La Grecia per ora non si arrende. Pur stretta in un negoziato “impossibile” – ottenere liquidità dai “partner” continentali senza tradire le attese della propria popolazione – ha chiuso il vertice notturno contrattando l’ennesimo comunicato che ognuno può interpretare come vuole.
Atene, infatti, conferma di voler rispettare l’accordo del 20 febbraio con i suoi creditori, e si impegna a presentare «nei prossimi giorni» una lista «completa» e «specifica» di riforme economiche.
Il nodo, banalmente, è sempre lo stesso: che si intende per “riforme”? Per i creditori – ormai soltanto paesi dell’Unione Europea, essendo state sistemate le banche private (francesi e tedesche) grazie ai 240 miliardi di “aiuti” messi inconto ai greci, ma che i i greci non hanno mai visto – significa tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, ecc (come fa il governo italian, insomma). Per il governo Syriza vuol dire invece risollevare almeno un po’ le condizioni di vita della parte di popolazione stremata dall’austeritò, evitare altre privatizzazioni, rilanciare un po’ di economia reale.
L’incontro notturno è avvenuto tra Tsipras, i presidenti delle “istituzioni” (il polacco Tusk, per il Consiglio europeo, l’olandese Dijsselbloem per l’Eurogruppo, il lussemburghese Juncker per la Commissione, Mario Draghi per la Bce), più Merkel e Hollande. A dimostrazione che gli altri, Renzi in primis, contano meno di zero.
I commenti a margine sono molto diversi. Per Tsipras «È chiaro che la Grecia non è tenuta ad adottare misure recessive. La Grecia presenterà le proprie riforme economiche». Mentre per la Merkel, all’opposto, «Il punto di riferimento è l’accordo del 20 febbraio. Non ne abbiamo cambiato una virgola. Avrete già sentito questo prima di oggi. D’altro canto, poco è cambiato nelle ultime settimane». E quindi «Non abbiamo parlato di cifre, né di impegni precisi. Nuovi aiuti non potranno essere versati prima che gli impegni saranno stati rispettati».
Atene ha un bisogno urgente di liquidità, si diceva. Sia per far fronte alle “rate” da restituire al Fondo Monetario Interazionale, sia per garantire il pagamento delle spese correnti (stipendi, pensioni, ecc). Un tentativo ulteriore di strangolamento era arrivato ieri da parte della struttura della vigilanza bancaria della Bce (un organismo psecifico di Francoforte), che aveva proposto di vietare alle banche greche di aumentare le loro partecipazioni del debito pubblico a breve termine. Un modo per reperire liquidità, da parte del governo, il cui blocco sarebbe equivalso allo strangolamento anche di questa – precaria e di breve respiro – risorsa finanziaria. Solo l’intervento diretto di Draghi, a quanto sembra, ha stoppato la vigilanza.
L’”incidente” la dice molto lunga su quanto sia “pressante” l’offensiva della Ue sulla navicella ellenica, la cui unica sofddisfazione – per il momento – è l’appoggio pressoché totale della popolazione. Secondo gli ultimi sondaggi, la sua azione è condivisa dall’80% dei greci.
E ci deve essere un motivo per cui l’unico governo europeo “popolare” in patria è così odiato nelle stanze di Bruxelles…
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