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Siria. La mano degli Usa e le proposte della…. Libia

Anche senza l’appoggio di Russia e Cina nel Consiglio di Sicurezza. Il ministro degli Esteri russo Aleksandr Lukashevich ha detto che “ci sono forze che non esitano a ricorrere alle provocazioni peggiori per far fallire il piano di pace Annan”, riecheggiando le parole pronunciate perfino da Ban Ki Moon settimane fa, circa la presenza di una “terza forza” terrorista in Siria. L’ambasciatore siriano all’Onu Jafaari ha detto che il suo governo è pronto a ricevere missioni di indagine purché da paesi neutrali, nel rispetto della Carta dell’Onu e nel rifiuto di ogni ingerenza. La Russiaha anche accusato Arabia Saudita e Qatar di finanziare e armare l’opposizione.

Si è pronunciato in sede Onu l’ambasciatore della “nuova” Libia, governata da quel Cnt (Consiglio nazionale di transizione) che già nell’autunno scorso si era affrettato a riconoscere il fratello, il Cns siriano, mandando in suo aiuto diversi armati (incontrati poi in dicembre da un reporter del media spagnolo Abc).  L’ambasciatore Dabbashi propone di cacciarela Siria da tutti i consessi internazionali ma anche di mandare migliaia di caschi blu nel paese mediorientale. Di surreale nella sua proposta c’è che il Cnt quando invocava alla protezione dei civili “uccisi da Gheddafi”, non chiese mai i caschi blu (che non possono fare la guerra ma solo separare i contendenti) e invece chiese sempre l’aiuto dei bombardamenti Nato.

Secondo  alcuni commentatori, del resto, Usa e alleati potrebbero anche attaccare la Siriasenza il consenso di Russia e Cina, bypassando il Consiglio di Sicurezza. Del resto perché gli Usa dovrebbero permettere a Cina e Russia di guidare la loro politica? E’ piuttosto il contrario: gli usa hanno dettato legge all’Onu e al Consiglio di Sicurezza. Dunque, se proprio non si riesce a rimuovere i veti dei due “cattivi”, gli usa potrebbero agire richiamandosi all’Assemblea Generale, e al Consiglio dei diritti umani (membri a rotazione), che praticamente agì fin dall’inizio in favore della guerra alla libia (sospendendo senza prove la Libiadi Gheddafi dal Consiglio stesso, un atto senza precedenti).

Comunque il docente universitario e commentatore statunitense Joshua Landis faceva giorni fa agli Usa una proposta diversa (http://www.joshualandis.com/blog/?p=14896&;utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+Syriacomment+%28Syria+Comment%29&utm_content=Yahoo%21+Mail. “Rimanete fuori dalla Siria”. Nel senso, però, di preferire l’incoraggiamento alla guerra civile rispetto all’intervento armato diretto. Questa la sua argomentazione: “Usa, Eurpa e paesi del Golfo vogliono un cambiamento di regime in Siria e per arrivarci affamano il regime (o la popolazione? ndr) e nutrono l’opposizione. Hanno sanzionato pesantemente la Siria e stanno armando e finanziando i ribelli. Questo se continua farà pendere la bilancia a favore della rivoluzione (così la chiama Landis, ndr). Detto per le spicce, gli Usa perseguono un cambio di regime mediante guerra civile. E questo è il massimo che possono e devono fare. Il presidente Obama non vuole intervenire direttamente in Siria per ovvie ragioni. Gli Usa hanno fallito già due volte il nation building (costruzione della nazione)  in Medio Oriente. Se gli Usa avessero agito in altro modo in Iraq, gli iracheni non sarebbero caduti nell’orrore.  (…) In Siria, le chance che i siriani prendano decisioni pacifiche sono scarse. L’economia Usa è in condizione difficile, la reputazione del paese fra i musulmani non è elevata (…) Un intervento militare sarebbe costoso e pericoloso e gli Usa si troverebbero fra le braccia una Siria a pezzi bisognosa di essere ricostruita (…) i funzionari delle istituzioni saranno criminalizzati come in Iraq (…) non ci saranno militari per mantenere l’ordine”. Inoltre, se il disordine prevarrà dopo un intervento diretto americano, che faranno gli Usa? Come disciplineranno le 60 milizie che adesso si dicono rivoluzionarie? Inoltre l’opposizione ha già mostrato il conto: vogliono almeno 12 miliardi di dollari quando arriveranno al potere, ma ne occorreranno molti di più visto che gli Usa spendevano nel 2010 oltre 6 miliardi di dollari al mese in Afghanistan. E poi quali leader insediare? Karzai l’afghano e Chalabi l’iracheno si sono rivelati “inadatti”.  Meglio lasciare che i siriani si combattano fra loro.  Ma armarne una parte così da farla vincere. Landis curiosamente conclude che in tal modo i siriani si saranno guadagnati la vittoria. Con armi e soldi altrui, però.

Quindi Landis conclude: ingerenza e guerra sì, ma per procura. Già fatto.

Invece di appoggiare i laici e i moderati nello schieramento dei ribelli siriani, l’Occidente e i paesi arabi sostengono le fazioni più fondamentaliste” ha detto settimane fa Haytham Mannaa, portavoce del National Coordination Committee (NCC), un movimento politico che si oppone tanto ad Assad quanto al Consiglio Nazionale Siriano nel quale spadroneggiano i Fratelli musulmani. Mannaa accusa l’Occidente di spacciare per “liberazione” quella guerra in Libia che ha fatto decine di migliaia di morti.

Dal canto suo, Michel Chossudosvki, direttore del Centro studi sulla gloalizzazione (canadese), sostiene che ci sono gli Stati Uniti dietro gli squadroni della morte che operano in Medio  e anche in Siria (http://actualidad.rt.com/actualidad/view/45972-El-embajador-de-EE.-UU.-en-Siria-es-uno-de-responsables-de-invasi%C3%B3n-que-vive-pa%C3%ADs). Nel gennaio 2011 fu nominato ambasciatore a Damasco Stephen Ford che prima lavorava in Iraq con l’architetto di uno squadrone della morte chiamato “Opción el Salvador’. L’architetto era John Negroponte, ex ambasciatore Usa in Honduras e Iraq, che utilizzò l’esperienza degli squadroni della morte latinoamericani per formare gruppi terroristi in Medio Oriente. Lasciòla Siria nell’ottobre 2011 ma fino ad allora secondo Chossudovski egli giocò un ruolo chiave. E ci sono legami stretti fra Cia, Pentagono, e i servizi segreti di Israele, Qatar e Aabia Saudita per coordinare i reclutamenti. Obiettivo degli Usa? “Conquistare il Medio Oriente nel suo insieme”.

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