La strage causata dalle bombe sganciate dai bombardieri sauditi sul campo profughi colpito lunedì nel nordest dello Yemen e che dal 2009 accoglie migliaia di persone in fuga dalla repressione del governo contro le popolazioni del nord, è assai più grave di quanto sembrasse, così come il bilancio dei continui bombardamenti dal mare e dal cielo contro le città del paese.
Secondo l’Unicef inoltre almeno 62 bambini sono stati uccisi e altri 30 feriti nel corso dei raid iniziati una settimana fa su iniziativa di Riad che vuole assolutamente riportare al potere il governo fantoccio guidato da Abd-Rabbo Mansour Hadi e infliggere una dura lezione alle milizie sciite che continuano ad assediare la città meridionale di Aden. Intanto le navi da guerra saudite e delle altre petromonarchie hanno di fatto bloccato tutti i porti del paese per “evitare che qualche potenza straniera rifornisca di armi i ribelli” e soprattutto per aprire la strada ad una possibile occupazione delle città costiere da parte delle truppe della coalizione sunnita.
Durante la notte i caccia sauditi hanno martellato non solo la capitale Sana’a, ma anche la città centrale di Yarim (dove il bombardamento di un deposito di gas ha provocato 28 morti), il bastione sciita di Saadeh e le postazioni degli Houthi e delle forze militari fedeli all’ex presidente Saleh nei dintorni di Aden. Se i ribelli dovessero conquistare la seconda città del paese attualmente controllata dal governo Hadi e dalle forze ad esso fedeli, sarebbe uno scacco inaccettabile per Riad e le petromonarchie che perderebbero il controllo sul maggiore terminal petrolifero dell’intera regione, dove passa circa il 40% del petrolio esportato da tutte le petromonarchie.
Ma secondo alcune agenzie di stampa una colonna di carri armati dei ribelli sciiti sta avanzando oggi nel centro di Aden nonostante gli intensi bombardamenti aerei dei caccia inviati dai paesi sunniti. I miliziani sono entrati nel centralissimo quartiere di Khor Maksar alla testa di una colonna di carri armati, insieme agli alleati dei reparti dell’esercito regolare rimasti fedeli al deposto Ali Abdullah Saleh, predecessore di Hadi.
Sarebbero invece almeno una trentina le vittime civili di un bombardamento che ha colpito, nella notte, un caseificio nella zona di Hodeida, nell’ovest nel paese: a denunciarlo è il governatore della provincia omonima Hassan Ahmed al Hai, secondo cui ci sarebbero anche un’ottantina di feriti ricoverati in ospedale. Secondo testimoni alte colonne di fumo si alzano nel cielo su Sana’a dove nei quartieri sud-occidentali un deposito di missili sarebbe stato colpito dagli aerei della coalizione sunnita. Altre incursioni aeree hanno preso di mira campi di ribelli e le unità della Guardia repubblicana yemenita alleati degli Houthi nelle località meridionali di Daleh, Taez e Dhammar.
Intanto la situazione umanitaria nel paese si fa catastrofica. Ieri un portavoce della Croce Rossa Internazionale – Sitara Jabeen – ha accusato le forze militari della coalizione sunnita di aver impedite più volte l’accesso alla capitale Sana’a di un convoglio dell’agenzia umanitaria internazionale intenzionata a portato aiuti medici alla popolazione.
“Dobbiamo trovare al più presto il modo di far arrivare aiuti umanitari e personale all’interno del paese. Ma la chiusura di tutti gli aeroporti internazionali a Sana’a, Aden e Hodeida e le pesanti restrizioni ai porti, stanno ostacolando la fornitura di assistenza umanitaria” ha denunciato da parte sua Medici senza Frontiere.
Da parte sua il governo del regno wahabita ieri ha fatto la voce grossa nei confronti dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, che pure, volenti o nolenti, stanno sostenendo la guerra saudita in Yemen.
”Apprezziamo profondamente il forte appoggio concesso all’operazione militare ‘Tempesta decisiva’ da parte della Turchia, degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, della Francia, della Spagna e altri”. Tuttavia, ”auspichiamo che tutti i nostri amici in Europa ritengano di volere fornire il loro sostegno pubblico e inequivocabile a questa operazione che mira a salvare lo Yemen dalla sua disgregazione e dalla sua trasformazione in società priva di uno Stato e governata da varie milizie terroristiche”. E’ quanto scrive in una nota l’ambasciatore saudita in Italia, Rayed Khalid A. Krimly. Obiettivo dell’intervento militare – ”che unisce Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Sudan, Bahrain, Giordania, Marocco e Pakistan” – ricorda il diplomatico – ”è quello di ristabilire la sicurezza nel Paese, sostenere e consentire al governo legittimo yemenita di riprendere il potere e di proseguire il processo politico di dialogo e riconciliazione senza intimidazioni” e fare cessare ”la violenza barbara delle milizie settarie di terroristi contro il popolo e l’esecutivo yemeniti”. ”La lotta universale contro i terroristi e gli estremisti non può essere selettiva o dettata da principi di doppiopesismo. La lezione della storia è chiara. La riconciliazione con gli assassini di massa e con i terroristi non funziona” scrive Krimly, che ovviamente non fa cenno alle bande dello Stato Islamico, di Al Qaeda e di altre organizzazioni settarie ed estremiste sunnite che da anni stanno seminando morte e terrore in tutto il Medio Oriente e il mondo arabo, spesso con l’aperto sostegno delle petromonarchie che usano il fondamentalismo come strumento per aumentare la propria egemonia e per combattere i propri nemici, in particolare sciiti e curdi.
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