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Ankara aiuta i miliziani dell’Isis cacciati da Kobane, ucciso un giovane curdo

Di ieri la notizia ufficiale, diffusa dai comandi militari delle milizie popolari curde, della completa liberazione della città di Kobane dopo 134 giorni di assedio e invasione da parte delle bande dello Stato Islamico. Che in tutto questo tempo hanno, combattute strenuamente dai combattenti curdi e dagli abitanti della città, hanno invece potuto contare sulla tolleranza quando non sull’attiva collaborazione da parte delle autorità turche. Che da una parte vantano di aver espulso centinaia di miliziani dell’Isis dal proprio territorio negli ultimi mesi, ma dall’altra continuano ad assisterli, aiutarli, ospitarli.
L’ultima testimonianza risale proprio alle ultime ore. I residenti del villaggio di Swêdê hanno denunciato che sei membri della milizia jihadista comandata da Al Baghdadi scappando dalla zona ovest di Kobane, tra la collina di Zorava e il villaggio di Siftek, hanno attraversato il confine in moto con le loro armi, aiutati da un gruppo di soldati turchi. Una volta superata la frontiera i sei islamisti sono stati fatti salire su un veicolo militare a bordo del quale si sono addentrati in territorio curdo scortato addirittura da un elicottero.
Gli stessi militari di Ankara hanno intimato ai testimoni curdi di abbandonare la zona in quanto “zona militare vietata”. Le agenzie di stampa curde risportano la testimonianza di Azad Şêxo, di Siftek, secondo il quale in precedenza i soldati turchi avevano sparato contro di loro mentre si avvicinavano al confine. Şêxo ha detto: “L’ufficiale che è arrivato da noi offrendo una spiegazione (sul fatto che nessuno dell’Isis stava fuggendo, ndr) è la prova della collaborazione. Intanto l’avanzata continua a Kobanê. Le bande sanno che i loro giorni sono contati e quindi fuggono. I soldati li stanno prendendo sotto protezione in veicoli militari e con elicotteri di scorta”.
Nei giorni scorsi un blindato corazzato era stato lanciato dai jihadisti dell’Isis contro alcune postazioni dell’autodifesa di Kobane, che però era riuscita ad avere la meglio sugli assalitori, tutti uccisi. Dando la possibilità ai guerrigliari curdi di scoprire che il blindato era di fabbricazione turca.
Intanto, proprio dall’altra parte del confine, i militari turchi hanno aperto il fuoco sui cittadini curdi a Samanlı( Mavan), un villaggio del distretto di Sirnak, ferendo in modo grave Nejdet Yaman. Il ragazzo, di 26 anni, non ce l’ha fatta ed è deceduto dopo il ricovero all’ospedale, ritardato dall’intervento delle forze di sicurezza di Ankara.

I testimoni dell’incidente ed il fratello maggiore della vittima, Fazil Yaman, hanno denunciato: “Eravamo seduti in un villaggio. I soldati hanno cominciato a spararci. Poi mio fratello è caduto in terra. È stato colpito alle gambe da due proiettili. Ma i soldati non ci hanno permesso di portarlo immediatamente all’ospedale. Ha perso la vita quando è stato portato all’ospedale. Uno dei colonnelli ci ha detto:”Ho ordinato di spararvi”. Hanno usato anche gas lacrimogeni contro tutti noi”.
Alla notizia della morte del giovane i dirigenti dei partiti curdo BDP e di sinistra HDP e molti cittadini si sono precipitati all’Ospedale di Stato di Yüksekova ma ormai era troppo tardi. La copresidente Evliya Alkan ha dichiarato che il padre di Yaman ha detto loro:”I soldati gridavano contro di noi. Ci hanno detto:”Spareremo a chiunque attraversi il fiume. Non guarderemo se saranno civili oppure no”.

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