparatoria contro gli uomini dell’Osce non è stata casuale, ma è servita a mandare un messaggio ad alcuni governi occidentali ritenuti troppo morbidi nei confronti di Mosca. Comunque per ora l’Osce tende ad abbassare i toni, e a tenere un basso profilo rispetto a quanto accaduto nel Donbass; se fossero state le milizie ribelli a far fuoco contro gli osservatori c’è da giurare che le accuse sarebbero state assai più roboanti. Eppure la dinamica dei fatti sembra abbastanza chiara.
Nel secondo episodio, a detta della stessa Osce, gli osservatori stavano viaggiando a bordo di due veicoli a est di Kurakhovo verso Donetsk, quando uno dei due soldati – definiti “personale in uniforme con elmetto” – a bordo di un camion con un largo box di legno verde ha sparato due colpi verso il convoglio Osce, a circa 80 metri di distanza.
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