Aggiornamenti
22.00 – I due membri del Dhkpc uccisi dalle forze di sicurezza nel blitz al sesto piano del Palazzo di Giustizia di Istanbul si chiamavano Safak Yayla e Bahtiyar Dogruyol. Poco fa è morto a causa delle ferite riportate durante l’assalto delle teste di cuoio anche il magistrato Mehmet Selim Kiraz.
20.55 – La polizia in assetto antisommossa ha caricato violentemente un gruppo di manifestanti che nel pomeriggio aveva iniziato a manifestare contro l’impunità della polizia a ridosso della zona del palazzo di giustizia. Si segnalano le prime scaramucce nel quartiere di Okmeydani dove nel pomeriggio i militanti delle organizzazioni della sinistra rivoluzionaria hanno eretto alcune barricate.
20.45 – Molte centinaia di militanti delle organizzazioni dell’estrema sinistra turca e semplici cittadini stanno scendendo in strada in alcuni quartieri di Istanbul dove è forte la presenza delle organizzazioni politiche rivoluzionarie. Si annuncia una notte di manifestazioni e di scontri dopo l’uccisione da parte della polizia dei due militanti del Dhkpc che oggi avevano preso in ostaggio il giudice incaricato di indagare sull’omicidio da parte di un poliziotto di Berkin Elvan, un quattordicenne colpito alla testa da una spoletta di gas lacrimogeno durante la repressione di una manifestazione popolare nel giugno del 2013.
20.30 – Le fonti ufficiali hanno confermato la versione diffusa poco fa da alcuni media: nel corso di un blitz delle forze speciali i due componenti del Fronte Rivoluzionario di Liberazione del Popolo – Dhkp-C – sono stati uccisi mentre il magistrato da loro tenuto in ostaggio dalla tarda mattinata di oggi è stato seriamente ferito. Il giudice è stato ricoverato in un ospedale della città sul Bosforo.
“Abbiamo portato avanti i negoziati per sei ore ma le forze di sicurezza hanno fatto irruzione dopo che abbiamo udito dei colpi di arma da fuoco mentre eravamo al telefono con i terroristi” ha spiegato poco fa ai media – esponendo una versione quantomai fantasiosa – il capo della polizia di Istanbul Selami Altınok.
20.15 – Visto che la zona del palazzo di giustizia di Caglayan è completamente circondata dalla polizia e resa inaccessibile anche ai giornalisti per ora non è possibile avere la conferma di una notizia che viene riportata da alcuni media turchi, secondo i quali poco fa le forze speciali di Ankara avrebbero lanciato l’assalto contro i sequestratori del magistrato; all’esterno del palazzo comunque si sono udite raffiche di armi automatiche e due esplosioni. Secondo alcune fonti citate dai media, il magistrato sarebbe rimasto ferito ma non sarebbe in gravi condizioni mentre invece i due componenti del commando del Fronte Rivoluzionario del Popolo sarebbero stati uccisi dalle teste di cuoio.
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Un atto di giustizia per alcuni, di vendetta per altri. Questa mattina un commando dell’organizzazione rivoluzionaria turca Partito- Fronte rivoluzionario di liberazione del Popolo ha compiuto un blitz all’interno del Palazzo di Giustizia di Istanbul ed ha preso in ostaggio il procuratore Mehmet Selim Kiraz, occupando il suo ufficio al sesto piano del palazzo. Poco dopo l’organizzazione ha diffuso su alcuni siti e sulle reti sociali le foto del giudice con una pistola puntata alla testa.
Il procuratore è stato preso di mira dal Dhkp-C in quanto titolare dell’assurda inchiesta – di fatto un insabbiamento – sulla morte del quindicenne Berkin Elvan, l’adolescente morto l’11 marzo del 2014 dopo ben 269 giorni di coma. Nel giugno del 2013 il ragazzo, mentre era in strada per comprare il pane per la sua famiglia, si era imbattuto nei poliziotti che reprimevano selvaggiamente una manifestazione contro il governo (erano i giorni in cui milioni di turchi e curdi manifestavano in solidarietà con il movimento contro la cementificazione di Gezi Park, l’autoritarismo del governo, l’islamizzazione forzata e il sostegno ai ribelli sunniti in Siria). Un candelotto lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo da un poliziotto, uno dei tanti che in quei giorni fecero strage di manifestanti, colpì Elvan alla testa mandandolo in coma. A due anni di distanza dall’episodio l’inchiesta non è stata capace di appurare alcuna responsabilità all’interno delle forze dell’ordine o nella catena di comando né tantomeno di punire l’agente che sparò la capsula che colpì Berkin Elvan stroncando la sua giovanissima vita.
Poco dopo l’irruzione del commando all’interno dell’edificio giudiziario alcuni testimoni hanno udito alcuni colpi di arma da fuoco – secondo gli stessi membri del commando dei colpi in aria sparati per sventare l’intervento degli agenti di sicurezza – mentre tutta la zona è stata immediatamente circondata e isolata dalle forze speciali della polizia che sono penetrate nel palazzo evacuandolo.
Secondo un comunicato diffuso dal sito di estrema sinistra halkinsesi.tv (fatta immediatamente oscurare dal governo turco), ritenuto vicino al movimento clandestino considerato terroristico da Ankara ma anche da Ue e Stati Uniti, il gruppo armato marxista ha inviato alle autorità un ultimatum fino a questo pomeriggio alle 15.30 per soddisfare le sue richieste: tra queste, la confessione in diretta da parte del poliziotto responsabile dell’omicidio di Elvan, un processo agli agenti in un “tribunale popolare”, l’assoluzione di tutti coloro che sono tuttora sotto processo per aver partecipato alle manifestazioni di solidarietà per Berkin Elvan, un salvacondotto che consenta la fuga ai componenti del commando.
I quali hanno affermato che “prima o poi, è certo, riusciremo ad entrare anche all’interno del Palazzo Bianco”, in riferimento alla faraonica sede governativa fatta costruire recentemente dal presidente Recep Tayyip Erdogan.
Vedat Yiğit, il vice-procuratore del tribunale di Istanbul, ha informato i media turchi che la polizia era in contatto con i sequestratori e che stava negoziando tramite un “mediatore scelto da loro”.
Ma nel primo pomeriggio la diretta delle tv dal luogo dove sorge il palazzo di giustizia è stata chiusa d’autorità che hanno anche imposto la censura di ogni informazione sull’evoluzione degli avvenimenti. La decisione è stata presa dal premier, il liberal-islamista Ahmet Davutoglu, sulla base di una norma che gli consente di ordinare la “censura” per motivi di sicurezza nazionale e ordine pubblico.
Proprio mentre il premier imponeva il silenzio stampa – propedeutico alla decisione di risolvere la questione con un assalto delle forze speciali – un gruppo di manifestanti ha raggiunto le immediate vicinanze del Palazzo di Giustizia di Caglayan scandendo slogan tra i quali “Berkin Elvan è immortale”.
Nei giorni seguenti la morte dell’adolescente, nel marzo del 2014, in tutta la Turchia si susseguirono manifestazioni di protesta stroncate da una durissima repressione della polizia che operò violenze e arresti. Scenario simile anche quest’anno nel giorno del primo anniversario del decesso, quando decine di manifestazioni hanno ricordato il ragazzo in tutta la Turchia chiedendo la punizione degli assassini, anche in questo caso represse dalle forze di sicurezza.
Alle cariche e agli scontri del 12 marzo ha fatto seguito, pochi giorni fa, una maxiretata della polizia nel quartiere di Gazi Mahallesi a Istanbul, con l’intervento di elicotteri, cellulari e mezzi blindati che all’alba del 24 marzo hanno completamente occupato e blindato il combattivo quartiere. Le perquisizioni e gli arresti hanno preso di mira le abitazioni e le sedi frequentate da simpatizzanti del Dhkp, 14 dei quali sono stati arrestati. Appena si è sparsa la notizia della retata in corso, centinaia di persone sono scese in strada scontrandosi con le forze di sicurezza in assetto antisommossa. Nel quartiere sono spuntate le barricate e contro gli agenti i manifestanti hanno lanciato fuochi d’artificio e molotov fino a sera quando si è diffusa la notizia che una ragazza di soli 13 anni, Deniz Genç, era stata colpita alla testa da un lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo dalla polizia – le capsule pesano intorno agli 800 grammi – e si trovava in condizioni molto gravi. Dopo una complessa operazione alla testa l’adolescente è stata ricoverata in stato di coma in un reparto di terapia intensiva.
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