Negli ultimi giorni la decisione da parte del premier ellenico Samaras di anticipare a prima della fine dell’anno l’elezione da parte del parlamento del nuovo presidente della Repubblica ha causato un crollo senza precedenti della Borsa di Atene e una forte instabilità dei mercati europei.
Infatti Samaras non ha i numeri per poter eleggere il successore di Papoulias. Ai 155 deputati a disposizione della maggioranza formata da Nuova Democrazia e Socialisti potrebbero aggiungersene un’altra decina, raccattati tra quelli di altre formazioni o indipendenti contrari ad uno scioglimento anticipato del Parlamento. Una somma però lontana dai 180 che servono per eleggere il capo dello Stato e se non ci dovesse riuscire entro il 31 dicembre Samaras sarebbe costretto a sciogliere la Camera e ad indire nuove elezioni a fine gennaio o massimo inizio febbraio. Secondo tutti i sondaggi in Grecia le intenzioni di voto accreditano Syriza come il primo partito e in molti giudicano un azzardo il tentativo di Samaras di presentarsi ad eventuali elezioni in una posizione di attacco. Ma davvero una eventuale vittoria del partito di Tsipras fa così paura? A giudicare dalla reazione dei cosiddetti mercati pare proprio di sì.
Soprattutto dopo che alcuni economisti ed esponenti di Syriza – Giorgos Stathakis e Yiannis Milios – la scorsa settimana sono andati alla City di Londra ed hanno raccontato la strategia del partito di Tsipras a una trentina di banchieri. Syriza, se vincerà le elezioni e potrà governare, chiederà ai creditori internazionali uno sconto del 70-80% dell’attuale debito greco basandosi sul precedente del 1952, quando gli Alleati concessero uno sconto pari al 62% del valore del debito della Germania uscita a pezzi dalla Seconda Guerra Mondiale che aveva contribuito a scatenare (ma all’epoca bisognava fare di Berlino una potenza per stabilizzare l’Europa e contrapporsi a Mosca).
Syriza dall’alto di un governo di sinistra chiederebbe di ridurre il debito greco che secondo le analisi di vari economisti ammonta a circa 330 miliardi di euro, pari al 177% del Pil che in pochi anni si è ridotto addirittura del 25% rispetto alla manifestazione della crisi e al commissariamento del paese da parte della Troika. Inoltre Syriza, in caso di vittoria, chiederebbe alla Troika – di fatto alla Germania che finora ha sempre opposto un secco no – di ridurre alcune delle misure di cosiddetta austerità introdotte negli ultimi anni.
Una serie di punti programmatici accolti come una provocazione da banchieri e analisti economici. Grave perché gli investitori, coloro che hanno comprato i titoli di stato ellenici e che hanno prestato soldi ad Atene ricevendo in questi anni lauti interessi, perderebbero una barca di soldi. Ed una ristrutturazione e svalutazione del debito greco costituirebbe un ‘pericoloso’ precedente all’interno dell’Unione Europea dove sono numerosi i paesi che si trovano in condizioni simili alla Grecia.
Sono soprattutto i tedeschi a stare sulle spine a causa di quello che potrebbe succedere ad Atene dopo eventuali elezioni anticipate vinte dalla sinistra. Come riportato da Il Sole 24 Ore, dei 330 miliardi di euro complessivi di debito greco, infatti, “il 72% sono da considerarsi “officials loans”, cioè in mano a istituzioni pubbliche (60% Ue e 12% Fmi); 5% sono altri prestiti; l’8% è’ detenuto dalla BCE; il restante 15% sono marketable debt, cioè trattabili sul mercato secondario (11% sono bond e 4% sono bills, cioè prestiti a breve termine). Quindi se si arrivasse a uno “sconto” per evitare l’uscita di Atene dall’euro a perderci sarebbe soprattutto l’Ue, attraverso l’Esm e i suoi stati membri: in percentuale maggiore la Germania, che ha una quota del 27% del fondo salva-stati europeo,seguita dalla Francia con il 20% e infine dall’Italia con poco meno del 18%”.
In una recente intervista il presidente del Fondo salva stati (Esm) Klaus Regling – un tedesco, ovviamente! – ha spiegato che il debito greco che pure ha raggiunto quest’anno un nuovo record continuerà ad essere “sostenibile”, cioè solvibile, finché proseguiranno le riforme strutturali. Come a dire che in caso di interruzione delle cosiddette riforme dettate ad Atene dalla Troika non lo sarebbe più e scatterebbe quindi per i creditori la corsa a vendere i titoli ellenici a prezzi stracciati per perdere il meno possibile facendo così letteralmente affondare il paese.
Ovviamente in Grecia il partito di Samaras e i socialisti stanno già creando allarmismo e facendo del vero e proprio terrorismo psicologico nei confronti di un elettorato confuso e sbigottito dalla possibilità che la Grecia possa fare la fine di Cipro se dovessero passare le idee di Tsipras: file davanti alle banche per ritirare i soldi, rapida fuga dei capitali all’estero, disinvestimenti da parte di società estere ecc.
Questo è lo scenario teorico, che come abbiamo visto ha già scatenato reazioni a catena sul piano finanziario anche se si è manifestato solo in piccola parte. Ma non è detto che sarà quello che si manifesterà nella realtà dei fatti.
Infatti se anche l’attuale maggioranza dovesse perdere la contesa per l’elezione del presidente della Repubblica e poi dovesse uscire pesantemente sconfitta da eventuali elezioni politiche generali anticipate, difficilmente Syriza otterrebbe una maggioranza tale da permettere al partito di Tsipras di poter governare da solo e quindi di attuare il suo programma. Un programma tra l’altro basato su una contrattazione con le istituzioni europee che non mette assolutamente in conto alcuna azione unilaterale da parte della Grecia in caso di impossibilità di convincere, o costringere, la troika, la Bce, la Germania e i creditori internazionali ad accettare un allentamento dell’austerity e soprattutto una svalutazione/ristrutturazione del debito.
Stando anche ai sondaggi più ottimisti, Syriza si piazzerebbe in testa, ma con una percentuale ampiamente inferiore al 30%. A meno di consistenti rivolgimenti sarebbe quindi assai lontana dalla maggioranza assoluta. Il Partito Comunista KKE, accreditato di un 6%, ha più volte chiarito che non intende governare insieme a Syriza non condividendone il programma e gli accenti europeisti. Syriza potrebbe rivolgersi quindi ai Greci Indipendenti – destra nazionalista – e ai socialdemocratici di Sinistra Democratica per la formazione di un eventuale governo di coalizione. Dai sondaggi emerge che entrambe le formazioni rischiano, soprattutto la seconda, di non superare la soglia del 3% per entrare nel nuovo parlamento e comunque per convincerli Syriza dovrebbe rinunciare a qualcuno dei propri obiettivi programmatici. Ancora di più dovrebbe farlo se volesse coinvolgere il nuovo partito populista Il Fiume (To Potami), che potrebbe ottenere dal 5 al 10% togliendo voti soprattutto ai socialisti.
Lo scenario più probabile dopo eventuali elezioni anticipate quindi potrebbe non essere affatto quello che entusiasma i dirigenti e i militanti di Syriza o che atterrisce gli investitori e i creditori internazionali pronti a disinvestire e a vendere al primo segnale di pericolo. Lo scenario più probabile sembra in realtà quello di un parlamento in stallo, incapace di esprimere una maggioranza di governo e quindi destinato a sciogliersi e a convocare nuove elezioni nel giro di poche settimane, come avvenne già nella primavera del 2012.
Certamente, da qui a pochi mesi “tutto può succedere” e l’eventualità di una vittoria della sinistra e di un teorico cambiamento della condizione materiale del popolo greco potrebbe convincere alcuni settori dell’elettorato a concentrare il voto su Syriza sottraendolo ad altre formazioni oppure all’astensione.
Ma per far questo il partito di Tsipras dovrebbe chiarire ulteriormente il proprio programma e soprattutto affermare cosa intende fare nel caso in cui le istituzioni europee dovessero rifiutare gran parte delle proposte di un governo di sinistra. Ma in questo caso, in caso di una radicalizzazione della propria proposta politica, Syriza potrebbe guadagnare voti a sinistra ma perderli in quei settori dell’elettorato socialista che negli ultimi anni si sono spostati su Tsipras man mano che la coalizione diventata partito moderava la sua identità politica. Oltretutto una radicalizzazione ‘obbligata’ potrebbe provocare anche una spaccatura nel precario equilibrio raggiunto tra le varie correnti che compongono Syriza.
Insomma, da quel che è possibile capire, la strada per un “assalto al cielo” di Atene sembra parecchio in salita.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa