Novant’anni di carcere, non commutabili: quaranta per crimini contro l’umanità e per i 37 omicidi commessi all’interno dell’ambasciata spagnola a Città del Guatemala il 31 gennaio del 1980; altri 50 per l’assassinio di due studenti universitari perpetrati il 2 febbraio successivo.
Questa la storica condanna comminata oggi al colonnello Pedro García Arredondo, già capo della Polizia nazionale civile. “Questa sentenza viene come acqua che spegne questo incendio della ricerca di giustizia che hanno provato i familiari delle vittime che hanno atteso tutto questo tempo… Speriamo che questo atto giusto che oggi è compiuto sia un precedente affinché ogni funzionario dello Stato basi la sua condotta sul rispetto della legge, dei diritti umani, della vita e della dignità delle persone” ha detto la presidente della corte – il Tribunal de Mayor Riesgo B – Irma Jeannette Valdés.
La sentenza è giunta a pochi giorni dal 35° anniversario dell’incendio all’ambasciata spagnola, provocato dalle forze di sicurezza, in cui trovarono la morte studenti, operai, catechisti, indigeni e ‘campesinos’ che avevano occupato l’edificio per denunciare le atrocità della guerra civile (1960-1996). Fra le vittime, anche Vicente Menchú e Francisco Tum, padre e cugino della dirigente indigena Maya e Nobel per la Pace Rigoberta Menchú, l’allora console spagnolo Jaime Ruiz del Árbol Soler e altri due suoi collaboratori. Nella sede diplomatica, data alle fiamme dai poliziotti, si trovavano anche l’ex vice presidente guatemalteco Eduardo Cáceres Lehnhoff e l’ex capo della diplomazia nazionale Adolfo Molina Orante. Unico sopravvissuto fu l’allora ambasciatore spagnolo, Máximo Cajal y López, deceduto due anni dopo, che riuscì a lasciare la sua testimonianza, usata nel corso delle udienze che hanno portato alla condanna.
“Mio padre era un dirigente contadino – ha dichiarato, fra l’altro, il Nobel per la Pace, durante le udienze – lavoratore nei campi. Ha sempre cercato di guidare la comunità…Vicente Menchú guidò anche quel giorno la protesta e grazie a questo molti crimini commessi in Guatemala diventarono noti e il mondo ebbe compassione di noi” ha sottolineato Rigoberta.
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