Il governo ucraino continua a negare l’evidenza e non vuol sentir parlare di resa delle sue truppe nella sacca di Debaltsevo, ma i testimoni parlano ormai di una fuga precipitosa di parecchie centinaia di soldati di Kiev dalla sacca assediata e parzialmente occupata dalle milizie del Donbass. Sarebbero ormai centinaia anche i militari di Kiev che si sarebbero arresi alla controparte, come testimoniano alcune immagini mandate in onda dai canali tv della Nuova Russia e di Mosca (vedi il video qui in basso).
Questa mattina le agenzie di stampa internazionali hanno riportato la notizia che decine di carri armati e veicoli dell’esercito ucraino sono in fuga dalla cittadina accerchiata dagli indipendentisti. Una giornalista dell’Afp ha raccontato di veicoli che trasportano soldati dall’aria stravolta, con la barba lunga, a volte sanguinanti, arrivati nella vicina cittadina di Artemivsk, ad alcune decine di chilometri di distanza dalla sacca, dove un militare ha confermato che si tratta di “soldati che arrivano da Debaltsevo”.
La versione ufficiale diffusa dal regime di Kiev su quanto accade nelle regioni ad est del paese è assai più edulcorata. “Il ritiro delle truppe da Debaltsevo sta avvenendo in modo pianificato e organizzato” ha detto con sprezzo del ridicolo il capo del battaglione Donbass della Guardia Nazionale, Semen Semenchenko. Secondo il presidente Petro Poroshenko il ritiro “programmato e organizzato” delle sue truppe dalla zona è ormai completato “all’80%”. Secondo un ufficiale ucraino “alcuni soldati si stanno ritirando da Debaltseve mentre altri sono impegnati in combattimenti strada per strada con i separatisti”. “Stiamo evacuando alcune delle nostre unità” ha detto il vice capo della polizia regionale Ilya Kiva. “Ma i combattimenti su larga scala in strada proseguono e c’è stata anche una piccola battaglia tra carri armati”. Secondo alcune fonti di Kiev nell’area sarebbero arrivati o starebbero arrivando forze speciali governative a dar man forte agli assediati, ma per ora la situazione sembra decisamente volgere a favore dei ribelli.
Già ieri il regime di Kiev ha chiesto alle potenze occidentali di dare una risposta “severa” a Mosca, dopo l’ingresso delle forze militari indipendentiste all’interno della cittadina, strategico nodo ferroviario tra le due “capitali” ribelli, Donetsk e Lugansk.
E la risposta delle potenze occidentali non si è fatta attendere. Ieri gli Usa hanno condannato “con fermezza” la violazione del cessate il fuoco nell’est dell’Ucraina da parte di “separatisti di concerto con le forze russe”. Se Mosca continuerà a violare il cessate il fuoco decretato la scorsa settimana, “il prezzo da pagare sarà più pesante”, ha detto il vicepresidente statunitense Joe Biden nel corso di una conversazione telefonica con il presidente ucraino, l’oligarca Petro Poroshenko.
Anche l’Unione europea ha prontamente condannato la “chiara violazione” del cessate-il-fuoco addossata naturalmente solo alle forze che si oppongono al governo golpista di Kiev.
Leggermente diversa la reazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha chiesto “a tutte le parti coinvolte nel conflitto in Ucraina” di “cessare immediatamente le ostilità”. “I membri del Consiglio di sicurezza hanno invitato tutte le parti a cessare immediatamente le ostilità e rispettare gli impegni concordati a Minsk, favorendone l’accesso per la missione di vigilanza speciale OSCE per monitorare e verificare il rispetto degli accordi di Minsk”, ha detto il Consiglio di Sicurezza dell’Onu in una dichiarazione.
Ma mentre le forze armate ucraine si sono rifiutate di rimuovere l’artiglieria dal fronte come previste dagli accordi firmati nella capitale bielorussa la scorsa settimana, “Le forze armate della Repubblica popolare di Donetsk hanno iniziato la rimozione dei sistemi di artiglieria pesante dalla linea di demarcazione, prevista dall’accordo di Minsk del 19 settembre 2014”, ha dichiarato il responsabile della Difesa della regione ribelle.
Da segnalare che il procuratore generale dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk (Dnr) ha aperto un procedimento penale a carico della leadership ucraina scaturita dal golpe del febbraio dello scorso anno. Il presidente Petro Poroshenko, il premier Arseni Yatseniuk, il segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale e di Difesa, Olexandr Turchinov sono stati indagati per la pianificazione e l’avvio di una guerra di aggressione contro le regioni russofone orientali, sulla base dell’articolo 423 del codice penale della Dnr. Senza il consenso della popolazione del Donbass e delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, recita l’accusa, la leadership ucraina avrebbe organizzato l’invasione di questo territorio da parte di gruppi armati illegali, in particolare i battaglioni punitivi formati da estremisti di destra e volontari.
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