Un giornalista di Donetsk e sua moglie sono stati brutalmente assassinati nel fine settimana vicino a Slavyansk, in una zona del Donbass strappata a luglio dalle forze di sicurezza ucraine ai guerriglieri delle Repubbliche Popolari. I corpi martoriati da diverse coltellate sono stati trovati nella loro casa di campagna. Alexander Kuchinsky, redattore del giornale Criminal-Express, e sua moglie sono tra le ultime vittime di un’aggressione militare del governo ucraino contro le popolazioni delle regioni sud-orientali che dura ormai da molti mesi.
Dopo le elezioni legislative del 26 ottobre il parlamento ucraino si è spostato ancora più a destra e quindi le operazioni militari contro la resistenza nel Donbass sono riprese in grande stile portando il numero delle vittime ufficiali a circa 4400 morti, in realtà molte di più visto che entrambe le parti tendono a sottostimare le proprie perdite e che moltissime vittime civili delle incursioni governative sono state uccise sommariamente e sepolte in fosse comuni, solo alcune delle quali ritrovate nelle ultime settimane.
Kiev oltre a continuare bombardamenti e incursioni militari spesso indiscriminate che colpiscono i civili, negli ultimi giorni ha incrementato l’isolamento – un vero e proprio assedio – al quale è sottoposto il Donbass ormai dalla scorsa primavera. Nei giorni scorsi Poroshenko e Yatseniuk hanno ordinato ai ministeri e agli uffici competenti di bloccare i pagamenti delle pensioni e dei sussidi a centinaia di migliaia di persone che vivono nelle aree controllate dalle autorità indipendentiste. Come se non bastasse, la Banca Centrale di Kiev ha di fatto tagliato fuori le banche che sorgono nelle aree ribelli. Da circa una settimana i bancomat di Donetsk e Lugansk hanno smesso di funzionare e i negozi non accettano più le carte di credito dopo che le autorità di Kiev hanno isolato il sistema bancario delle città controllate dalle Repubbliche Popolari. Inoltre il 14 novembre scorso il presidente Petro Poroshenko ha firmato un decreto per l’interruzione di tutti i servizi pubblici, dalle scuole agli ospedali, nella cittadine sotto il controllo degli insorti.
Una vera e propria tragedia in un’area già devastata economicamente e socialmente da mesi di guerra.
Come se non bastasse, il regime nazionalista di Kiev ha deciso di impedire fisicamente che i treni provenienti dalla Russia possano entrare in territorio ucraino. Come? Imponendo sul lungo termine un cambiamento dello scartamento dei convogli ucraini – il che impedirebbe ai treni russi di utilizzare i binari dall’altra parte della frontiera. Decisione alla quale Mosca ha replicato decidendo che da subito i treni russi che vanno a Krasnodar e Rostov sul Don non attraverseranno più il confine con l’Ucraina nel corso del loro tragitto. L’amministratore delegato delle ferrovie russe Rza, Vladimir Yakunin, ha chiarito che la costruzione della bretella per bypassare il territorio ucraino inizierà il prima possibile.
Contemporaneamente, le autorità russe hanno inviato nei giorni scorsi in Donbass un nuovo convoglio di aiuti umanitari destinati alle popolazioni assediate. Circa 1.200 tonnellate di generi di prima necessità e di materiali sanitari, materiali da costruzione e abiti sono stati trasportati a bordo di un lungo convoglio di camion che dopo aver superato il confine con l’Ucraina si sono diretti a Lugansk e Donetsk per poi far ritorno a Mosca dopo aver consegnato il carico.
Ma lo scorso 29 novembre sono entrate in vigore, con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Ue, le nuove sanzioni decise dai 28 nei confronti di 13 persone e cinque entità coinvolte nell’organizzazione delle elezioni organizzate dai ribelli nell’est dell’Ucraina il 2 novembre scorso (e assai più partecipate di quelle andate in scena in Ucraina una settimana prima). La decisione porta così a 132 il numero di persone colpite dalle sanzioni dell’Ue e a 28 il numero di entità i cui beni sono stati congelati. Le misure riguardano alcune personalità che hanno partecipato alla gestione delle elezioni separate del 2 novembre, come Alexander Kofman, vicepresidente del Parlamento della repubblica di Donetsk, e Ravil Khalikov, ax capo della procura della repubblica e ora incaricato delle questioni di sicurezza.
Se Bruxelles sembra seguire, seppur molto timidamente, gli inviti statunitensi all’inasprimento delle sanzioni contro i ribelli ucraini – su nuove misure contro Mosca l’Ue è assai più tiepida – è sull’adesione dell’Ucraina alla Nato che i punti di vista di Stati Uniti e Unione Europea sembrano collidere.
Nel corso di un incontro con la presidente lituana Dalia Grybauskaite – ferocemente antirussa e filoamericana – il presidente ucraino Petro Poroshenko aveva rivendicato di aver già «messo a punto i criteri con cui potremo soddisfare i requisiti richiesti dalla Nato. Solo dopo, il popolo ucraino deciderà con un referendum se aderire o meno». D’altronde non è un segreto che, nonostante alcune resistenze da parte proprio di Poroshenko e del suo alleato Vitali Klitschko, più vicini agli interessi europei, i cinque partiti di destra e ultradestra che hanno dato vita alla nuova coalizione di governo a Kiev nel loro programma parlano di rapida adesione all’Alleanza Atlantica, abolendo così lo status di paese neutrale e anzi aderendo ad un blocco militare che negli ultimi mesi sta conducendo un vero e proprio accerchiamento nei confronti della Russia. Se Kiev dovesse aderire alla Nato Mosca non potrebbe non rispondere per le rime e a questo punto le preoccupazioni da parte del nucleo dell’Unione Europea sono diventate esplicite. Tanto che il governo tedesco si è detto “allarmato” dall’idea di un referendum sull’adesione dell’Ucraina alla Nato e di temere che l’unico risultato potrebbe essere un aumento delle tensioni con Mosca già alle stelle. Secondo alcuni funzionari del governo tedesco, citati da Bloomberg, l’adesione ucraina all’Alleanza Atlantica “non è semplicemente sul tavolo per Angela Merkel” e non può essere per ora inserita neppure in un’ipotetica agenda futura. E un referendum non avrebbe risultati in termini di ingresso nella Nato, perchè la materia è prerogativa dei Paesi membri e non degli elettori di uno Stato che voglia aderire. Sulla stessa linea sarebbe anche il governo della Francia mentre l’Italia, per voce del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ha fatto sapere di dare per scontato la “non appartenenza” dell’Ucraina alla Nato “anche per il futuro”. Mentre, naturalmente, il rapido inserimento di Kiev all’interno dello spazio economico e politico europeo non sembra affatto in discussione…
Naturalmente gli Usa la pensano in maniera opposta, e per ora in mancanza di dichiarazioni ufficiali da parte dei responsabili di Washington a parlare sono alcuni dei battaglioni punitivi formati dai neonazisti ucraini che, da qualche tempo, insieme alle svastiche e ad altri simboli nazisti hanno cominciato a sventolare anche le insegne della Nato. Come quella qui in alto che ritrae alcuni membri del battaglione Azov.
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